11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 27 novembre 2021

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Quando quel giorno un tenue raggio di sole iniziò a fare capolino, partendo dall’orizzonte orientale e dalla linea dei monti Rou’Farth per sospingersi sino alla finestra della camera da letto di Midda Bontor e di Be’Sihl Ahvn-Qa, in maniera del tutto inconsueta, insolita, esso ebbe a trovare ancora due paia di occhi chiusi, in un sonno profondo.

Insolita, inconsueta, avrebbe avuto a doversi intendere tale scena a confronto con quanto quegli stessi raggi di luce erano abituati altresì a incontrare entro i confini di quella stanza, in quell’ora più acerba.
Generalmente, infatti, Be’Sihl, primo proprietario e gestore originale della locanda di cui anche quella stanza era parte, non era solito lasciarsi sorprendere da una nuova alba senza, in ciò, non essere già sveglio, sovente già lavato e rivestito, e prossimo a iniziare una nuova, lunga giornata di lavoro. E ben poco valore avrebbe potuto avere a riservarsi l’idea che soltanto poche, pochissime ore di sonno avrebbero avuto a contraddistinguere la sua notte di riposo, là dove, all’occorrenza, egli si sarebbe potuto ritrovare a chiudere la locanda soltanto un’ora o due dopo la mezzanotte, riducendo, in tal maniera, il proprio tempo di quiete a un’esigua manciata di ore, appena sufficienti per ristorare il suo corpo e la sua mente: infaticabile lavoratore, egli non si sarebbe negato occasione di dedicarsi con tutto se stesso a quella locanda, né in passato, quando ancora l’intera gestione della stessa grava soltanto sulle sue spalle, né nel presente, quand’ormai tale onere era principalmente passato al giovane Seem e a sua moglie Arasha, vedendolo, con piacere, posto nella possibilità di scegliere di propria ispirazione, di propria autonomia, in quale direzione impegnare i propri sforzi, il proprio tempo, qual pur indiscusso comproprietario di quel luogo.
Accanto a Be’Sihl, poi, anche Midda, la sua compagna, nonché seconda proprietaria di quell’edificio, non avrebbe avuto a potersi fraintendere solita tirare tardi al mattino, seppur per ragioni decisamente diverse da quelle del proprio amato. Ella, infatti, al di là del proprio diritto di proprietà su quel luogo, e un diritto acquisito in grazia al notevole impegno economico da lei posto nella ricostruzione dello stesso dopo che, molti anni addietro, era stata la diretta responsabile per la sua distruzione, non era, né mai era stata, coinvolta nella gestione di quella locanda, e di quella locanda pur a lei dedicata nel proprio stesso nome “Alla signora della vita”, nel doversi riconoscere operare a livello professionale in settori decisamente diversi, qual guerriera, avventuriera e mercenaria. Pur non avendo, quindi, alcuna vincolante ragione per la quale costringersi a levarsi prima del sole stesso, soprattutto dopo una notte di riposo in quel letto, nel suo letto, la particolare professione nella quale ella aveva operato da tutta la sua vita non avrebbe potuto perdonarle momenti di riposo particolarmente profondi o prolungati, là dove, altrimenti, troppo facilmente ella avrebbe potuto smarrire l’occasione utile a risvegliarsi, nel concedere ai propri nemici, e a tutti i pericoli a confronto con i quali abitualmente proiettava la propria quotidianità, la squisita possibilità di tagliarle il collo.

Non abituale, non comune, quindi, avrebbe avuto a doversi riconoscere il fatto di essere sorpresi entrambi ancora nel loro letto, intenti a riposare al momento del sorgere del sole. E, ciò nonostante, in quel giorno, ciò avvenne, e avvenne con convinzione tale che non soltanto quel primo, tenue raggio di sole non ebbe a essere in grado di interrompere il loro riposo, ma neppure tutti i suoi fratelli che, di lì a breve, ebbero a inondare di luce la loro stanza, e i loro volti. E quei visi che, in ciò, permasero in un quieto stato di sonno per molto tempo.
A giustificare tutto ciò, in effetti, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto quanto, quella stessa notte, i loro occhi avessero avuto occasione di chiudersi soltanto poco prima dell’arrivo di quel tenue raggio di sole, dopo che tanto a lungo essi si erano ritrovati a dover parlare, a doversi confrontare nel merito di tante, tantissime cose accadute nel lungo periodo in cui erano rimasti separati, e in un periodo che aveva, imprevedibilmente, sconvolto le loro vite, cambiando per sempre non soltanto le metaforiche carte in tavola ma, addirittura, le medesime regole del gioco.

Tutto aveva avuto inizio con un assedio. E un improvviso e terrificante assedio che la Progenie della Fenice aveva imposto alla loro città, Kriarya, allor scopo di costringere la stessa Midda Bontor alla resa.
Midda Bontor, signora indiscussa di quella capitale, non aveva avuto possibilità alcuna di scelta a confronto con la minaccia così impostale dalla Progenie, la quale, per forzale la mano, aveva là fuori addirittura evocato dodici titani, artefatti divini in contrasto ai quali né lei, né alcun altro, avrebbe mai potuto avere speranza di opporsi, in termini tali che, pertanto, avrebbero portato alla cancellazione della stessa città del peccato e allo sterminio di tutti i suoi abitanti. E, in ciò, si era consegnata volontariamente alla Progenie, e a quell’organizzazione di fanatici desiderosi soltanto di esigere la sua morte.
A muovere la Progenie della Fenice in contrasto a Midda Bontor era stata una sfortunata serie di eventi, e una sfortunata serie di eventi a conclusione dei quali la stessa donna guerriero si era ritrovata a essere investita, senza alcun particolare entusiasmo, del retaggio proprio di un’antica regina del passato, Anmel Mal Toise, che il mito ricordava con due altisonanti e contrastanti appellativi, quali Portatrice di Luce e Oscura Mietitrice. Una donna, una strega, Anmel Mal Toise, figlia dell’ultimo faraone dell’antico e potente regno di Shar’Tiagh, la quale, non paga del proprio potere in quanto sovrana, dedicò la propria esistenza a cercare un modo di diventare quanto di più prossimo a una dea, arrivando, in ciò, persino a giacere con un dio, Kah, e a generare una semidivina progenie di nome Desmair. Alla fine, in circostanze che la leggenda non aveva tramandato, il regno di Anmel era comunque giunto a conclusione. Ma il suo potere, e parte del suo spirito, erano sopravvissuti a lei, imprigionati all’interno della sua corona. E di una corona che, in maniera quantomai sventurata, Midda Bontor, molti anni prima, aveva ritrovato e, ancor più, conquistato, facendo proprio, di conseguenza, il diritto a tal empio retaggio.
E laddove dal potere della Creazione e della Distruzione, nelle mani di una mortale, non sarebbe mai potuto derivare nulla di buono, la Progenie della Fenice, antica antagonista della stessa Anmel Mal Toise, aveva rivolto allora il proprio interesse, e la propria avversione, alla stessa Midda Bontor, a prevenire l’avvento di una nuova Portatrice di Luce e di una nuova Oscura Mietitrice. Un interesse, uno scopo, una priorità, quella propria della Progenie, che non avrebbe avuto a doversi fraintendere poi troppo diversa da quella della medesima Midda, la quale, pertanto, era stata persino lieta di avere occasione di scendere a patti con loro, per tentare di trovare una maniera, una via, per estirpare per sempre tale potere dal suo corpo.
Ma per quanto Midda Bontor avesse quindi, e in parte, scelto volontariamente di seguire la Progenie, verso quello che pur, per lei, avrebbe potuto rivelarsi un fato di morte; i suoi amici, la sua famiglia, il suo clan, non si era arreso all’indolenza a confronto con tutto ciò, ponendosi immediatamente all’opera con l’intento di ritrovarla e di salvarla da qualunque oscuro destino.
Per ritrovare Midda Bontor, quindi, tutti i suoi amici, incluso lo stesso Be’Sihl, erano partiti verso luoghi impervi riconosciuti qual potenziali nascondigli per la Progenie stessa, e si erano ritrovati ad affrontare ogni genere di pericolo, di avversità. Pericoli e avversità che in taluni casi avevano cambiato del tutto la loro vita, la loro realtà personale, o che, in altri casi, avevano addirittura modificato in maniera imprevedibile il loro stesso mondo, la loro realtà comune, ponendo le basi per l’inizio di una nuova e disorientate epoca per tutti loro.
E proprio a confronto con tutto ciò, con tali, imprevedibili evoluzioni, Midda Bontor si era ritrovata innanzi al proprio ritorno a casa, abbisognando di tempo e di pazienza non soltanto per avere a condividere quanto le fosse successo, ma, ancor di più, per poter ascoltare quanto accaduto a tutti gli altri...

... a partire dallo stesso Be’Sihl, il suo amato Be’Sihl, e quell’uomo che, in un assurdo paradosso, or giaceva al suo fianco al contempo molto più giovane e molto più vecchio rispetto a quanto non fosse stato quando si erano lasciati.

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