11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 14 settembre 2013

2038


Forse per la consapevolezza di quanto precaria avesse lì da riconoscersi la sua posizione; forse per il gelo che egli ebbe allora ragione di distinguere nei miei occhi, che, in passato, molti hanno definito essere caratterizzati da un azzurro tanto chiaro, tendente al bianco, da risultare simile al colore del ghiaccio; il mio inquisitore rese proprio sufficiente spirito di conservazione da non tentare di ribellarsi a me e, anzi, da cercare di annuire, lievemente, con il capo e, non riuscendoci, almeno con lo sguardo, a dimostrazione di quanto il concetto da me suggerito avesse a considerarsi adeguatamente chiaro e trasparente quanto, suo malgrado, potenzialmente letale.
Soddisfatta da ciò, non desiderando in alcun modo cercare la sua morte quanto, e solamente, riportare il nostro confronto a una giusta dimensione, con la medesima semplicità con la quale lo avevo raggiunto, tesi ogni muscolo del mio corpo per ricondurmi a sedere, per ritrarmi nella medesima posizione nella quale ero prima di quella reazione, lì lasciandomi nuovamente adagiare serena e tranquilla e, in questo, a lui volgendo un sorriso che potrei definire persino sornione, dispiaciuta di non poter completare il quadro nell’appoggiare il mento sul palmo della mia mancina soltanto in conseguenza alla catena che la stava mantenendo ancora saldamente ancorata al tavolo.

« Sei un ragazzo intelligente, mio caro. » commentai pertanto, piegando appena il capo di lato nel continuare a guardarlo, quasi con curiosità, nel voler studiare la sua reazione « E sono certa che comprenderai che, avendo potuto ucciderti e non avendolo fatto, non è da riconoscersi in me alcuna ostilità… »

Dati simili presupposti, mi credereste se vi dicessi che le mie intenzioni non vennero comprese o apprezzate? E che, malgrado tutti i miei sforzi volti ad apparire quietamente collaborativa, mi ritrovai a essere ancor più saldamente incatenata, nonché rinchiusa in una piccola e soffocante cella senza neppure una banale ipotesi di finestra attraverso la quale poter rimirare il cielo, il sole e le stelle tutte?!
… incredibile a dirsi ma andò proprio così!
Benché, infatti, un paradigma sufficientemente semplice fu quello che volli riservare all’attenzione del mio giovane e ben vestito interlocutore; purtroppo il messaggio da me in tal modo reso manifesto non vide garantito il medesimo risultato da me auspicato, da me in ciò ricercato, non trovando nel destinatario di tale ambasciata una più distesa possibilità di apertura al dialogo, malgrado tutta la mia pur indubbiamente squisita volontà di collaborazione. E là dove, in maniera probabilmente ingenua, avevo sperato che il concetto alla base del mio gesto si sarebbe dimostrato adeguatamente chiaro e trasparente malgrado la sicura assenza di un comune modello di riferimento comportamentale; ciò non ebbe purtroppo occasione di avverarsi, nel vedermi riservata, da parte della mia controparte, solo un’incomprensibile e del tutto immotivata reazione di ritrosia e di sospetto nei miei riguardi, quasi avessi appena attentato alla sua esistenza come pur, chiaramente, non avevo compiuto.
Così, nel momento stesso in cui conclusi il mio intervento, il ristretto spazio in cui ero stata ospitata per quel momento d’incontro, per quell’interrogatorio, si ritrovò a essere saturato di guardie armate, vestite ed equipaggiate esattamente come le stesse che a quella struttura avevano condotto tanto me quanto il mio amato Be’Sihl. E solo nel momento in cui una dozzina di armi da fuoco vennero spianate verso di me, promettendomi morte certa se solo avessi nuovamente osato muovermi; il mio inquisitore ebbe coraggio utile ad accennare un movimento, nel massaggiarsi il collo un attimo prima stretto fra le mie cosce, e a tentare di sussurrare qualcosa, nella mia direzione.

« Midda… Namile… Bontor… » scandì il mio nome, fortunatamente senza commettere errori nel ripeterlo, là dove sarebbe stato abbastanza spiacevole scoprire come anche quel pur semplice ed elementare dettaglio fosse stato traviato « Per i reati di clandestinità, parto abusivo d’armi, aggressione a mano armata, disturbo della quiete pubblica, atti osceni in luogo pubblico e, ultimi ma non meno importante, intralcio alla giustizia e aggressione a pubblico ufficiale; io, Pitra Zafral, accusatore legittimamente eletto dall’omni-governo di Loicare, confermo il suo stato di arresto e la rinvio a giudizio secondo i termini di legge. Sarà quindi una giuria di suoi pari a valutare le sue ragioni e la sua storia, qualunque essa sia. »

Nel mentre in cui Pitra Zafral, così come si era appena presentato, propose il più lungo e formale elenco di accuse che mi fossero mai state rivolte da parte di alcuno, sino a quel giorno; non potei evitare di notare come, nella sventura di quella spiacevole sequenza di sfortunate circostanze, avrei potuto considerarmi comunque particolarmente benvoluta dagli dei. Perché, anche ove lì mi sarei ritrovata posta sgradevolmente a confronto con un sistema giudiziario sicuramente severo, oltre che a me spiacevolmente alieno; ciò non di meno, in quelle premesse, esso non avrebbe potuto che risultare apparentemente equo, nel destinare addirittura a una corte di miei pari, qualunque cosa ciò avrebbe dovuto significare, un giudizio a mio riguardo; senza considerarsi, avventatamente e comodamente, qual implicitamente colpevole soltanto perché non ero stata in grado di stabilire dei buoni rapporti con quell’accusatore.
In fondo, avrebbe potuto andarmi peggio…

« Sia convocato quindi il concilio giudicante entro un ciclo a partire da oggi. » proseguì Pitra Zafral, alzandosi in piedi, con fare allora ipocritamente altero, soprattutto nel confronto con la ben misera dimostrazione di coraggio da lui appena proposta « E, fino ad allora, l’imputata sia tradotta presso il campo di lavoro delle miniere di idrargirio, dove attraverso il proprio impegno quotidiano potrà ripagare la sazietà di Loicare delle spese che dovranno essere sostenute per il suo mantenimento in carcere, come previsto dal nostro codice giuridico. »

… appunto. Peggio.

« Come…?! » esclamai, sgranando gli occhi con probabilmente minor contegno di quello che avrei avuto piacere a dimostrare anche in un momento come quello « Mi stai condannano a un anno di lavori forzati in attesa del processo? E’ follia! »
« Follia sarebbe che le spese per il suo mantenimento avessero a ricadere sul popolo di Loicare, signora. » dichiarò l’accusatore, storcendo le labbra verso il basso, con aria trasparentemente sdegnata in conseguenza a quanto da me appena suggerito « Comunque sia, se lo desidera, può anche decidere di rinunciare a un equo processo, riconoscendosi colpevole delle accuse a lei ascritte e patteggiando ora la pena. » suggerì, con lo stesso tono di chi, in quel frangente, intenzionato quasi a concedere un favore personale, in via del tutto eccezionale.
« … ossia? » domandai, senza particolare convinzione.
« Millecinquecento crediti di ammenda e un periodo di almeno un ciclo di reclusione, da scontare presso il campo di lavoro delle miniere di idrargirio. » puntualizzò, in quella che avrei potuto prendere quale una battuta di spirito se solo la sua espressione seria non avesse drammaticamente escluso simile possibilità.
« Cosa….?! » esclamai di nuovo, sforzando di non ripetermi e, ciò non di meno, sgranando nuovamente gli occhi, per la sorpresa in tal modo riservatami « Quindi la scelta è fra spaccarmi per un anno la schiena in una miniera, per poi forse essere giudicata; e spaccarmi, comunque, per un anno la schiena in quella stessa miniera, per poi dover comunque pagare una multa di millecinquecento crediti…? »
« E’ inesatto… » mi corresse Pitra, per un istante illudendomi di aver frainteso qualche particolare sfumatura espressiva, magari complice l’impreciso traduttore automatico « I millecinquecento crediti dovranno essere versati prima del periodo di reclusione. In caso contrario, quest’ultimo di protrarrà di almeno altri due cicli, per compensare l’ammanco. »
« Chiedo venia per l’ingenuità. » chinai appena il capo, con aria falsamente penitente, cercando di soffocare nel sarcasmo una lunga serie di improperi che, probabilmente, avrebbero contribuito a estendere ulteriormente là già sin troppo variegata sequela di accuse a mio carico; salvo soggiungere, in un sospiro che volli mantenere praticamente inudibile « … Thyres. Ma dove diamine sono capitata?! »


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