11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 3 agosto 2011

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« V
issi... » gelido spirito affermò
volgendosi a chi in vita amò
« E' possibile che sia già obliato,
il ricordo di chi assassinato?
Solo ieri da tutti rispettato,
dalle folle ovunque osannato,
oggi di me quasi non resta storia
negatami ogni giusta memoria.
Ma che valore ha ogni vittoria,
che senso ha questa insulsa gloria,
se un uomo, morto da guerriero,
di questo non ha da esser fiero? »

Se pur non descrivibile attraverso termini quali dolce, delicata o, addirittura, prossima al falsetto, qual era consueta impostazione canora della maggior parte delle donne, a voler, in ciò, meglio evidenziare la propria femminilità, in un'utilità tuttavia non dissimile da quella del mantenimento di lunghi capelli fluenti quali, del resto, mai la mercenaria aveva ricercato quali propri, la voce di Midda Bontor, impegnata nel canto, non avrebbe potuto essere condannata qual sgradevole, spiacevole, deprecabile. Al contrario, essa, con toni più intensi, a tratti persino rochi, e pur sempre e comunque perfettamente controllata nella propria estensione sonora, sembrava porsi in grado di accarezzare l'animo dei propri ascoltatori con maggiore vigore, eccezionale carisma non dissimile da quello da lei espresso in qualsiasi altro momento della propria vita, in qualunque altra azione per lei propria.
Indubbio, in grazia di tutto ciò, sarebbe stato per lei incredibile successo ove, se solo avesse desiderato, si fosse dedicata a una professione di bardo anziché a quella di mercenaria, se pur mai, nella propria vita, aveva preso in esame una tale opportunità, relegando simile propria bravura, talento artistico e musicale, a mero diletto, passatempo abitualmente utile a colmare i silenzi di lunghe soste, quali quelle che uno stile di vita suo pari non mancava di riservarle più spesso di quanto, probabilmente, non avrebbe gradito, rendendole più sopportabili, più accettabili. Per tale ragione, tuttavia, in passato, nelle molteplici notti trascorse comunque insieme, accampati sulla nuda terra e sotto l'infinito cielo, Howe e Be'Wahr avevano avuto occasione di godere di simile esperienza, apprezzandone il valore non in conseguenza di una qualche particolare e approfondita formazione musicale, pur in loro assente, quanto, e pur legittimamente, per quel sentimento del bello, e dell'armonico, comune all'intera razza umana in quanto tale.
E fu proprio per tale pregressa opportunità, simile trascorsa possibilità, volta a maturare confidenza con la voce della propria tanto lodata, quanto parimenti infamata compagna di viaggio, non solo quando impegnata della pianificazione di una battaglia o nelle imprecazioni proprie della medesima, che lo shar'tiagho, precipitato, proprio malgrado, per lungo tempo in uno stato di cupo oblio, irrequieta dimenticanza, violentemente separato dal mondo dei vivi e, in ciò, troppo pericolosamente teso verso quello dei morti, non ebbe esitazione alcuna a riconoscere la tonalità propria di lei, allora non così diverso, per lui, dal leggendario canto di una sirena, a sé capace di attrarlo, irretendolo e imprigionandolo per l'eternità. Così, non senza fatica, non senza sentirsi disorientato e confuso per quanto occorso, egli recuperò lentamente contatto con il proprio intero corpo, e con quella stessa realtà dalla quale era stato sospinto tanto distante, crogiolandosi nel note da lei scandite con vibrante passione.

Ma sua moglie, con sguardo altero
verso tale ombra di cimitero,
non parve far proprio alcun timore
né, invero, sentimento d'amore.
E stretta a nuovo adulatore,
lì invocando il suo calore,
ella spirto tentò di congedare
senza pietà per lo sposo provare.
« Tu che da vita distanza trovare,
e con essa da me allontanare,
hai sì stolidamente voluto...
cosa pretendi, ora, qual saluto?! »

« Lohr… » accennò a sussurrare egli, ancora a occhi chiusi, neppur riuscendo effettivamente a scandire quella singola importante sillaba, quanto, piuttosto, una sorta di rantolo confuso, che lo costrinse, successivamente, a provocarsi un debole colpo di tosse allo scopo di tentare di schiarire la propria stessa voce e meglio lasciarsi udire « Lohr… » ripeté, ora più distinguibile, al punto tale da costringere la propria camerata a interrompere l'impegno canoro con il quale da un ancor imprecisabile lasso di tempo lo stava accompagnando nel proprio riposo, lo stava vegliando nella propria guarigione.
« Howe? » invocò ella, muovendosi, o così a lui parve, per avvicinarsi al suo giaciglio, qualunque esso fosse in quel momento « Howe… hai ripreso coscienza?! »
« Non ne sono sicuro. » replicò l'uomo, cercando di costringere una delle proprie palpebre a dischiudersi, per permettergli di riacquistare definitivamente contatto con l'intero Creato « Di certo, ho sufficiente coscienza per poter dire che, sebbene la tua voce sia meravigliosa, Midda cara, la tua scelta in fatto di musica fa veramente schifo… » ironizzò, sentendo un panno imbevuto di fresco liquido, acqua, venir avvicinato alle sue labbra, per concedergli occasione di suggere quanto avesse ritenuto necessario richiedere, per reidratarsi « Ti pare la canzone giusta da scandire al capezzale di un moribondo?! »
« Howe… » commentò la donna, con tono tale da permettergli di immaginare come, in quel momento, ella stesse scuotendo il capo, con un lieve sorriso sulle labbra « Se non trovi occasione di lamentarti non riesci a sentirti soddisfatto, non è vero? » contestò, dopotutto lieta di come il proprio interlocutore potesse aver ancora voglia di scherzare, segnale più che positivo nei meriti di una sua effettiva ripresa.
« Si fa quel che si può, con quanto si ha a disposizione… » minimizzò lo shar'tiagho, provando, ora, a scuotersi appena, per verificare che tutto fosse a posto, ottenendo qual risposta da parte del suo stesso organismo un riscontro sufficientemente positivo, con la sola eccezione di una fitta di dolore proveniente dal braccio sinistro, là dove era stato colpito a tradimento dall'arma di Nissa « Quella cagna maledetta… » sussurrò, nel mentre in cui la sua mente gli ripropose rapida le ultime immagini di quanto accaduto, di quanto occorso prima del lungo e malato sonno in cui, lo comprendeva, doveva essere precipitato « … per quanto sono stato fuori gioco? »
« Oggi è il nono giorno. » lo informò, con premura, la Figlia di Marr'Mahew, ancora mantenendo il panno ove le sue labbra potessero raggiungerlo « Tuo fratello, in questo momento, sta dormendo: era il mio turno di guardia. Ma sono già corsi a chiamarlo… » soggiunse, considerando come probabilmente la questione potesse essere di suo interesse, non errando in simile valutazione.
« Sono già corsi…? » ripeté Howe, tentando di violare l'oscurità impostagli dalle proprie stesse palpebre, riuscendo, non senza fatica, a dischiudere quelle dell'occhio destro solo per ritrovarsi a confronto con un agglomerato confuso, caotico, di luci e colori, forme indistinte e indistinguibili che mai avrebbe potuto associare a qualcosa di noto « Chi? » questionò, non comprendendo al pieno tale asserzione e, in ciò, per un attimo temendo di aver smarrito, in conseguenza di quel lungo periodo di oblio, qualche ricordo utile a dare un senso logico alla medesima.
« Gli adepti del culto di Thatres. » rispose l'altra, con tono ancora quieto e tranquillo, ora allungando, egli la percepì, la propria mancina a percorrere la lunghezza del suo viso, dalla fronte lungo lo zigomo destro e sino al mento, in una carezza sincera ed estremamente dolce, che non poté evitare di donargli concreto e naturale piacere « A quanto pare, cinquecento anni fa qualcuno era riuscito a sopravvivere al massacro. »

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