« E, comunque, ogni possibilità di critica da parte di chi ci ha scatenato contro dei mahkra, degli angeli e dei titani... direi che ha necessariamente a doversi intendere ipocrita. » puntualizzò Howe, accigliandosi a confronto con l’intervento proposto dalla donna.
« Acqua passata, come giustamente sottolineava Arlissa... » tentò di minimizzare Raduz, nel tentativo di non permettere a quel confronto di avere a degenerare troppo rapidamente « Ho pronunciato correttamente il tuo nome...?! » soggiunse poi, nel timore di aver errato in tal senso.
« Har-Lys’sha... » lo corresse ella, chinando appena il capo con fare affermativo « Ma non ti preoccupare... non è immediato riuscire ad apprendere la corretta pronuncia di un nome ofidiano. »
« E, comunque, evidentemente i nostri attacchi non sono stati sufficientemente studiati nella propria capacità offensiva se, malgrado tutto, siete ancora qui... » intervenne Nu-Adre’gs, in replica diretta verso Howe e, quasi, facendogli il verso, nel riproporgli i medesimi toni da questi appena utilizzati.
« Acqua passata. » insistette Raduz, aggrottando la fronte e inarcando un sopracciglio a confronto con l’ostinazione dimostrata in tal modo dal proprio collega « Che ne dite di impegnarci per un po’ a godere della bontà di questi piatti, e a posticipare ogni discussione a quando avremo gli stomaci pieni? Sono certo che, a quel punto, tutto apparirà sotto una luce diversa... »
Howe non avrebbe voluto concedere a quell’arrogante emaciato l’ultima parola ma, a imporgli di lasciar perdere ogni facile crescendo ebbe a essere un lieve calcio che, da sotto al tavolo, raggiunse la sua caviglia destra. Calcio ovviamente proveniente da Midda, seduta accanto a lui proprio su tale fronte. E così, facendo buon viso a cattivo gioco, e ingoiando ogni nuova risposta a discapito di quell’interlocutore, egli ebbe a rivolgere l’attenzione ai piatti predisposti innanzi a loro, aspettando che i loro anfitrioni facessero la prima mossa, ancor tutt’altro che convinto nel merito dell’eventualità che non avessero a tentare di avvelenarli.
A rompere ogni indugio, tuttavia, ebbe a essere proprio la stessa Lys’sh che, esplorati i piatti lì presenti in grazia al proprio acutissimo olfatto, non ebbe a rilevare alcuna sospetta presenza aliena fra quelle cibarie, in termini tali da potersi concedere l’opportunità di servirsi, a partire dal medesimo arrosto a cui, probabilmente, già anche Raduz doveva aver rivolto il proprio interesse.
E il medesimo Raduz, approvando quell’iniziativa, ebbe immediatamente ad accompagnarla, aggredendo, in effetti, lo stesso piatto sul fronte a lei opposto, e servendosi, in ciò, di tre abbondanti fette di carne fortunatamente per lui ancor fumante...
« Buon appetito a tutti. » augurò quindi l’esponente della Progenie della Fenice, non nascondendo la propria soddisfazione nel potersi finalmente impegnare in tal direzione.
Un impegno, il suo, che non ebbe a restare esclusivo, là dove, così invitati, tutti iniziarono a servirsi, chi da un piatto, chi da un altro, riconoscendo in effetti di avere appetito, dal fronte della Progenie della Fenice e di Midda per l’ora sopraggiunta, e da quello di Howe e di Lys’sh per il semplice fatto che, in buona sostanza, era dalla cena precedente che non avevano occasione di mangiare qualcosa... e non che gli ultimi pasti avessero avuto a potersi fraintendere qual particolarmente prelibati. Al contrario, e con buona pace per ogni paranoia da parte dello shar’tiagho, non soltanto le pietanze lì loro offerte non avrebbero avuto a doversi intendere avvelenate ma, addirittura, avrebbero anche avuto a doversi riconoscere decisamente gustose, segno palese di quanto, malgrado il contesto tutt’altro che invogliante, quegli uomini e quelle donne avessero a trattarsi decisamente bene.
Dediti, così e collettivamente, a muovere le mandibole al fine di consumare quel pasto, le chiacchiere fra loro ebbero a essere estemporaneamente sospese, vedendo sfumare non soltanto ogni avversione, ma anche ogni desiderio di confronto in favore dell’attenzione rivolta da tutti loro a offrire il giusto tributo a tanta grazia. E soltanto quando gli stomaci iniziarono a essere adeguatamente riempiti, qualche parola poté essere nuovamente scambiata, seppur principalmente concernendo l’indiscutibile qualità di tutto quello.
« Non c’è nulla da eccepire: se dedicaste le vostre attenzioni a gestire una locanda anziché ad attentare alla mia città, sono certa potreste conseguire ottimi risultati. » commentò Midda Bontor, ammiccando verso i propri interlocutori « Il vostro cuoco, o la vostra cuoca, è veramente eccezionale. »
« Beh... in effetti Drasal possedeva una locanda molto rinomata. » confermò Raduz, in chiaro riferimento alla figura così evocata « Non scordate che tutti noi, prima che la corona perduta fosse riportata alla luce, vivevamo in serenità le nostre vite, ognuno seguendo i propri interessi e le proprie passioni. »
« Oh...! » esitò la Figlia di Marr’Mahew, decisamene spiazzata da quell’informazione « Quindi fino a tre lustri fa eravate tutti delle persone... normali?! »
« Lo siamo ancora delle persone normali. » protestò Nu-Adre’gs, storcendo le labbra verso il basso « Non siamo noi ad aver ereditato i poteri dell’Oscura Mietitrice e ad aver evocato decine di migliaia di non morti dal nulla... »
« Non avrete evocato i ritornati... ma eviterei di soffermarmi troppo proprio su questo aspetto, perché in termini di evocazioni certamente avreste molto a insegnare a chiunque. Con buona pace di ogni idea di “normalità”... » osservò la donna guerriero, stringendosi appena fra le spalle « Non sminuite il vostro valore solo per farmi apparire più terrificante di quanto già non sia. » soggiunse, con fare ovviamente scherzoso.
« Comunque confermo che questo o questa Drasal è veramente un cuoco straordinario... o una cuoca! » riprese il discorso precedente Lys’sh, volendo impegnarsi, al pari di Raduz, a ovviare a facili possibilità di degenero per quel confronto « Ho mangiato in molti mondi diversi piatti cucinati da cuochi semplicemente straordinari... ma quel pasticcio di carciofi è indubbiamente una delle cose più buone che abbia mai mangiato in vita mia! » dichiarò, indicando uno dei piatti, ormai quasi completamente svuotati, innanzi a loro « Vivessi qui probabilmente finirei per pesare tre volte tanto... »
« Beh... tutto dipende anche da cosa uno è abituato a mangiare. » intervenne caustico Curico, prendendo parola in maniera a dir poco inedita, là dove sino a quel momento aveva mantenuto un certo riserbo, limitandosi a seguire con sguardo pur sempre ambiguo l’evolversi di quella situazione « Cosa mangia in genere un rettile delle tue dimensioni? Topi grandi come cani...?! Immagino che a Kriarya non manchino, visto che razza di fogna è quella città. »
Fugace fu il silenzio che ebbe a calare fra i commensali a confronto con quell’uscita decisamente infelice da parte di Curico. Fugace quanto il tempo necessario a tutti loro per accettare che egli avesse effettivamente detto quanto era parso loro di aver udito. Fugace quanto il tempo necessario a Raduz per pensare di avere a dover intervenire in qualche modo a riprendere il proprio compagno, affinché non avesse a rivolgersi in maniera così gratuitamente offensiva a discapito dei loro ospiti. E fugace, tuttavia, anche quanto il tempo necessario a Midda Bontor per levarsi in piedi e, con un semplice gesto del proprio braccio destro, avere a sollevare l’intero, lungo e pesante tavolo posto fra loro, con tutti i piatti lì sopra presenti, per scaraventarlo via, di lato, fino all’estremità della stanza, quasi fosse stato nulla di più di uno sgabello, e di uno sgabello decisamente leggero. Ma quello, per l’appunto, non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual uno sgabello, e tanto in conseguenza alla sua mole, quant’anche in virtù di quanto presente sopra di esso, in conseguenza a quel gesto il fugace silenzio lì calato ebbe a essere bruscamente interrotto da un frastuono assordante, che fece letteralmente sobbalzare sulle proprie sedie tanto Simesa quanto Fenisadre, tutt’altro che preparate a qualcosa del genere.
« Non sono disposta a tollerare un simile linguaggio a discapito di mia sorella. » sancì a denti stretti, quasi in un ringhio, nel mentre in cui, all’interno delle sue iridi color ghiaccio, le sue pupille andavano restringendosi sino alle dimensioni di due capocchie di spillo, rendendo il suo sguardo, ove possibile, ancor più inquietante del solito « Scusati con lei, Curico... o non lascerai vivo questa sala. E questa non è una minaccia, ma una promessa. »
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