11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 28 settembre 2013

2052


« Ehy… tutto bene?! » mi domandò Duva, non potendo fare lì a meno di notare la mia insistente reazione apparentemente nel merito di un tema sciocco qual quello di un lieve mal funzionamento nel traduttore automatico, intuendo, in ciò, come, certamente, non avesse a doversi considerare quello alla base della mia ormai evidente ansia.
« Sì… » annuii, titubante sul permettere al discorso di subire ancora una volta una deviazione, nel rischiare, in ciò, di trascurare già due temi precedentemente introdotti e, allora, persino quasi dimenticati, qual quello del suo rapporto con l’ex-marito e, ancora, quello dell’assurdità dell’idea di una qualche reazione di contrarietà all’idea del violento assassinio di uno stupratore psicopatico con manie di grandezza.
« Se non ti va di parlarne non c’è problema… » fece spallucce lei, forse temendo di aver insistito troppo in mia direzione e, per questo, accettando che la questione potesse avere a considerarsi lì conclusa, senza troppi altri giri di parole « Per inciso, la sveglia è alle cinque, il turno di lavoro dura fino alle ventidue, con un’ora di pausa pranzo alle tredici. » mi comunicò, facendo atto di tornare a stendersi sulla branda, scivolando al fianco di dove, ancora, ero seduta « Ti consiglio di approfittare della tua ultima notte di riposo, finché ancora ne hai la possibilità. » suggerì, in parole simili a quelle che la coppia di secondini aveva giò reso proprie e pur, in ciò, scandite con tono meno arrogante, meno aggressivo e, necessariamente, più premuroso, più interessato al fatto che io, effettivamente, potessi godere di qualche ora di quiete prima della tempesta.

Malgrado tale premura, però, non avrebbe dovuto essere considerata mia intenzione quella di riposare.
Non nell’immediato. Non prima di aver chiarito con lei il perché della mia esitazione. E, di certo, non prima di aver posto alla prova quel mio nuovo arto destro, quasi dimenticato qual presente al mio fianco dopo ormai troppo tempo nel corso del quale non avevo più potuto godere della compagnia di una protesi in sostituzione al mio ormai dimenticato braccio originale.
Così, scuotendo il capo, mi rialzai dalla sua branda, nel non volerle comunque imporre occasione di fastidio, e feci un altro paio di passi lungo lo stretto spazio offertoci all’interno della cella, prima di riprendere voce verso di lei, dopo aver cercato le parole più opportune per introdurre l’argomento…

« Stavo pensando al mio compagno… » ammisi, optando ancora una volta per la via della franchezza, nel concedermi, nel contempo di tali parole, un lieve sorriso che risultò, probabilmente, quasi nostalgico « A Loicare non sono arrivata sola. E se, in grazia agli dei, egli è riuscito a cavarsela meglio di me con l’accusatore, purtroppo non posso che sentirmi responsabile per aver agito così come ho agito, finendo per lasciarlo solo su un pianeta a entrambi completamente sconosciuto. »

Duva ascoltò con laconico interesse le mie parole, tornando a rivolgermi il proprio sguardo d’oro, pur restando ancora sdraiata sulla branda, in quella che, nel considerare il turno di lavoro appena espostomi, non potei evitare di considerare sincera necessità di riposo da parte sua. E, ricambiando il suo sguardo con i miei occhi color ghiaccio, mi concessi di restare in estemporanea attesa di una sua qualche replica, di un qualche suo commento a margine di ciò, non potendo in alcun modo ipotizzare in che misura avrebbe apprezzato confrontarsi con tale informazione.
La presenza di Be’Sihl al mio fianco, non in senso materiale in quello specifico frangente, ovvio, avrebbe dovuto essere infatti considerata la riprova di quanto da me sempre sostenuto, nell’impredicibilità di un fato mai scritto, di un destino mai preordinato sin da prima della nascita di un individuo. Perché, Be’Sihl, che pur avevo personalmente desiderato condurre insieme a me in quella che, probabilmente, un giorno potrà essere ricordata quale la più incredibile, o la più assurda, fra tutte le mie avventure, fra tutti i miei viaggi; non avrebbe dovuto essermi vicino in quell’impresa, in quella missione, in quel mio peregrinare fra le stelle: non, quantomeno, secondo l’illuminata opinione degli onniscienti scettri del faraone, che, all’interno dei miei sogni, lo avevano collocato a un’infinita distanza da me, al sicuro sul nostro pianeta natale. In ciò, pertanto, non mi sarebbe potuta essere concessa, in quel momento, alcuna pregressa consapevolezza nel merito di quale rapporto avrebbe mai potuto instaurarsi fra il mio amato e colei che già consideravo poter essere la migliore amica che mai avrei potuto sperare di trovare in quel fin troppo ampio universo; né, tantomeno, qualunque indizio utile a presupporre quale possibile fattore di disturbo avrebbe potuto rappresentare quella variazione rispetto al futuro da me, un tempo, sognato.
Credo che a tutti, prima o poi, sia capitato di vivere la propria quotidianità su due, o più, fronti fra loro particolarmente diversi, totalmente separati, tali da non prevedere fra essi possibilità d’incontro e, in ciò, tali da prevedere, altresì, l’instaurarsi di rapporti egualmente importanti seppur fra loro del tutto estranei, del tutto privi di momenti in comune, quasi appartenessero a realtà fra loro addirittura aliene. E credo che per tutti, prima o poi, sia giunto il momento in cui queste realtà siano inaspettatamente giunte a una collisione, in un intersecarsi necessariamente temuto e pur, alfine, purtroppo ineluttabile, inevitabile, improcrastinabile: un incontro fra aspetti diversi della propria vita, della propria quotidianità, fra persone egualmente importanti del proprio presente e, speranzosamente, del proprio avvenire, che non può evitare di apparire simile a uno spiacevole azzardo, a una scommessa dall’esito incerto. Perché se, nel migliore dei casi, tali mondi estranei potrebbero trovare, nel proprio comune punto di intersezione rappresentato da quell’unica persona in comune, una possibilità di quieta integrazione; nel peggiore dei casi, l’incompatibilità fra simili realtà potrebbe risultar tale da spingere in favore di una scelta netta, radicale, tale da veder drammaticamente esclusa una delle due parti in favore dell’altra.
… non so se sono riuscita a esporre il concetto in termini sufficientemente espliciti. Ma, ormai mi conoscerete, benché abbia avuto anche io i miei momenti di gloria, non sono, fondamentalmente, una gran oratrice. Anzi.
A prescindere dalla filosofia di cui sopra, nell’aver deciso di condurre con me Be’Sihl in quell’avventura al di fuori dei limiti del nostro mondo, pertanto, avevo creato l’occasione utile a permettere a quell’uomo del mio passato, con il quale pur desideravo condividere anche il mio futuro, di entrare in contatto con una parte del mio futuro, lì divenuto presente, con la quale non avrebbe dovuto avere nulla a che fare. E quanto avrebbe potuto occorrere in conseguenza a tutto ciò, purtroppo, non sarebbe stato in alcun modo scontato.

« Immagino che il fatto di essere stata condannata ai lavori forzati, non ti stia aiutando a essere serena a tal riguardo... » ipotizzò, con tono necessariamente retorico, storcendo appena le labbra verso il basso per esprimere solidarietà nei miei confronti, probabilmente più per cortesia che per un qualche ancor prematuro sentimento di amicizia « Comunque, per quello che può valere, Loicare non è proprio il peggiore dei mondi nei quali giungere per la prima volta. » si strinse nelle spalle, a minimizzare la possibilità di rischio riservata al mio amato « Non è un mondo dei sistemi centrali ma, da qualche secolo a questa parte, non è più neppure un pianeta periferico. Non nel senso stretto del termine. » soggiunse, per concedermi maggior dettaglio nel merito della precedente affermazione « Da quando sono state individuate, qui sulle lune di Kritone, questi giacimenti di idrargirio, ogni debito prima contratto è stato saldato e l’omni-governo è riuscito a conquistare una certa autonomia, accanto alla quale ha anche voluto imporsi occasione utile per crescere in rispettabilità e autorevolezza. »
« … mmm… » commentai, seguendo quel discorso con molta più semplicità rispetto ai precedenti, non mancando nel mio mondo esempi paragonabili a quanto lì occorso su scala leggermente maggiore « Inizio a comprendere la severità del sistema legale locale, allora… »
« Esattamente. » annuì, confermando la correttezza della mia intuizione e del verso nella quale si era sviluppata « Per nostra sfortuna, aggiungerei. » sorrise, strizzando l’occhio sinistro con fare complice verso di me, prima di sollevare ambo le braccia a ricongiungere le mani dietro la nuca, per poter, in tal modo, cercare occasione di riposo.



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