« Chiedo venia... ma temo di non aver compreso... » prese nuovamente voce Siggia, questa volta non direttamente interpellata « Stai veramente proponendo di realizzare una nuova area nella città per tutte le mie sorelle...?! »
« Non proprio. » scosse il capo Midda, escludendo quell’interpretazione della propria idea « Innanzitutto, non intendo certamente vincolare alcuno a vivere in quel di Kriarya: tu e tutte le tue sorelle potete considerarvi libere di vivere la vostra vita come più vi aggrada, qui o altrove. » precisò, a non lasciar fraintendere tutto ciò qual un obbligo imposto loro, quanto e piuttosto una possibilità « In secondo luogo, sono contraria all’idea di qualunque ghettizzazione: non desidero creare una nuova area destinata esclusivamente alle tue sorelle, quanto e piuttosto a chiunque avrà piacere di viverci. E, parimenti, le tue sorelle dovranno sentirsi libere di scegliere di vivere lì o in qualunque altra zona a proprio piacimento, ovviamente nel riconoscendo reciproco rispetto nei riguardi della libertà di chiunque altro. »
« Il che è la cosa migliore... » confermò Lys’sh, non potendosi negare una certa sensibilità sull’argomento, non soltanto entro i confini propri di quel mondo, ma in un discorso più amplio, in conseguenza alla propria natura ofidiana e alle proprie passate esperienze di vita « Benché segregare gruppi etnici o specie diversi in ambienti diversi possa apparire sicuramente qual una soluzione confortevole anche da parte degli stessi, nel restare a contatto con contesti a loro familiari e situazioni prive di possibilità di fraintendimento; è solo con l’integrazione reciproca che si può superare ogni pregiudizio, ogni reciproco timore e muoversi nella direzione di una società più equa ed equilibrata. »
« L’importante è che l’integrazione non sia vista come la cancellazione di un’identità culturale minoritaria in favore di una maggioritaria, però. » osservò Lora, intervenendo a propria volta con un’innegabile sensibilità a tal riguardo, in conseguenza alla propria natura feriniana « In quel di Thermora, purtroppo, la società era predominata dalla specie umana e per quanto ci si vantasse di integrare qualunque non umano, tale supposta integrazione era subordinata non tanto all’accettazione di comuni leggi volte a regolare la convivenza civile, quanto e piuttosto dal quieto annichilimento di qualunque retaggio culturale estraneo a quello umano. » denunciò, scuotendo appena il capo « E per quanto io fossi nata e cresciuta in quel di Thermora, mio malgrado ero costretta a sentirmi sempre ospite in casa mia... solo perché non umana. »
« Sono spunti di riflessione estremamente importati e per i quali non posso che ringraziarvi. » commentò la signora di Kriarya, dopo aver ascoltato quei due interventi delle due compagne « Fortunatamente uno degli aspetti migliori di Kriarya è che, da quando è divenuta la città del peccato, trasformandosi in un porto franco per ogni qual genere di delinquente, ha smarrito il proprio retaggio culturale, restando riconoscibile come capitale kofreyota soltanto per la sua architettura. In questo, quindi, e come sono certa che entrambe potrete concordare, vi è sicuramente una mentalità più aperta e tollerante rispetto a quanto altrimenti non potrebbe essere: non che io voglia sostenere essere il migliore fra i mondi possibili... ma, quantomeno, una buona base di partenza sulla quale poter lavorare per un processo di reale, e rispettosa, integrazione. »
Quanto ella stava sostenendo era assolutamente vero. E di ciò non soltanto Lys’sh e Lora, ma anche Siggia e tutte le sue sorelle, avevano già potuto maturare consapevolezza.
Benché, infatti, e forse obbligatoriamente, il primo impatto non aveva potuto essere che di sostanziale e timorosa ritrosia da parte della popolazione locale rispetto a tutte loro, ogni volta era stata sufficiente la presenza garante della stessa Midda Bontor per escludere ogni possibile fraintendimento e permettere alla situazione di evolvere rapidamente in termini di quieta accettazione da parte degli uomini e delle donne di Kriarya per quelle figure estranee, ed estranee non soltanto nel senso stretto del termine, ma anche, e persino, estranee nel proprio mero aspetto fisico. Addirittura, e a onor del vero, con le desmairiane Midda Bontor non era dovuta neppure essere lì realmente presente, dimostrando sufficiente a placare ogni animo il suo sol nome e l’evidenza di quanto tutte loro avessero a desiderare porsi in quieto ascolto dei desideri che sarebbero stati da lei espressi al momento del suo ritorno.
Dopotutto tale avrebbe avuto a dover essere considerato l’accordo sancito con Be’Wahr e M’Eu per la loro liberazione, e la loro liberazione da quella realtà nella quale erano nate e cresciute, e nella quale sarebbero rimaste prigioniere per l’eternità se non fossero sopraggiunti quei due mortali a mostrare loro una vita di fuga, e una possibilità di vita alternativa all’unica che mai avevano conosciuto. Un accordo da tutte loro riconosciuto qual quietamente accettabile e, comunque, di gran lunga preferibile all’alternativa, e all’alternativa che le avrebbe viste proseguire il resto della propria interminabile esistenza in quel luogo maledetto e avvelenato, nel quale non avrebbero mai avuto reale occasione di vita, quanto e soltanto di una continua e insostenibilmente dolorosa morte.
« Siggia...? » l’apostrofò nuovamente la donna guerriero, sorridendo quieta verso di lei « Tu quale posizione hai sull’argomento...?! »
In verità, la figlia della centrotredicesima moglie di Desmair non avrebbe potuto riservarsi una qualche particolare considerazione sull’argomento, là dove, proprio malgrado, ancora troppo disorientata dalla prima asserzione per potersi concedere di seguire il proseguo del dialogo.
Benché, infatti, non avessero incontrato particolare ostilità da parte degli abitanti di Kriarya, la comunità delle desmairiane, fatta eccezione per lei in virtù del proprio legame con M’Eu, aveva preferito attendere il ritorno dell’Ultima Moglie al di fuori delle mura della città non soltanto allo scopo di non giustificare pretesto alcuno in loro contrato da parte della popolazione; ma anche, e soprattutto, a non concedersi l’erronea illusione che quella potesse tradursi in una casa per tutte loro.
Vissute da sempre quali nomadi, in assenza di un luogo ove soggiornare, e ove valesse la pena di soggiornare, in maniera duratura, tutte loro non avrebbero mai potuto partire dall’idea che quella città potesse divenire anche loro dimora. O, in effetti, che alcuna città potesse divenire loro dimora. Ma, in quelle proprie parole, non soltanto Midda Bontor non stava escludendo tale possibilità, ma, addirittura, stava sottolineando quanto, a prescindere da tutto, la decisione darebbe stata soltanto loro e che ella non avrebbe esercitato alcuna pressione nei loro confronti, non in una direzione, non nell’altra.
« ... io... scusami... » esitò quindi, scuotendosi dal gaudente intontimento in cui si era ritrovata a precipitare a confronto con quella prospettiva « ... temo di essermi un po’ persa... »
« Vedi possibile una qualche integrazione fra tutte le tue sorelle e la popolazione di questa città...? » ripeté Midda, a beneficio della propria interlocutrice « E in che termini, se la vedi, riesci a vederla...?! »
« Certamente non posso parlare a nome delle mie sorelle. E vi sarà sicuramente necessità, per te, di avere ad affrontare nuovamente il discorso con tutte loro... o, quantomeno, con Ghora. » premesse, cercando di trovare le parole giuste per esprimersi a tal riguardo « Ma... per le nere sabbie di Yridha, ti assicuro che saremo tutte più che disponibili a lavorare insieme a te per la realizzazione di questa nuova Kriarya che immagini... e, in essa, per la realizzazione del primo luogo che mai potremmo chiamare casa! » sancì con entusiasmo, annuendo vistosamente a confronto con tale prospettiva.
« Meraviglioso. » concluse allora Midda, ammiccando verso di lei « Di certo un po’ di forza lavoro non ci farà male... in prospettiva di tutto quello che vi sarà necessità di compiere. »
« Ecco... a tal riguardo... » esitò tuttavia lord Brote, aggrottando appena la fronte « Temo proprio che, più tardi, dovremo un attimo affrontare l’annosa questione del finanziamento di tutte queste attività. Perché benché la tua mente abbia ora probabilmente a immaginare una società perfetta dove tutti vivono felici e appagati le proprie esistenze, ritrovandosi a essere destinatari di tutto ciò che ha loro a occorrere; la “forza lavoro” necessità di essere pagata... e temo proprio che le nostre risorse, a tal riguardo, stiano finendo. »
Nessun commento:
Posta un commento