Per tre, cinque, dieci volte Midda Bontor si sforzò di provare a invocare primo-fra-tre. Ma in alcuna occasione avvenne nulla.
E, alla fine, tutta la tensione creatasi negli spettatori di quell’evento, e in coloro che, armi in pugno, si stavano preparando al peggio, venne meno, a confronto con la consapevolezza di quanto, alla fine, il vicario non si sarebbe manifestato.
« Prova con Sam... » suggerì allora Lys’sh, nel rendersi conto di quanto ogni ulteriore sforzo in tal senso sarebbe stato inutile « Lui ha già risposto ai tuoi voleri in passato... »
« Sam...?! » esitò Raduz, aggrottando appena la fronte senza comprendere.
« Lunga storia... lasciamo perdere che è meglio. » scosse il capo Howe, minimizzando l’importanza di avere ad approfondire l’etimologia di quel nome.
“Sam”, in particolare, avrebbe avuto a doversi considerare il nome con il quale Nóirín aveva voluto ribattezzare terzo-fra-tre, allo scopo di farlo apparire qualcosa di meno terribile di quanto effettivamente non fosse e, in ciò, forse, anche di aiutare Midda Bontor a scendere a patti con la propria nuova condizione, il proprio nuovo potere.
La Figlia di Marr’Mahew, a confronto con quel suggerimento, non avrebbe voluto mettersi nuovamente in giuoco, nel timore di quanto, allora, egli potesse rispondere e confermarle, in ciò, l’evidenza di quanto a nulla fosse servito quanto compiuto sino ad allora. Purtroppo nascondersi dietro a un dito non sarebbe servito a nessuno, motivo per il quale, allora, ella si limitò ad annuire, sospirando in direzione dell’amica sororale...
« Terzo-fra-tre... vicario. Vieni a me. » lo richiamò a gran voce, per così come aveva già fatto anche in passato e per così come, senza esitazione, si era vista allor accontentare dalla comparsa di quella temibile creatura « Sam... compari al cospetto della tua signora! »
La tensione tornò a imporsi forte in tutti i presenti, nel mentre in cui ella ebbe a scandire quelle parole in favore di un diverso vicario, e di un vicario del quale, in effetti, non conoscevano molti dettagli.
Ciò nonostante, però, ancora nulla avvenne. E alla donna guerriero non poté restare altro da fare che insistere nuovamente...
« Terzo-fra-tre... rispondi al mio richiamo! » lo invitò nuovamente, con tono ancor più perentorio del precedente, che alcuno spazio avrebbe lasciato a fraintendimenti di sorta sul suo desiderio di ritrovarsi a essere ascoltata.
Per quanto, infatti, Midda Bontor avesse allor a sperare di non veder comparire alcun vicario, ella, parimenti, non avrebbe potuto ovviare a desiderare di ritrovarsi ascoltata dagli stessi, là dove ancora il potere di Anmel fosse stato in lei. Perché, obiettivamente, fra ritrovarsi detentrice inconsapevole di quel potere, con ogni rischio annesso e connesso, e, piuttosto, esserne conscia, e poter reagire di conseguenza, ella non avrebbe potuto che preferire la seconda opportunità. Non che, comunque, ella desiderasse quel potere... anzi.
A confronto con l’assenza di ogni reazione anche a quel secondo richiamo, ancora una terza, una quinta, e una decima volta ella insistette, intensificando i propri sforzi e, quasi, arrivando letteralmente a supplicarli di manifestarsi. Ma non primo-fra-tre, non Sam, ebbero lì a fare capolino.
E, ancora una volta, la tensione venutasi a creare attorno a lei ebbe a sgonfiarsi in maniera naturale, lasciando soltanto spazio quasi all’ilarità, a confronto con tutto l’inutile sforzo da lei compiuto per poter essere ascoltata.
« ... è sufficiente...?! » domandò quindi Howe, in direzione dei quattro capi della Progenie, cercando da essi una qualche conferma in tal senso, e una qualche conferma che non avrebbe potuto che apparire retorica dopo quanto accaduto o, per meglio dire, dopo quanto non accaduto « Non per qualcosa. Ma inizia a farmi un po’ di compassione... »
Possibile che quell’incubo, quel lungo incubo, fosse finito? Possibile che quell’empio patto compiuto con Anmel Mal Toise, a coronamento di quanto da lei conquistato di diritto con il recupero della corona perduta della stessa, fosse stato così rescisso...?!
« Io... » esitò per un istante Fenisadre, aggrottando la fronte nel rivolgere uno sguardo interrogativo verso gli altri tre capi, e nel volgersi per un successivo istante verso tutti gli altri presenti, quasi a cercare da parte di tutti loro un benestare a esprimersi in tal senso « ... io credo proprio di sì. » confermò quindi, annuendo e aprendosi allora in un lieve sorriso.
« Non che ci sia da gioire, a confronto con l’idea di non sapere dove possa essere finita Anmel Mal Toise, nell’eventualità che ella sia ancora in circolazione... » puntualizzò Nu-Adre’gs, a escludere la possibilità di festeggiare in maniera inopportuna quella notizia « ... ma, comunque, direi che possiamo essere sufficientemente sicuri del fatto che Midda Bontor non sia più l’Erede. »
La donna guerriero in questione, dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli color del fuoco, restò per un istante disorientata a confronto con quell’affermazione, quasi la sua mente si stesse rifiutando di accettarla, per non avere a illudersi che tutto potesse essere veramente finito. E potesse essere veramente finito in quel modo.
Poi, muovendo il proprio sguardo fra Lys’sh e Howe, ella sembrò avere necessità di trovare in essi una qualche conferma nel merito di quanto pur appena ascoltato, e una conferma che, allora, non le venne negata nei sorrisi che si ebbero ad aprire sui loro visi, innanzi a quell’inatteso, e quantomai inusuale, lieto fine, per una vicenda che era iniziata nel peggiore dei modi possibili e che avrebbe potuto avere a evolvere anche in maniera peggiore.
« Thyres... » gemette quindi, cercando di trattenere l’emozione, e l’emozione sincera a confronto con quella verità, e quella verità che mai si sarebbe potuta attendere di avere a sentir scandita in proprio favore « Sono davvero libera...?! »
« E che diamine... potete darle un certificato su pergamena con ceralacca...?! » ironizzò Howe, voltandosi nuovamente verso la Progenie della Fenice « Così magari riuscirà ad accettare la cosa! »
Ma la Figlia di Marr’Mahew non avrebbe avuto necessità di alcun certificato su pergamena con ceralacca per poter gioire della propria ritrovata libertà. E per poter, allora, esprimere tutta la propria gioia, tutta la propria più smisurata felicità, in un alto grido liberatorio, gettando il capo all’indietro e lasciando risuonare quell’urlo, ululato, o forse ruggito, nell’intera Città della Pace, in quel luogo di morte e desolazione, là dove quella maledetta storia aveva avuto inizio troppi anni prima e là dove, finalmente, quella maledetta storia aveva trovato una conclusione.
Non la migliore delle conclusioni possibili, forse, e pur una conclusione...
« Sono libera! »
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