Midda era seria. Assolutamente seria. Mortalmente seria. Non avrebbe potuto essere diversamente nel merito di qualcosa del genere. E qualcosa come decidere di vivere il resto della propria vita senza una lama al proprio fianco.
Nel corso della propria vita ella aveva ucciso molte persone. Troppe persone. Sovente senza neppure rendersi conto di quanto stava compiendo. Non perché ella non avesse una coscienza, né perché ella provasse piacere nell’estirpare una vita, quanto e piuttosto, semplicemente, perché figlia del proprio mondo, della propria civiltà, e di una civiltà che non avrebbe saputo offrire alcun valore a una vita. In quel mondo, infatti, normale sarebbe stato essere uccisi soltanto per uno sguardo rivolto alla persona sbagliata. Non che ciò avesse a doversi considerare giusto, e non, neppure, che ciò avesse a doversi intendere sbagliato: era semplicemente così. Ed era così per chiunque e, a maggior ragione, per chi all’avventura aveva scelto di votare la propria vita.
Midda non ricordava sinceramente il volto della prima persona uccisa. Né, tantomeno, quello dell’ultima. O di chiunque altro nel mezzo. Certo: alcuni antagonisti, alcuni avversari, avevano avuto maggiore ruolo, e maggior ruolo negativo, nella propria esistenza da meritarsi di essere ricordati, e di essere odiati ancora a distanza di tanto tempo. Ma, obiettivamente, delle decine di migliaia di ritornati che erano fuoriusciti dalla ricomparsa Biblioteca di Lysiath, tutti uomini, donne e mostri da lei estirpati nel corso degli anni, forse avrebbe potuto dichiarare, in fede, di avere a poterne riconoscere qualche decina, un centinaio al più, quietamente dimentica di chiunque altro.
Persino innanzi a Korl Jenn’gs e Lora Gron’d, i due ritornati a cui aveva recentemente affidato il rinnovamento di Kriarya, ella aveva dovuto quietamente ammettere di non avere alcuna memoria di loro né della loro morte: quei due, nella fattispecie, erano stati soltanto due tirapiedi fra tanti altri appartenenti alla Loor’Nos-Kahn che ella aveva massacrato in un mondo lontano, e nel mondo in cui aveva avuto a incontrare per la prima volta quei due bambini che, di lì a breve, sarebbero stati da lei accolti come propri figli, Tagae e Liagu. E così, con buona pace del fatto che dal punto di vista di Korl e di Lora, ma anche di Loho e della maggior parte degli altri ritornati, il volto della Figlia di Marr’Mahew avrebbe avuto a dover essere inteso l’ultimo ricordo della propria vita passata, e, in effetti, della propria vita nel senso vero del termine; per lei essi avrebbero avuto a dover essere considerati dei semplici passanti, figure di sfondo alle quali non aveva rivolto la benché minima attenzione, pur uccidendoli senza esitazione alcuna.
Il fatto, quindi, di essersi ritrovata a essere protagonista di decine di migliaia di uccisioni, per lei, non avrebbe avuto mai a rappresentare un problema. Almeno fino a quando, in conseguenza a un inganno mentale da parte di Desmair, ella non si era ritrovata a credere di vivere la propria vita in un mondo diverso, e in un mondo simile a quello di origine di Maddie e di Nóirín Mont-d'Orb. Un mondo dominato da regole diverse, da una morale differente, e dalla concezione che nulla avrebbe avuto a valere più di una vita umana. Una concezione, in verità, tutt’altro che assoluta e tutt’altro che priva di ipocrisia, laddove, e lo ricordava bene, anche in quel mondo, anche in quella realtà, facile era per i più avere a ignorare del tutto l’esistenza della maggior parte delle altre persone, soprattutto di coloro i quali, dopotutto, vivevano le proprie vite in maniera estranea al proprio concetto di normalità. Come coloro i quali, nei tempestosi mari, morivano naufraghi dopo stipandosi a bordo di improbabili barconi malconci, colpevoli soltanto di voler cercare un’occasione di vita migliore altrove. O, anche, come coloro i quali, nei freddi inverni, si ritrovavano a morire congelati su un freddo pavimento di pietra sotto a un porticato, colpevoli soltanto della propria miseria. Fallibilità morale a parte, in quel mondo, in quella diversa concezione della realtà, Midda si era dovuta reinventare completamente a livello psicologico, e anche quando alla fine aveva fatto ritorno alla propria unica e sola realtà, difficile per lei era stato rimuovere, completamente, quelle inibizioni così maturate.
Inibizioni a confronto con le quali, pertanto, anche il proprio nuovo, e duplice ruolo di Portatrice di Luce e di Oscura Mietitrice aveva avuto ad assumere un diverso significato. Perché ritrovandosi investita tanto del potere della Creazione quanto di quello della Distruzione, ella non aveva potuto ovviare ad associare, forse in maniera corretta, o forse in maniera sbagliata, l’uccisione dei propri nemici all’apertura di uno spiacevole cammino verso la predominazione della Distruzione sulla Creazione, e, in ciò, della propria effettiva elezione a reale erede di Anmel Mal Toise, nel senso più negativo di tale termine, e nel senso che la Storia, dopotutto, aveva tramandato per secoli, fino al tempo presente.
Non desiderando avere a correre tale rischio, ella aveva avuto quindi a intendere qual un importante segnale da parte degli dei l’aver perduto irrimediabilmente la propria storica spada bastarda nel tempo del sogno, durante lo scontro con il Progenitore e, per amor di dettaglio, durante quel primo scontro da lei portato avanti dopo l’unione con Anmel Mal Toise. Ragione per la quale, quasi a monito per se stessa, ancor prima che per chiunque altro, ella aveva voluto negarsi occasione di accompagnarsi con nuove armi al proprio fianco e, ancor più, era persino arrivata a domandare alla propria famiglia, ai propri amici, al proprio clan, di impegnarsi a ovviare quanto più possibile a mietere nuovi morti, affinché la questione non avesse, banalmente, a essere trasposta da lei a terzi, e affinché, paradossalmente, proprio i membri del suo clan avessero così a divenire, in buona sostanza, le sue nuove armi.
Seria, quindi, era Midda. Assolutamente seria. Mortalmente seria. E se pur in quel confronto contro il linnormr non aveva potuto trovare una migliore soluzione rispetto a quella morte, ella non avrebbe avuto a potersi fraintendere in alcuna maniera fiera di ciò. Anzi.
« Ero e sono seria in quello, almeno quanto lo ero e lo sono nel dire di voler trovare un modo di liberarmi del potere di Anmel Mal Toise. » sancì pertanto, con un sorriso tirato in favore del proprio interlocutore « E per quanto possa comprendere che nulla di quanto io dica, o faccia, potrebbe essere di aiuto a convincervi della sincerità di questo mio proposito, desidero continuare a credere che vi possa essere per noi possibilità di cooperare in maniera positiva a tal scopo. Fosse anche e soltanto per riuscire, in ciò, a conseguire entrambi la vittoria che desideriamo. »
« Davvero rinunceresti volontariamente al potere della Portatrice di Luce e dell’Oscura Mietitrice? Al potere della Creazione e a quello della Distruzione...?! » insistette Nu-Adre’gs, in una domanda che non avrebbe avuto a doversi intendere inedita verso di lei, e che pur, in quel momento, dopo quanto accaduto, non avrebbe potuto ovviare ad assumere un nuovo valore alla sua attenzione « E’ il potere proprio di un dio... »
« E io non sono un dio. Né intendo divenire tale. » commentò semplicemente ella, stringendosi appena fra le spalle « Non credo di dover raccontare proprio a voi quanti errori ho commesso nel corso della mia vita... e quanti errori ho già commesso da quando mi sono ritrovata costretta ad abbracciare questo retaggio. E, proprio per questo, non posso che desiderare avere la possibilità di tornare a vivere la mia vita di prima... una vita sicuramente non perfetta, ma, comunque, una vita in cui non mi sarei dovuta preoccupare di avere a evocare una nuova generazione di terribili non morti in sola conseguenza a un brutto sogno. » dichiarò, sicuramente semplificando la questione per così come realmente occorsa e, ciò non di meno, nulla desiderando minimizzare del senso di tutto ciò.
E quasi come se quello avesse a doversi intendere il primo, reale incontro fra Nu-Adre’gs e la Figlia di Marr’Mahew, questi ebbe a guadarla con uno sguardo or contraddistinto da una luce nuova, animato da una coscienza del tutto inedita rispetto a quanto lo aveva mosso sino a un istante prima. E una luce, una coscienza, or riconoscibili in suo netto favore... e in netto favore di quella donna verso le intenzioni della quale, finalmente, avrebbe potuto accettare di avere fiducia.
« Faremo tutto quanto è in nostro potere per riuscire a restituirti la tua vita, Midda Bontor. » sancì, con convinzione, sotto gli sguardi ora necessariamente stupiti dei suoi stessi compari « In un modo o nell’altro. »
Nessun commento:
Posta un commento