11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 27 gennaio 2008

017


L
e creature che la donna guerriero si ritrovò ad osservare non avevano nulla di umano o di naturale, ma ella, dopo l’esperienza vissuta con le falene giganti, volle essere prudente prima di giungere alla conclusione di un’evocazione negromantica. I suoi avversari celati erano due, similari fra loro e posti ai fianchi dell’albino, leggermente arretrati rispetto a lui. Il loro corpo era scuro, tendente al nero ma privo di una tonalità compatta ed uniforme: quel loro colore, unito alla penombra imperante nel santuario ed all’attenzione che lei aveva concentrato totalmente sull’uomo, permetteva alla coppia di essere quasi invisibile, di potersi mimetizzare in maniera completa sullo sfondo marmoreo del complesso. Riuscire ad individuarli da fermi appariva difficile, in movimento, poi, avrebbe richiesto certamente un livello di concentrazione decisamente alto, che conseguentemente avrebbe reso impossibile gestire qualsiasi altra azione, offensiva o difensiva che fosse. Nonostante la complessità nel focalizzare lo sguardo su tali esseri, una volta individuate le loro posizioni ella riuscì a cogliere maggiori dettagli sul loro aspetto. Un capo grosso e tondeggiante vedeva l’assenza di qualsiasi caratteristica umana fatta eccezione per due specie di occhi semiluminescenti: non una bocca, non un naso, non delle orecchie, non dei capelli erano presenti su quelle teste rotonde. Sotto il capo, praticamente senza alcun collo, si congiungeva un corpo corto e tozzo, da cui braccia e gambe più simili a tentacoli d’ombra che ad arti si estendevano sinuose: laddove i tentacoli dei piedi avrebbero dovuto congiungersi al suolo, Midda non riuscì a distinguere alcun contatto con il pavimento in pietra. Quell’assenza non offrì altro che conferma a quanto già sospettava dopo il primo attacco subito: le creature, qualsiasi fosse la loro natura, erano in grado di volare. E quel particolare era solo a suo svantaggio: lei in aria non aveva possibilità di combattere, restando di conseguenza in loro totale balia esattamente come già era accaduto.
Al di là della natura infida e pericolosa dei due nuovi nemici individuati, la donna guerriero dalla propria parte aveva una certezza che le offriva forza e speranza: come quegli esseri erano stati in grado di colpirla, in egual modo lei avrebbe potuto colpire loro. Forse i di lei colpi non avrebbero offerto danni a quelle creature o forse sì, ma l’evidenza di quella possibilità era tutto ciò che le serviva per combattere.

« Io non sarò mai dimenticata. Il mio nome non sarà mai scordato. » sussurrò lei, inarcando un angolo della bocca in un lieve sorriso beffardo « Al contrario di te, albino. »
« Come riesci a trovare ancora speranza? » domandò il monaco, mentre dietro di lui le due creature d’ombra iniziavano a fremere di impazienza « Come riesci a credere ancora di poter sopravvivere? Sei in piedi a stento… disarmata… rifiutare l’idea dell’imminente fine è da stolti! »
« Sottovalutare il proprio avversario è da stolti. » replicò lei.

Lo sguardo di Midda, senza staccarsi per troppo tempo dai tre avversari onde evitare di smarrire la presenza delle due creature nella penombra del tempio, si mosse rapido a spaziare attorno a sé, a cogliere ogni particolare che potesse offrirle vantaggi tattici in quello che si preannunciava essere l’ultimo scontro. Fra lei e gli avversari era l’intero raggio del santuario, con il colonnato interno e due scalinate: la sua spada, nella fattispecie, si trovava praticamente a metà strada fra lei e gli altri, infilata di punta nei corpi morti di due adepti da lei stessa prima uccisi. Quella particolare posizione della sua arma poteva tornarle utile, ma se lei fosse corsa in avanti, ammesso di riuscire a correre, non l’avrebbe mai raggiunta: i due esseri oscuri sarebbero di certo volati verso di lei e l’avrebbero nuovamente colpita con la medesima violenza degli attacchi precedenti, brutalità che non si poteva permette di subire. Quei mostri tentacolati di certo ignoravano però di poter essere visti, e questo tornava solo al di lei vantaggio: il primo attacco l’aveva colta in assoluta sorpresa con una furia incredibile, il secondo attacco l’aveva nuovamente investita con irruenza disumana offrendole però dei primi dubbi: il terzo attacco, forse, sarebbe potuto diventare per loro una sconfitta. A differenza di quanto poteva ritenere l’albino, infatti, lei era tutt’altro che disarmata.

« Fai un piacere a te stessa, donna… » scosse il capo l’uomo « … muori! »

Come già negli altri due attacchi, il monaco restò assolutamente immobile mentre, al contrario, furono le due creature a scattare rapide e mortali, volando nell’aria tenebrosa del santuario in un silenzio completo, innaturale. Midda, questa volta, fu però in grado di seguirne il movimento, che li vide dirigersi in direzioni opposte verso i lati del santuario: un attacco non frontale, quindi, forse per evitare che ella potesse attendersi ancora dei colpi simili ai precedenti, ma un duplice attacco laterale, che l’avrebbe dovuta vedere schiacciata fra i due avversari. La donna restò inerte, come ad ignorare quell’imminente pericolo, come a dimostrare la propria inferiorità, la propria incapacità difensiva: ma non era così. Questa volta ella aveva piena coscienza dei propri avversari, controllo assoluto dei loro movimenti, delle loro posizioni, della loro offensiva. e quando le due creature giunsero a lei, ella si mosse rapida, allungando il braccio metallico verso l’essere alla sua destra ed abbassando di colpo il proprio centro di gravità.
Troppo slanciati nel proprio volo e troppo sicuri della propria invisibilità, nessuno dei due esseri poteva prevedere quella reazione e nessuno dei due poté reagire di fronte ad essa. La mano destra di lei si chiuse così in una morsa metallica e mortale sul capo del nemico, affondando in una carne morbida e gommosa, quasi viscida nel ricordare quello di un invertebrato marino: un grido disumano squarciò il silenzio di quell’istante, mentre in quella stretta il mostro tentò un’ultima fuga, prima dell’inevitabile morte. Il suo compagno, quello che stava giungendo alla sinistra della donna guerriero, non riuscì a frenare in alcun modo il proprio volo, al punto tale per cui, sorpassando la nemica sopra il di lei capo, non poté fare altro che assistere inorridito all’assurda fine del suo simile.
Gioendo dentro di sé per quella prima vittoria, Midda con un gesto liberò la mano destra dal viscido e nero resto del suo avversario, ponendosi in guardia in attesa della reazione dell’altro. E la reazione non tardò ad arrivare, ora non più fredda e controllata, ma d’ira pura e sfrenata come solo la vendetta a caldo poteva instillare: in un ampio movimento parabolico, la creatura d’ombra ancora viva invertì il proprio volo, dirigendosi nuovamente contro la donna. L’attacco era così nuovamente frontale e condotto ad una velocità tale da non poter essere percepito da lei: ella, affidandosi al proprio istinto combattente più che ai propri sensi, mosse rapida il braccio destro con il pugno chiuso, riuscendo a colpire di striscio il nemico giunto a lei e costringendolo ad una variazione di traiettoria che lo portò a scontrarsi contro il muro lì accanto.
Quell’impatto, energico tanto da far rimbombare l’intero tempio, non sembrò però sortire danni sull’essere, che in un istante fu di nuovo pronto alla lotta, tornando verso di lei e colpendola al ginocchio sinistro con una forza disarmante. La donna non poté evitare di gemere a denti stretti, cadendo genuflessa ed esponendosi così più facilmente al proprio nemico.

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