11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 19 settembre 2019

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A dispetto di quanto qualunque civiltà avrebbe potuto credere sino al giorno in cui il proprio progresso tecnologico non le avesse concesso l’opportunità propria di superare i confini dell’atmosfera del proprio pianeta natale, prima, e i limiti del proprio sistema solare, poi; nessuna specie avrebbe potuto considerarsi unica e irripetibile all’interno dell’infinita e meravigliosa varietà propria dell’universo. E questo, poi, senza ancor prendere in esame l’idea stessa di multiverso, a confronto con il quale, non soltanto la specie, ma anche il singolo individuo avrebbe avuto a vedersi posto in dubbio nella propria unicità.
In una vastità costantemente crescente, e in un numero inconcepibile di lune, di pianeti, di sistemi solari e di galassie, l’universo avrebbe necessariamente avuto a doversi considerare troppo amplio per potersi idealizzare in sola e diretta conseguenza di una singola civiltà, in un singolo pianeta, in un singolo sistema solare, in una singola galassia: infinite civiltà, così, avrebbero avuto a doversi riconoscere esistenti nell’universo, con infinite caratteristiche, con infinite culture, con infiniti credo, ognuno dei quali, generalmente, volta a porle al centro di tutto… almeno sino a quando, nel confronto con l’evidenza di tanta mirabile ricchezza a esse circostanti, soltanto i più stolidi avrebbero potuto ancora perseguire ideali di centralismo e di chiusura mentale verso la realtà a sé circostante, continuando a promuovere l’unicità della propria specie, della propria cultura, a discapito di qualunque altra. Ma se pochi avrebbero fortunatamente potuto essere giudicati coloro tanto stolidi da credere in simili pensieri, pur vero avrebbe avuto a doversi commisurare quella minima percentuale su un numero esorbitante di individui, tal da rendere, altresì e purtroppo, anche quel “pochi” qual “troppi”: troppi razzismi, troppi pregiudizi, troppa xenofobia, alimentata nel grande secondo quegli stessi meccanismi esistenti nel piccolo, ma, nel grande, portando necessariamente a risultati ben più devastanti.
Così, laddove all’interno di quell’angolo di universo, una bizzarra maggioranza di specie umane e ofidiane avrebbero avuto a doversi riconoscere presenti rispetto a ogni altra, forse ineluttabili, nel corso della storia, avevano avuto a presentarsi diversi conflitti, e conflitti su scala planetaria e interplanetaria, fra umani e ofidiani, fra uomini e rettili, con milioni, miliardi di perdite su ambo i fronti, almeno sino al giorno in cui una fragile tregua era stata sancita fra le due specie, nella consapevolezza di quanto, proseguire in tal senso, non avrebbe decretato, alfine, alcun vincitore e alcun vinto… ma, soltanto, morte su entrambi i fronti. Ovviamente una tregua politica non avrebbe mai potuto decretare, a tavolino, il superamento di quegli avversi sentimenti insidiatisi nei cuori delle controparti, e, purtroppo, ancora a lungo quei “pochi” ma pur “troppi” avrebbero continuato a esistere, e a diffondere il germe dell’odio.
A margine dei problemi fra umani e ofidiani, poi, non avrebbe comunque dovuto essere dimenticata tutta l’altra e amplia porzione di specie non umane e non ofidiane che pur, in percentuale inferiore, avrebbero avuto a dover essere riconosciute presenti nell’universo, molte delle quali, invero, ancora sconosciute, e molte delle quali, altresì, già a propria volta diffuse fra gli infiniti spazi siderali. E così ecco presenti i canissiani, i feriniani, i tauriani, gli equidaeani, gli avesiani, i flegetauni e molti, molti altri: alcuni prosperi nella propria diffusione, seppur in misura inferiore a umani e ofidiani, altri praticamente sull’orlo dell’estinzione, ognuno contraddistinto da caratteristiche proprie, da una propria storia, una propria cultura, una propria civiltà, e una civiltà che, a modo proprio, cercava di sopravvivere anche a confronto con l’ineluttabile omologazione conseguente al confronto con l’universo a sé circostante, e quell’universo nel quale, altri, in misura maggiore rispetto a loro, avevano stabilito regole e modi.
Al di là, comunque e tuttavia, di non facili esempi di integrazione, e di reale integrazione tale per cui a nessuno avrebbe potuto importare se qualcuno fosse stato uomo o donna, umano o ofidiano o di qualunque altra specie; nella maggior parte dei casi, gli equipaggi delle navi, così come gli abitanti dei mondi, avrebbero avuto a doversi riconoscere, invero, ancor contraddistinti da un’impronta maggioritaria in favore di una specie piuttosto che dell’altra, avendo a trovare al proprio interno soltanto pochi, rari esemplari di diversa specie, spesso più sopportati che tollerati nell’ipocrisia propria dei loro vicini.
Così anche all’interno di quello che un tempo avrebbe avuto a doversi riconoscere qual l’equipaggio della nave mercantile Kasta Hamina, ormai distrutta, avrebbe avuto purtroppo a valere tale regola, mostrando si un equipaggio mirabilmente eterogeneo nelle umane etnie dei propri componenti, ma, al tempo stesso, spiacevolmente omologato proprio sulla specie umana. E non per chissà quale particolare e ipocrita fatalità, quanto e piuttosto per un’esplicita decisione, in tal senso, di colui che un tempo ne era stato capitano, Lange Rolamo, il quale, per buona parte della propria esistenza, aveva avuto in odio qualunque specie non umana, chimere come avrebbero avuto a definirsi volgarmente nel linguaggio comune, ritenendole responsabili, nella propria generalità, per le colpe di pochi esponenti fra loro, e di quei pochi esponenti, pirati stellari, che, molti anni addietro, lo avevano privato della propria amata sposa, della propria prima moglie, Kasta, e del figlio mai nato. La colpa di pochi, allora, riflessa su miliardi e miliardi di individui unici nell’universo, non aveva permesso a nessun non umano di giungere a bordo della Kasta Hamina per lungo tempo, fino a quando, per lo meno, Duva Nebiria, comproprietaria della nave nonché primo ufficiale, aveva condotto seco, all’interno dell’equipaggio, due nuovi elementi: l’umana Midda Bontor e l’ofidiana Har-Lys’sha.
Ma se già, nei confronti di Midda, Lange non aveva potuto esprimere alcun particolare entusiasmo, pregiudicandola nella propria stessa origine, e in quell’origine che l’avrebbe vista provenire da un mondo lontano nell’universo, e un mondo ancor troppo primitivo per poter avere a confrontarsi con l’infinità propria dello spazio siderale; nei riguardi di Lys’sh, obbligatoriamente, il capitano non avrebbe potuto ovviare a dimostrarsi quantomeno avverso, sebbene ipocritamente moderato nei propri modi, nel proprio operato. Un’ipocrisia, un perbenismo, che, fortunatamente, dopo giorni, settimane, mesi, anni addirittura, di convivenza, aveva altresì veduto l’uomo superare i limiti della propria ristretta mentalità, nulla ritrovando di che colpevolizzare nella cara Lys’sh, e in quella giovane donna che tanto si era sempre impegnata per il bene di tutti a bordo della Kasta Hamina e non solo.
Purtroppo taluni vecchi vizi, certe vecchie abitudini, avrebbero avuto a doversi riconoscere dure a scomparire. Ragione per la quale, invero, non semplice, ma ancor più, fu per lo stesso Lange Rolamo precipitare nuovamente in tutto il proprio più profondo pregiudizio nel momento in cui, a causa dei feriniani della Corporazione Thonx, vide se stesso, e tutto il proprio equipaggio traditi… e consegnati agli stessi nemici che, nei giorni precedenti, avevano offerto loro la caccia, finanche a condurre alla distruzione della stessa Kasta Hamina, nonché, nel suo caso particolare, alla perdita immediata del proprio arto superiore mancino, e anche e purtroppo, dopo qualche giorno, del proprio occhio destro.

« Luridi schifosi figli di un gatto tignoso… » sbraitò Lange, sputando metaforicamente rabbia e veleno insieme a quelle parole, in termini tali per cui, se soltanto la sua voce avrebbe potuto uccidere, certamente lì sarebbe stata commessa una vera e propria strage, e una strage a discapito di quei maledetti incroci fra uomini e felini che, allora, li stavano in tal modo tradendo, e consegnando, in catene, ai propri antagonisti, e a un fato che, certamente, non avrebbe avuto a fraintendersi in loro favore « … le vostre madri avrebbero dovuto strozzarvi con i vostri stessi cordoni ombelicali appena siete nati, allorché permettere alla vostra schifosa specie di melliflui traditori di sopravvivere ancora un giorno! » insistette, vomitando tutta quell’ira funesta, e pur, purtroppo, forse e persino giustificata in quel momento, seppur non nella propria generalizzazione, quantomeno nell’individualità dei loro traditori « Maledetti, maledetti voi e tutta la vostra dannata progenie! Animali… animali sembrate, e animali siete… e come dei maledetti gatti tignosi infestate gli angoli più oscuri di questa galassia, nutrendovi degli scarti della nostra società! Fate le fusa, quando vi conviene… salvo poi voltare lo sguardo stizziti e graffiare la stessa mano sino a un attimo prima tesa ad aiutarvi! » continuò, giuocando attorno all’ovvio paragone fra i feriniani e i gatti per cercare occasione di offenderli, nulla avendoli a voler considerare più di semplici bestie randagie « Che voi siate tutti maledetti… avete tradito coloro che vi avevano chiesto asilo! E nessuna colpa più grande di questa potrebbe ma… »
« Dobbiamo veramente tollerare ancora a lungo tutto questo?! » domandò, non senza una certa irritazione, Fer-Ghas Reehm, arricciando appena le labbra, o quanto corrispondente alle labbra su quel volto felino, a dimostrare tutta propria mal sopportazione nei riguardi di quelle sgradevoli parole.

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