11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 7 novembre 2021

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« Riuscite a comprendere, vero, quanto possa essere pericoloso per chiunque farmi irritare...? » domandò pertanto la donna guerriero, scuotendo appena il capo « E non perché, come dite voi, sono entrata in possesso del potere utile a distruggere un intero mondo con la semplicità propria di uno starnuto. No... quello è forse il minore dei mali. » banalizzò ella, continuando a scuotere il capo « Il vero problema è che io sono colei che sconfitto i vostri mahkra, i vostri angeli e, persino, un dannatissimo dio. Un dio minore, certamente, come era Kah, e pur, lo stesso, un dio. » argomentò, offrendo loro un inquietantissimo sorriso tirato, decisa ad apparire il quanto più possibile minacciosa in tal senso « Io sono colei che ha generato qualche decina di migliaia di ritornati a partire da tutti coloro che, in passato, ho avuto occasione di uccidere... » insistette, sottolineando un piccolo, e pur non secondario particolare, e un particolare che avrebbe dovuto certamente porre l’avvento di quei particolari non morti sotto una luce decisamente diversa rispetto a ciò a confronto con cui, probabilmente, quegli idioti soffermavano il proprio giudizio « Decine di migliaia di morti verso la maggior parte dei quali, in effetti, non avrei neppure avuto a poter vantare una qualche antipatia personale, nel doversi riconoscere quali semplici danni collaterali di altre azioni. » puntualizzò, ponendo l’accento su un dettaglio del quale ella non avrebbe avuto a dover essere fraintesa qual fiera e che, ciò non di meno, avrebbe avuto a doversi riconoscere sincero nella propria semplice formulazione « Quindi, permettetemi di riformulare la domanda che vi ho appena rivolto chiedendosi se vi sentite davvero tanto audaci da voler rischiare di inimicarvi una come me... »

La freddezza emotiva con la quale tutto ciò fu da lei scandito ebbe a doversi riconoscere seconda soltanto al gelo intrinseco del suo sguardo, e di quegli occhi di un azzurro tanto chiaro da risultare più prossimo al bianco, in termini a confronto con i quali, in maniera assolutamente comprensibile, chiunque avrebbe avuto a doversi riconoscere obiettivamente a disagio. E se algida ella si impose di essere nello scandire tale minaccia, tutto ciò non poté che essere necessariamente colto da parte di coloro i quali, pur, sino a quel momento, si erano abituati a fraintendere la Figlia di Marr’Mahew qual una persona normale, una prigioniera priva di importanza, priva di particolare possibilità di minaccia, avendo a rammentare cosa, realmente, avesse a dover rappresentare il suo ruolo di Erede.
Nessuno, a margine di ciò, ebbe a domandarle scusa, ovviamente, là dove comunque forte avrebbe avuto a doversi intendere il loro orgoglio, e quel folle orgoglio degno dei fanatici che pur erano. Ma, comunque, sebbene nessuno ebbe a domandarle scusa, parimenti nessuno ebbe più il coraggio di aprire bocca verso di lei o verso i suoi due amici, ritornati a essere ben consapevoli di quanto, fra loro, in quel frangente, non avesse a potersi fraintendere un’ospite qualsiasi, quanto e piuttosto l’incarnazione di tutto ciò che per loro avrebbe avuto a doversi intendere “male”.
E per quanto a Midda Bontor non potesse far piacere essere intesa essere colei che pur, in tal maniera, aveva obiettivamente promosso di essere, a confronto con quella situazione ella sarebbe stata più che disposta anche a mettersi in giuoco in tal senso, là dove, per l’appunto, ormai la questione non avrebbe più avuto a riguardare unicamente lei, ma anche, e forse in misura persino maggiore, due dei propri più cari amici, per il bene dei quali poche, o nessuna, sarebbero state le azioni che ella non sarebbe stata disposta a compiere, anche a costo, in ciò, di risultare essere a tutti gli effetti l’Oscura Mietitrice, per così come mai ella avrebbe voluto diventare. Minacce a parte, infatti, era già da tempo, praticamente da quando aveva ereditato un retaggio tanto gravoso, che ella aveva deciso di rinunciare ad accompagnarsi con una spada, nel desiderio di non concedersi la benché minima possibilità di cedere con troppa semplicità all’idea di uccidere un avversario. Ciò non di meno, e con buona pace della presenza di una spada o meno al suo fianco, se solo ella avesse voluto, tutti gli uomini e le donne di quella loro scorta avrebbero potuto tranquillamente essere inviati in gloria ai propri dei prediletti, e non ricorrendo ai poteri ereditati da Anmel, quanto e piuttosto alla propria formazione guerriera, e a quella formazione guerriera che l’avrebbe resa un’avversaria più che temibile praticamente per chiunque, senza dimenticare, comunque, il suo arto destro, e il suo arto destro mosso da piccoli servomotori alimentati all’idrargirio e capaci di renderla in grado di sollevare persino mille libbre di peso senza, per questo, avere a provare affaticamento alcuno.
Alla fine, quindi, il piccolo contingente in moto attraverso quei corridoi sotterranei ebbe a raggiungere la propria meta in assoluto silenzio, con una solennità, ove possibile, maggiore rispetto a quella che avrebbe potuto già essere giudicata propria di quel momento.

« Benvenuti! » li accolse con fare amichevole uno dei loro anfitrioni, nel momento in cui alfine giunsero a destinazione « E grazie per aver accettato di unirvi a noi... »

In piedi innanzi a un lungo tavolo rettangolare avrebbero avuto lì a dover essere così riconosciute presenti cinque persone che, a rigor di logica, avrebbero avuto a dover essere anche intese quali i capi di quel gruppo della Progenie della Fenice, ove dai capi era, per l’appunto, giunto quell’invito.
Colui che aveva appena preso parola, nel rivolgersi verso di loro al loro ingresso all’interno di quella sala, era un uomo sulla quarantina, alto forse sei piedi e dal fisico possente, non ipertrofico e, ciò non di meno, indubbiamente vigoroso, con braccia muscolose e mani grandi. Con il capo pressoché rasato e una folta barba castana forse a compensare la nudità superiore, non avrebbe potuto che risultare necessariamente minaccioso nella propria sola presenza, benché la gentilezza con la quale, in quel momento, si era rivolto loro non avrebbe avuto a poter apparire forzata o falsa, risultando, anzi e piuttosto, assolutamente sincera in termini tali da dover mutare quel pregiudizio derivante dalla sola estetica per avere, allora, a riconoscerlo un po’ meno minaccioso: pericoloso, certo, ma non così aggressivo per come, altrimenti, avrebbe potuto essere inteso.
Accanto a lui, alla sua destra, un altro uomo, decisamente più piccolo ed esile, in misura tale, forse, da non poter competere neppure in proporzioni con Midda Bontor, era allora presente, con un volto emaciato contornato da lunghi capelli neri striati di bianco, a ipotizzare un’età probabilmente non inferiore a quella del suo compagno, e a sua volta ornato da barba, e da una barba, ora, tuttavia, corta e ordinata a differenza dell’altra decisamente più importante. Sguardo spento, quello apparentemente stampato su quel viso, che pur non avrebbe ancora una volta avuto a dover essere frainteso sulla base delle proprie apparenze, là dove, comunque, rapidi avrebbero avuto a dover essere intesi i movimenti dei suoi occhi su di loro, nel momento in cui quei tre, e la loro scorta, ebbero a sopraggiungere all’interno della sala.
Alla sinistra del primo uomo, del calvo barbuto, avrebbe altresì avuto allor a dover essere riconosciuta una presenza femminile, prima fra due, e una presenza femminile descrivibile qual una donna di almeno trent’anni, non poi così giovane nel confronto con le età medie proprie di quel mondo, contraddistinta da un’altezza decisamente notevole, assimilabile a quella del proprio vicino, seppur da una corporatura decisamente meno imponente, più snella e, anzi, persino longilinea, in maniera quasi stonata a confronto, altresì, con l’abbondanza propria delle forme della Figlia di Marr’Mahew, loro ospite, e persino meno prosperosa della già non particolarmente prorompente Har-Lys’sha. Capelli biondi, i suoi, tagliati in un corto caschetto, che circondavano il suo viso e incorniciavano, così, una carnagione chiara, almeno quanto chiari erano i suoi occhi azzurri, di una tonalità simile al cielo di una bella giornata.
A completare la formazione, accanto all’emaciato, all’estrema destra del gruppetto, avrebbe avuto a doversi lì individuare un’altra figura femminile, e una figura femminile forse non più alta rispetto a questi, e in ciò probabilmente inferiore, in altezza, persino alla già modesta Midda Bontor, seppur apparentemente più alta di lei, e del suo compare, in virtù di una folta capigliatura riccia, indomabile e indomata, che aggiungeva non meno di una spanna alle dimensioni del suo capo in ogni direzione, verticale inclusa. Egualmente chiara la sua carnagione, scuri i suoi occhi, ella presentava, a differenza della collega, una circonferenza toracica decisamente più marcata, sebbene, benché probabilmente non avesse a superare la trentina, tali forme non avessero a poter vantare quell’irriverente coesione che, pur con almeno tre lustri in più sulle spalle, avrebbe potuto essere intesa propria dei seni dell’Ucciditrice di Dei.

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