11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 14 gennaio 2008

004


L
a palude di Grykoo si estendeva lungo il confine meridionale di Kofreya, lambendo i territori della penisola di Tranith: si narrava che un tempo, più lontano di quanto chiunque potesse avere memoria, la palude non fosse tale ed, al contrario, si presentasse come una placida zona lagunare, piena di vita e di colori. Impossibile comprendere se quelle che erano ormai leggende raccontassero il vero, nell’osservare la desolazione attorno a Midda ed, ancor più di quello, impossibile dire se quel mutamento fosse stato conseguenza della natura, di qualche divinità o, semplicemente, dell’uomo. Di certo, laddove un tempo erano acque fresche e ricche di pesce, in cui i pescatori potevano gettare con gioia le proprie reti e confidare sempre in un ritorno a casa fruttuoso, ora solo fango e morte risiedevano, in un ambiente dove neanche gli insetti o i roditori potevano trovare accoglienza e dove la fine poteva giungere anche senza bisogno di zombie o altre negromanzie: un passo errato in quel terreno insidioso avrebbe potuto significare finire in sabbie mobili da cui nessun mortale avrebbe potuto trovare scampo.

La donna guerriero osservò attorno a sé con cura, scrutando ogni orizzonte e cercando di pianificare la migliore strategia da attuare nel suo immediato futuro: sotto di lei, ai piedi dell’albero su cui aveva trovato rifugio, l’esercito di non morti attendeva silente ed immobile. I tentativi di raggiungerla erano ormai cessati, forse nella consapevolezza che comunque lei non avrebbe potuto restare lassù per sempre.


A nord si trovava la via da cui era giunta e che avrebbe potuto riprendere solo a missione conclusa. Il nero di desolazione e morte dominante nella palude sembrava rischiararsi in quella direzione, mostrando in lontananza alcuni barlumi di vita, oltre i limiti di quel territorio dannato. Ad est e ad ovest il paesaggio offerto non era poi diverso: la palude sembrava non offrire fine, nonostante lei sapesse bene che da un lato avrebbe ritrovato le montagne del confine con Y’Shalf mentre dall’altro avrebbe incontrato le vaste pianure fra Kofreya e Tranith. Ma non ad ovest e non ad est lei si sarebbe dovuta dirigere: non era per intraprendere quelle direzioni che era stata pagata, ma per andare a sud. Verso sud la palude celava il proprio cuore più tenebroso, in cui solo gli adepti del santuario osavano spingersi, certi di ritrovare in esso protezione ed accoglienza dove chiunque altro avrebbe trovato morte e disperazione: a sud era il santuario che lei doveva raggiungere e depredare.
Midda osservò con sguardo serio e calcolatore la via a meridione: inutile notare come proprio in tale direzione l’esercito di non morti appariva più compatto e pericoloso, non offrendo alcun margine di salvezza oltre loro. Secondo le informazioni che le erano state offerte insieme all’incarico, la sua meta era situata a non meno di due miglia dalla sua attuale posizione: pensare di riuscire a percorrere due miglia circondato da zombie e sopravvivere era un’idea che solo un folle avrebbe avuto e lei era tutto ma non folle. La forza di un guerriero, la forza di Midda, non risiedeva nell’ignorare i propri umani limiti ma nel conoscerli, nel conoscerli così bene da poter prendere sempre la giusta decisione per non essere uccisa: non temeva la morte, ma non desiderava raggiungerla senza prima aver vissuto ogni singolo giorno che sarebbe riuscita a guadagnarsi con la propria volontà.
Non potendo intraprendere la via più ovvia, qualsiasi altra strada, per quanto assurda, sarebbe dovuta essere presa in esame. Lo sguardo della donna, così, si portò ad osservare gli alberi presenti nella palude: non erano molti in quella zona esterna, tutti similari a quello su cui aveva trovato rifugio. Guardando verso sud, il primo albero che riuscì ad identificare attraverso la foschia e l’oscurità attorno a lei si trovava a non meno di duecento piedi: duecento piedi attraverso la folla di non morti erano fattibili, ma se avesse trovato qualche altra soluzione al fine di evitare quella possibilità non si sarebbe dispiaciuta. Non aveva idea di cos’altro l’avrebbe attesa dopo quel primo fronte di pericolo e non poteva permettersi di giungere al santuario priva di energie.
Improvvisamente un’idea estremamente rischiosa e di non facile attuazione le venne in mente: e per quanto azzardata le sembrò la soluzione migliore.

La donna, ormai riposatasi dalla precedente lotta, iniziò ad inspirare e respirare in maniera ritmicamente controllata, per prepararsi a ciò che stava per compiere, per riportare il proprio cuore al giusto battito per lo sforzo che avrebbe dovuto compiere.
Poi, con un gesto immediato ed imprevedibile, che trovò impreparata la folla sotto di sé, saltò dal ramo su cui aveva trovato rifugio, appoggiando i piedi sulle teste di due zombie: la gravità e la debolezza di quelle carni non permisero a quel non stabile sostegno di sorreggerla, crollando dopo il tempo di un battito di ciglia. Ma in quel brevissimo tempo lei era già oltre muovendosi leggera ed agile, quasi come una farfalla, verso altre due teste, ed altre due teste dopo di quelle, in una sfrenata ed ardita corsa sopra la marea di non morti, troppo lenti e troppo stupiti, a causa di un comportamento oltre ad ogni loro aspettativa, per reagire in maniera adeguata a fermarla. Con la spada in pugno ed il peso in avanti, Midda sembrava volare come il vento sopra ai suoi avversari, mantenendo il controllo assoluto su ogni membra del proprio corpo, sul proprio respiro, sul proprio cuore. Un movimento perfetto, costante, rapido, che la condusse fino all’albero che aveva visto.
Un istante prima di saltare sul ramo più basso a sua a disposizione, per trovare un nuovo rifugio, si accorse della presenza di un altro albero, ad una distanza non maggiore di quella appena percorsa…

« Rischiare o non rischiare? » sussurrò fra sé, passando con lo sguardo fra l’albero più vicino e quello più distante, cercando di trovare una risposta al proprio dubbio.

Quella indecisione, però, le costò più caro di quanto avesse preso in considerazione: il piede destro si pose in fallo su un cranio già segnato dalla rovina del tempo, portandola a scivolare nell’oceano di putrefazione dal quale aveva cercato fuga.

« Per Thyres… » imprecò, contro se stessa.

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