Le ore successive trascorsero in letizia per le tre donne e i quattro ragazzini.
Dopo una lunga cavalcata, utile a condurli verso sud-ovest, verso le montagne atte a segnare il confine con il regno di Tranith, attraverso un’area notoriamente tranquilla, priva di grandi pericoli, in una scelta praticamente obbligata al fine di minimizzare le possibilità di pessimi incontri; Midda e Lys’sh si concessero occasione di iniziare i pargoli all’arte della caccia, finendo per procurarsi, in maniera più che dignitosa, un’occasione di pasto con il sacrificio di una bella lepre. E se per Tagae e Liagu, ma anche per Duva, l’idea di dover andare a caccia per procurarsi il cibo avrebbe avuto a dover essere riconosciuta particolarmente pittoresca, nel provenire da una realtà in cui la caccia avrebbe avuto a dover essere intesa, più che altro, un’attività sportiva, e un’attività sportiva di dubbio gusto, tanto da un punto di vista agonistico, quanto da un punto di vista etico; anche per Meri e Nami non avrebbe avuto a dover essere fraintesa così ovvia l’idea della caccia, là dove, in quanto figlie del mare, avrebbero avuto a dover essere, piuttosto, riconosciute pratiche di pesca.
Comunque l’educazione all’arte della caccia, e della caccia con arco e con frecce, non avrebbe avuto a dover essere giudicata in maniera negativa per i pargoli, non laddove, comunque, in quel mondo, sapersi arrangiare in tal maniera avrebbe potuto quietamente delineare la differenza fra la vita e la morte in talune circostanze. E, parimenti, avrebbe avuto anche a doversi intendere sufficientemente propedeutica all’arte della guerra, e a quell’arte verso la quale, purtroppo per la stessa Figlia di Marr’Mahew, essi non avrebbero potuto ovviare a provare un certo fascino, complice il tutt’altro che educativo esempio a loro da lei, e dalle altre ziette, abitualmente offerto.
In un equilibrato compromesso, pertanto, fra necessario e superfluo, fra quanto apprezzabile da parte della stessa Campionessa di Kriarya e di Lysiath e quanto, piuttosto, desiderato da tutti loro, quel momento di caccia ebbe a permettere di dare un senso importante a quella giornata, anche e soprattutto nell’istante in cui, colpito alfine il povero leprotto, questi dovette subire il colpo di grazia, per poi essere scuoiato, ripulito e arrostito al fuoco: una parentesi decisamente cruda, seppur non poi così drammatica per coloro i quali, come loro quattro, avevano già avuto occasione di assistere a spettacoli peggiori nella propria vita, ma che Midda non volle negare loro, fosse anche e soltanto per renderli più consapevoli dell’importanza di rendere poi onore a quella carne, a quel cibo, e a quel cibo che non avrebbe avuto a dover essere considerato un mero “dono degli dei”, quanto e piuttosto conseguente al sacrificio di un essere vivente, e di un essere vivente la cui morte non avrebbero dovuto disprezzare sprecandone i frutti.
Laddove, comunque e per l’appunto, tanto nella vita di Tagae e Liagu, quanto in quella di Mera Ronae e di Namile, non erano mancati drammatici momenti di confronto con la morte, e con la morte violenta e sanguinaria, il sacrificio di quella lepre innocente non ebbe, fortunatamente, a sconvolgerli più di tanto, pur, d’altra parte, neppur lasciandoli del tutto indifferenti, soprattutto a confronto con l’evidenza palese della paura nei suoi occhi, e negli occhi di chi, proprio malgrado, aveva avuto a comprendere essere giunta la prematura conclusione della propria vita. Il fatto che essi non ebbero a restare sconvolti da tutto ciò, d’altra parte, non ebbe neppure a dover essere fraintesa qual dimostrazione di fallimento per il senso che Midda desiderava offrire a quell’esperienza, là dove, addirittura, prima dell’inizio del pasto, le due figlie di Nissa vollero rendere il giusto onore a quella bestiola con una preghiera di ringraziamento, e una preghiera di ringraziamento che la donna guerriero non fece fatica a riconoscere come proveniente direttamente dagli anni della propria giovinezza, e dagli anni in cui ella e Salge Tresand avevano riunito attorno a loro il loro primo equipaggio, e il primo equipaggio della Jol’Ange.
« Grazie a te,
innocente creatura
figlia della terra,
nel sacrificio della quale
noi otteniamo nutrimento
per i nostri corpi:
che il tuo sangue
non sia stato versato
in maniera vana,
e che il tuo spirito
possa correre ancora libero
attraverso le infinite vastità
dei cieli. »
Queste le parole che esse ebbero a scandire, praticamente all’unisono, dimostrando una lieve incertezza su due parole, quali “terra” e “correre”... un’esitazione nel merito della ragione della quale ella non avrebbe potuto che essere quietamente consapevole.
« “Grazie a te, innocente creatura figlia dei mari, nel sacrificio della quale noi otteniamo nutrimento per i nostri corpi: che il tuo sangue non sia stato versato in maniera vana, e che il tuo spirito possa nuotare ancora libero attraverso le infinite vastità dei cieli.” » aveva sorriso allora la Figlia di Marr’Mahew, annuendo dolcemente alla preghiera delle proprie nipoti « Non credevo che a bordo della Jol’Ange ancora recitassero questa preghiera... l’avevamo iniziata a proporre, per primi, Salge Tresand e io molti... molti... molti anni fa, dopo ogni pesca. » aveva poi rammentato, in un misto fra nostalgia e, persino, imbarazzo, nel rendersi conto di aver sostanzialmente dimenticato tutto ciò, memoria perduta nel corso del tempo, forse in concomitanza al suo abbandono dei mari in favore delle vie di terra, benché, così come appena splendidamente dimostrato dalle sue nipoti, con un lieve adattamento il senso di quella preghiera non avrebbe avuto minimamente a mutare neppure nei riguardi della caccia.
« Oh, sì. » aveva confermato Namile, annuendo seria a tal riguardo « Il capitano Noal non permette a nessuno di dimenticarsene. » aveva specificato, offrendo riferimento all’attuale capitano della Jol’Ange.
« Dice che se non si rispetta il sacrificio delle creature figlie dei mari, Thyres avrà a adirarsi con noi... e ci punirà con tutta la furia che soltanto il mare può dimostrare. » aveva sottolineato Mera Ronae, storcendo le labbra verso il basso, a dimostrazione di non avere alcuna intenzione di porre alla prova l’ira della dea dei mari con la propria mancanza di rispetto.
« E’ una preghiera molto bella... » aveva annuito Lys’sh, decisamente colpita dalla sensibilità così dimostrata dalle due bambine nel confronto con quel pasto e con quel cibo l’origine della quale era stato da loro indubbiamente compreso « E trascende qualunque fede religiosa, in verità... »
« Abbiamo pensato che fosse giusto recitarla anche ora... » si volle dimostrare allor esitante la stessa Mera, ricercando un cenno di approvazione, o di diniego, da parte della loro zia « ... ma, forse, è fuori luogo in questo caso... visto che non siamo nei mari. »
« No... no... assolutamente! » aveva scosso il capo Midda, escludendo quell’eventualità « Non è fuori luogo. Anzi. Devo ammettere che quasi l’avevo dimenticata... e che, brutto a dirsi, in tanti anni non ho mai pensato di riadattarla in questi termini. Ma avete fatto assolutamente bene! Anzi. Benissimo! » aveva quindi insistito, annuendo vigorosamente « E’ giusto, giustissimo rendere il giusto onore a queste creature per il loro sacrificio. E, francamente, non riesco a immaginare parole migliori di queste per ringraziare questa lepre per il dono che oggi ci ha fatto, offrendo le sue carni per sfamarci. »
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