11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
il Diario - l'Arte

News & Comunicazioni

E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 31 dicembre 2013

2146


Ma laddove per Desmair, tale potere, avrebbe avuto a doversi considerare espressione di un effettivo e mistico predominio negromantico su tali, disgraziate creature, ombre di uomini e donne che un tempo furono prima di essere, in tal misura, da lui maledetti; quale oscuro segreto avrebbe mai potuto giustificare l’influenza che, parallelamente, Milah era in grado di esercitare sui propri servi? E, ancora, quale oscuro segreto avrebbe mai potuto giustificare il più completo distacco psicologico da lei impostosi nei miei confronti, e come me, sicuramente, nei confronti di chiunque, prima di me, si fosse ritrovato rinchiuso all’interno di quella stessa stanza, convocato coercitivamente al suo cospetto per soddisfarne qualunque desiderio, qualunque volontà, a seconda dell’occasione e del momento?!
Ove, però, la risposta a simili domande avrebbe avuto a doversi considerare più prossima alla soddisfazione di una curiosità ancor prima che all’effettiva individuazione di una risorsa per me utile ad agire, e ad agire alla volta di una mia liberazione dai vincoli entro i quali mi ponevo allora costretta; l’esser riuscita a caratterizzare, o, quantomeno, a ipotizzare di caratterizzare, il mio anfitrione sotto una luce non dissimile da quella nella quale, ormai da anni, avevo imparato, mio malgrado, a conoscere il mostro che avrebbe potuto fregiarsi del titolo di mio sposo, mi avrebbe potuto concedere, ancora, un barlume di speranza in sua opposizione, a suo discapito. Giacché, in tal senso, per contrastare quella donna sarebbe stato allor sufficiente agire esattamente come mi ero concesso occasione di agire allor scopo di contrastare l’ego smisurato di mio marito, sfruttandolo e suo stesso svantaggio, a sua stessa condanna.
Ovviamente, per procedere in tal senso, avrei dovuto dimostrarmi capace di attendere il momento giusto e, con esso, la migliore possibilità per tradurre quell’idea in opera e quell’opera in una vittoria per me e per la mia causa. E, fra tutti, il momento giusto sarebbe necessariamente dovuto essere riconosciuto quello in cui, dalla mia, avrei potuto ancor vantare sufficiente lucidità per pensare, e sufficiente controllo e adeguata coordinazione per muovermi, non traballante vittima della foga distruttiva dei miei carnefici, qual, mio malgrado, mi ritrovavo a essere nell’ampia maggioranza dei casi in cui Milah valutava più opportuno raggiungermi, per rivolgermi le proprie domande e, in ciò, pretendere una risposta. Nella prospettiva di trovarmi già sufficientemente piegata, e speranzosamente collaborativa nei propri riguardi, difficilmente la mia ospite prendeva parte alla quotidiana apertura dei giuochi, preferendo lasciar i propri collaboratori liberi di porre in essere le proprie indicazioni senza alcuna supervisione e, in ciò, limitandosi ad attendere un messaggio in grazia al quale essere informata del termine dei lavori a mio discapito, frangente da lei ritenuto più opportuno, più adeguato, per passare a offrirmi il proprio quotidiano omaggio, il proprio irrispettoso saluto, osservandomi precipitare sempre sulla soglia dell’oltretomba salvo, all’ultimo, comandare il mio recupero, il mio soccorso e, ancor più, il mio ripristino… il ripristino del mio corpo e della sua operatività così come, comunque, indispensabile sarebbe stato ai suoi scopi, per l’attuazione del suo piano volto a ripetere quella pratica potenzialmente sino alla fine dei propri giorni.
Nell’attesa di tale momento, di simile traguardo, pertanto, mi premurai di alimentare la mia determinazione, la mia tenacia e, con esse, la mia salute mentale e il mio equilibrio psicologico, con il pensiero di tutti i modi in cui, a tempo debito, mi sarei potuta riservare l’opportunità di ricambiare il favore a discapito della stessa giovane sadica allora così votatasi a ottenere da me quanto ricercato e, sino ad allora e, speranzosamente per sempre, almeno da parte mia, non ancora ottenuto. Poiché, se pur non avrei desiderato potermi promuovere qual una persona crudele e sanguinaria, non avrei neppure potuto essere sì ipocrita da negare di credere nel valore della vendetta, soprattutto ove, soltanto in sua grazia, avrebbe potuto essermi concessa occasione di soddisfazione, di appagamento, in risposta a tutti gli orrori che, mio malgrado, ero stata allora costretta a subire sulla mia stessa pelle, sulla mia stessa carne, più e più volte letteralmente macellata negli esperimenti da Milah promossi e ordinati. E se pur, come già detto e ripetuto, non sarei in grado di definire quante volte fui pressoché uccisa e successivamente resuscitata, in quell’incubo assurdo, quanto avrei invece ben potuto definire, e ancora sono in grado di citare, sarebbe stato il numero di modi in cui contemplai di porre in essere la mia vendetta, secondo dinamiche che, se pur all’inizio mi volli illudere avrebbero potuto sorprendere la mia desiderata preda e allor, soltanto, predatrice, fu questione di poco e mi ritrovai pressoché certa non avrebbero avuto comunque nulla da insegnarle. Nulla, quantomeno, al di fuori del dolore.
Prima di poter avere occasione di ritrovarmi a confronto con lei, quindi, dovetti aspettare di elaborare ben centoventisette diverse alternative per dare corpo alla mia vendetta. Centoventisette diversi modi per seviziarla, scuoiarla, smembrarla, eviscerarla, farla a pezzi e ancor molto altro, in un elenco così ricco e variegato che, obiettivamente, ella avrebbe avuto già sufficiente ragione d’orgoglio da vantare, soprattutto nella consapevolezza di come, prima di allora, alcun altro mio antagonista, non la mia gemella, non il mio sposo, si fossero guadagnati così tanto letale interesse da parte mia, così tanto mortale impegno da parte della mia mente in direzione della loro morte e della loro morte nei modi e nei termini più atroci possibili. Centoventisette diversi modi per ottenere la mia riscossa nei suoi confronti che, nel considerare una media di circa tre diverse alternative elaborate nel corso di ogni mio periodo di riposo, fra una tortura e l’altra, avrebbero potuto stimare il totale dei miei decessi, o quasi, nell’ordine della quarantina o, addirittura, della cinquantina. Insomma… una quota comunque sufficientemente elevata, in un arco di tempo che non avrebbe potuto essere valutato inferiore al mese, nel confronto con l’evidenza della quale, anch’ella, alla fine, si riservò l’opportunità di spingersi a offrirmi un sincero tributo d’onore, arrivando forse e persino a riconoscersi una certa, assurda possibilità di stima nei riguardi della resistenza che avevo dimostrato e che, ancora, stavo dimostrando, verso di lei e verso la sua pur incontrastabile volontà.

« Salute a te, mia cara… » esordì, concedendomi una ragionevole possibilità di sorpresa nell’avanzare anche lei all’interno della stanza insieme a coloro che ne avrebbero dovuto attuare le crudeli volontà, e, in ciò, alterando quell’apparentemente immutabile rito nel confronto con il quale avrei dovuto iniziare, obiettivamente, a temere la totale inapplicabilità del mio piano, della mia strategia per così come concordata con la mia stessa testa, con il mio semplice intelletto « Spero che tu abbia riposato adeguatamente e che, in ciò, ti possa considerare pronta a ricominciare, ancora una volta, tutto da capo. » proseguì, risultando in tale asserzione qual priva di ogni falsità ad animarne la voce, a contraddistinguerne l’incedere, dal momento in cui, obiettivamente, non avrebbe avuto ragione di sperare null’altro al di fuori di quello e del fatto che, in tutto ciò, io avrei avuto nuova e migliore occasione per soffrire « Stavo riflettendo sul fatto che, ormai, inizia a essere parecchio tempo che tu dimori in questa casa… inizi quasi a essere una di famiglia, al punto tale che, sinceramente, potrebbe anche dispiacermi separarmi da te e rinunciare, in ciò, a questi nostri appuntamenti quotidiani, a queste nostre corroboranti occasioni di confronto. Non che tu, sino a oggi, ti sia in verità sforzata di parlare parecchio. Al contrario… »

Silenzio.
Allor da parte mia. Nella volontà di non concederle, innanzitutto, occasione di comprendere quanto, dietro a una replica eccessivamente affrettata, avrebbe anche potuto celarsi, da parte mia, qualche spiacevole volontà, qualche negativo interesse nei suoi riguardi, così come, effettivamente, si avrebbe dovuto riconoscere qual fortemente presente nel mio cuore, nella mia mente e nel mio animo, non dissimile da un marchio a fuoco, tanto il dolore che, in conseguenza a simile impronta, mi era stato riservato e che, ancora, mi avrebbe accompagnato a lungo, ricordandomi di impormi sufficiente prudenza per non vanificare quella rara occasione. E silenzio, anche e ancora, nella necessità di soppesare adeguatamente ognuna delle parole da lei pronunciate e, in esse valutare quanto, ancora, la tattica che pur a lungo avevo accarezzato, avevo contemplato nell’intimità dei miei pensieri e delle mie fantasie, avesse a doversi considerare idonea a quel contesto e agli sviluppi che, da esso, avrebbero potuto derivare.

Nessun commento: