11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 10 dicembre 2013

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Una delle prime parole da me non soltanto non comprese, ma neppur effettivamente ascoltate, in conseguenza a uno spiacevole filtro censorio a opera del traduttore automatico, in quanto prima di qualunque possibilità di immediato riadattamento nella mia lingua natale, scoprii essere, solo dopo qualche tempo, “cinema”. Una parola offerente riferimento, per quanto non immediato fu per me apprezzarlo, a una strana tecnologia utile a tenere traccia delle immagini e dei suoni esattamente così come una pagina scritta sa tenerla delle parole e, in ciò, capace di riproporre una determinata sequenza di eventi innanzi agli occhi degli spettatori come soltanto sul palco di un teatro ci si potrebbe attendere di seguire, senza, tuttavia, pretendere la presenza di alcun attore intento a recitare innanzi al proprio sguardo. Tale tecnologia, sempre come ebbi soltanto successivamente modo di verificare personalmente, è comunemente impiegata non soltanto al fine di riportare testimonianza visiva di eventi realmente occorsi, restituendo anche agli occhi di chi non presente in un particolare luogo, in un particolare momento, trasparenza di cosa accaduto e di come, ciò, sia accaduto; ma anche per scopi di mero intrattenimento, né più, né meno, come in fondo, nel mio mondo, è solito avvenire per mezzo di cantori, bardi e teatranti. Anzi. A enfatizzare quanto, al di là del mezzo, sussista in tutto e per tutto un indubbio parallelismo, ho scoperto persino esistere, in questi spettacoli per ipotetica ragione d’intrattenimento, anche la ricostruzione, più o meno fedele, di avvenimenti storici, non con immagini e suoni tratti in tempo reale, quanto e piuttosto con delle libere reinterpretazioni a opera di attori e attrici, impegnati a condividere la propria visione degli eventi, giusta o sbagliata che essa sia e, ancora, fedele o eccessivamente enfatizzata degli stessi, come, né più, né meno, ai miei tempi... e dagli, non hanno mai mancato di operare cantori, bardi e teatranti, talvolta spingendosi a stravolgere in termini paradossali la verità dei fatti in misura tale da renderla, addirittura, irriconoscibile.
Nel confronto con tale contesto, con simile frangente a contorno, nel giorno in cui qualche bardo, oppure qualche cinema, vorrà mai riportare cronaca degli eventi che io stessa, in prima persona, sto qui citando, probabilmente potrà trovare più interessare arricchire le dinamiche da me descritte con nuovi, entusiasmanti particolari, tali da, presumibilmente, meglio soddisfare le aspettative di possibili ascoltatori o spettatori e, ciò non di meno, da tradire la verità dei fatti per come occorsi. Perché, probabilmente, nel confronto con l’esigenza del momento, e con le intenzioni dell’autore, la conclusione di quel mio volo potrebbe essere trasposta con uno straordinario recupero da parte della stessa Kasta Hamina, lì sopraggiunta al posto giusto nel momento perfetto. Oppure con un tanto fortuito incontro fra la sottoscritta e un qualche veicolo a lievitazione magnetica, di passaggio in quel momento e sul quale, nel migliore dei casi, potrei atterrare in un gesto persino elegante, o contro al quale, nel peggiore degli sviluppi, in misura tale da apparire addirittura grottescamente divertente, potrei dolorosamente scontrarmi, magari e nuovamente rimbalzando altrove, e ancora oltre, sino ad arrivare al suolo acciaccata, sicuramente, e pur viva. Oppure, e ancora, in decine di altre, diverse, dinamiche, comprendenti persino e assurdamente un qualche incredibile intervento a opera di una qualche tecnologica risorsa da me sino a ora non ancora citata, un marchingegno nascosto, magari, nella mia cintola, se non, persino, all’interno della mia protesi cromata, e allora volto a garantirmi la possibilità di godere della meraviglia propria di una nuova alba, evento che mai, da me, sarebbe stato considerato qual banalmente scontato nella propria occorrenza.
Al di là di quanto, comunque, si potrà mai raccontare attorno a questi eventi, resta mia ferma convinzione come, difficilmente, la sconvolgente essenza della realtà potrà mai essere superata dalla fantasia, in un limite probabilmente intrinseco nell’umanità stessa che, in quanto creazione e, non di certo, Creatrice, potrà mai essere in grado di offrire un apporto fondamentalmente originale, qual pur, e altrimenti, sanno addurlo gli stessi dei, nel fantasticare attorno alle nostre vite in quanto, a posteriori, noi siamo abituati a considerare semplice quotidianità. Trascendendo, ciò non di meno, eventuali discorsi di ordine teologico, atti a ipotizzare la nostra vita qual il sogno del dio o della dea nostri Creatori, mi sento confidente a poter escludere, in maniera sufficientemente arrogante, quanto ciò che mi accadde non potrebbe mai essere frainteso qual un mero espediente narrativo, in quanto, obiettivamente, estraneo a tutto ciò che avrebbe potuto essere partorito dal fantasia mortale, per quanto raffinata, per quanto abituata a sforzarsi di ideare sempre sviluppi nuovi, sempre scenari più complicati e più particolari,
Poi, per carità, non è mia presunzione quella di attingere, ora, all’intero scibile umano, passato, presente e futuro, in misura tale da poter avvalorare al di là di ogni pur legittimo dubbio queste mie parole…

« … oh… diamine!… »

Con tali parole, mi ritrovai a precipitare verso il basso, in un volo che, obiettivamente, avrebbe potuto essere percepito qual eterno e che, altresì, avrebbe dovuto essere compreso qual praticamente subitaneo, e, in ciò, immediata espressione della sentenza di morte in tal maniera espressa a mio discapito. Tuttavia, in grazia a quello stesso spirito di autoconservazione che già, poc’anzi, mi aveva permesso di sopravvivere al colpo sonico, arrivando a divellere una pesante porta di metallo dalla propria sede naturale al solo fine di usarla come scudo; ancora una volta mi impegnai ad agire, e ad agire prima che potesse essere troppo tardi per farlo, in tal senso sospinta da quella medesima lucida inconsapevolezza, costringendo il mio intero corpo a ruotare su se stesso, per condurre la medesima porta che già, una volta, mi aveva salvato la vita, sotto di me, sotto il mio corpo, lì ancora schierata qual scudo, e scudo mantenuto a distanza di sicurezza dalle mie membra e dalle mie ossa per effetto del mio unico arto privo di ossa, privo di membra, nella speranza che si dimostrasse capace di compiere un nuovo, piccolo miracolo, in contrasto a ogni critica prima rivoltagli in quell’ingiustamente critico intervento a opera di Iori Sachs.
Avrebbe dovuto essere considerata qual mia una qualche consapevolezza nel merito della possibilità di successo di tale mia azzardata scelta, volta a concedermi una qualche possibilità di sopravvivenza? Avrebbe dovuto essere considerato qual da me compiuto un calcolo volto a verificare se, a partire dalla mia massa, dall’accelerazione del mio corpo nell’approssimarsi a terra, nonché da tutte le leggi fisiche da me fondamentalmente ignorate e pur presenti a regolare tutto ciò, il mio arto destro, con i suoi servomotori, con la sua straordinaria fonte di energia basata sull’idrargirio e, ancora, con la sua solidità, si sarebbe dimostrato in grado non soltanto di reggere il colpo ma, ancor più, di assorbirlo, in maniera tale da permettere al resto del mio corpo di non riportare danno alcuno? O, piuttosto, tutto quello avrebbe avuto a doversi riconoscere qual il folle gesto di una persona incredibilmente ignorante e intenta, in ciò, a cercare affidamento in maniera persino infantile al proprio nuovo giuoco nella speranza di non aver sbagliato nella propria valutazione, nelle proprie istintive, e per nulla razionali, scelte tattiche?!
Mi duole ammetterlo ma, in quel momento, io avrei dovuto considerarmi qual in tutto e per tutto inclusa all’interno della definizione propria dell’”O, piuttosto…”, non potendo vantare, obiettivamente, la benché minima consapevolezza, o, anche e soltanto, presunzione, nell’ipotizzare la riuscita di una strategia tanto improvvisata quanto azzardata, e la sola, semplice, riuscita avrebbe avuto a doverla vedere riconosciuta qual, piuttosto, riprova dell’esistenza degli dei, e di almeno una divinità intenta a volgere il proprio sguardo misericordioso costantemente in mia direzione, qual solo mai avrebbe altrimenti concesso a tutto ciò di riuscire, e di riuscire realmente così come, pur, lì sarebbe in tal senso acceduto. Nel pormi, tuttavia, più che abituata a non ricevere esplicito soccorso da parte della mia dea prediletta, che da me pur mai sarebbe stata disconosciuta nel proprio valore, nella propria importanza all’interno della mia esistenza, così come anche dimostrato concretamente nel porla costantemente al centro della medesima, fosse anche, e soltanto, per mezzo di ogni mia imprecazione; allora non avrei potuto fare altro che proseguire nel cammino che pur, sino a quel momento, mi aveva garantito una qualche speranza di salvezza, su di me, e soltanto su di me, accentrando ogni scommessa, ogni attenzione, ogni variabile, ogni sforzo, per compiere, indomitamente e, se necessario, persino follemente, quanto ero convinta sarebbe stato necessario compiere.

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