11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 18 dicembre 2013

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« Piacevole. » sorrisi, quindi e a mia volta, scuotendo appena il capo con incedere, allora, persino divertito, nell’ammettere implicitamente di averle lasciato, inconsapevolmente, la possibilità di dirigere le danze e, in ciò, di giungere alla mia identificazione senza colpo ferire « Indubbiamente piacevole. »

Probabilmente l’idea di essere ricercata dalla giustizia di Loicare, così come di essere braccata da un gruppo non meglio identificato di mercenari oltremodo ben armati e decisi a portare a casa la mia pelle come trofeo, avrebbe dovuto  vedermi accogliere con maggiore preoccupazione rispetto a quanto allora non mi concessi di provare l’idea di essere stata lì in tal modo riconosciuta da quella prostituta, in maniera tale, in effetti, da spingermi persino a ipotizzare una qualche azione di forza a discapito della medesima per tentare di imporle il silenzio attraverso un’efficace minaccia o un’ancor più efficace, e risolutiva, azione aggressiva. Ciò non di meno, nel confrontarmi con il mio passato, e non di certo con il mio passato più recente, la condizione in tal modo appena descritta, la situazione così delineata, non avrebbe potuto in alcun modo, in alcuna misura, considerarsi qual fondamentalmente nuova, inedita per me, vedendomi, al contrario e mio malgrado, più che abituata all’idea di essere considerata una criminale e, se non qual tale, per lo meno qual ambita avversaria, essere braccata da chi desideroso di associare il proprio nome alla mia sconfitta e, con essa, alla mia uccisione, meglio ancora se in termini sufficientemente feroci da alimentare con maggior risoluzione, con maggior enfasi, il mito della mia sconfitta, l’idea della mia decaduta.
Dopo aver trascorso, in tutto ciò, ben vent’anni della mia esistenza a metà fra una situazione di pubblica condanna, e alla condanna, addirittura, per colpe che non avrebbero dovuto essermi attribuite, quali reati per pirateria dei quali, al contrario, si era resa colpevole la mia gemella; e una situazione di indiscussa notorietà, che in un ambiente qual il mio non avrebbe potuto evitare di coincidere, mio malgrado, anche con una serie di spiacevoli, e sovente persino noiosi, e pur sempre obbligati, scontri utili a difendere la propria fama, la propria nomea; il rischio lì apparentemente propostomi da quella situazione, da quel contesto e, soprattutto, dall’intero scenario a contorno, non avrebbe potuto in alcun modo aversi a considerare per me inedito o, men che meno, potenzialmente preoccupante, fonte di eventuale, o possibile, ansia. Al contrario. Entro una certa misura, sotto un determinato punto di vista, tutto ciò avrebbe persino potuto essere considerato qual piacevole, come un apprezzabile ritorno a una situazione nota, a qualcosa di conosciuto, di familiare e, in quanto tale, persino e paradossalmente rassicurante. Una rassicurazione che, se pur forse folle, non avrebbe potuto essere che da me indubbiamente e sicuramente giudicata qual gradevole, e gradita, soprattutto nel confronto con un’impietosa analisi di quanto altresì avversa avrebbe avuto a doversi considerare ogni mia altra condizione, a partire dallo smarrimento del mio amato Be’Sihl, per giungere, qual duplice nota a completamento di una malinconica sinfonia, alla non più apprezzabile perdita, pur soltanto estemporanea, di Duva e Lys’sh, ovunque esse fossero finite.
Poter, quindi, ritrovarmi a confronto con situazioni note, con contesti conosciuti e apprezzati, e, non meno importante, una parvenza di inalterata quotidianità, soprattutto nel confronto con quanto avrei avuto a dover considerare per me tranquilla esistenza, serena esperienza di vita nel confronto con la quale non avrei potuto riservarmi esitazione alcuna, anche in quella realtà tanto aliena, sconosciuta e avversa, non avrebbe mai avuto a doversi banalizzare qual una mera scocciatura, un comune imprevisto, non nella possibilità di sentirmi comunque, e insolitamente, a mio agio con qualcosa. E con qualcosa che, a ragione o a torto, volevo illudermi di poter essere in grado, in tutto ciò, di gestire, non semplice vittima delle circostanze ma, piacevolmente, padrona delle stesse.
Con il cuore incredibilmente leggero, pertanto, ebbi ragione di allontanarmi da quella mia estemporanea interlocutrice, da quella mia improvvisata, e limitata, compagna di viaggio, che nella mia vita aveva avuto occasione di accompagnarmi soltanto per un tragitto incredibilmente breve, tanto da non risultar neppure importante domandarle, in effetti, con quale nome avrei mai potuto appellarmi a lei benché ella, come già chiarito, avesse avuto evidente occasione di maturare confidenza con il mio. E con il cuore incredibilmente leggero, ai limiti dell’incoscienza, ebbi occasione di indirizzarmi alla volta della mia prima tappa, votando, fra il bracciare e la spada, di concentrare, sin da subito, ogni energia, ogni sforzo, nel recupero della mia arma prediletta, in una scelta non volta a screditare l’importanza del dono offertomi dal mio caro locandiere in difesa delle visioni del mio immortale, ed empio, sposo; quanto e piuttosto a evidenziare, indirettamente, la mia brama di ovviare a una qualche, allor spiacevole e non desiderata esclusione dello stesso Desmair dalla mia esistenza, la cui sgradita immagine ancora attendevo, impaziente, di poter cogliere da un istante all’altro innanzi a me, desiderosa, per suo tramite, di poter riuscire a ricongiungermi all’adorato Be’Sihl.
Fu in questo modo che, ancora ricorrendo al treno sotterraneo, e a una treno necessariamente diverso da quello che avevo preso in compagnia di Duva e Lys’sh, quasi a dimostrazione del mio impegno in favore dell’apertura a nuove soluzioni, a nuove e inesplorate vie utili ad approcciarsi alla soluzione di un problema, raggiunsi una zona periferica della città, là dove era… ed è tutt’ora, in effetti, sito il complesso di custodia giudiziaria di tutte le armi sequestrate in nome dell’omni-governo di Loicare in quella specifica giurisdizione.

Parentesi.
Con volontaria ambiguità, in questo mio secondo resoconto delle mie esperienze al di là dei confini propri del mio mondo, sto ovviando a definire una qualche categoria di appartenenza canonica per i miei passivi lettori, per coloro che, di questa testimonianza, si ritroveranno a essere, forse, un giorno, lettori o ascoltatori. Un’ambiguità, quella nella quale sto, forse e persino, cercando giustificazione per concedermi una certa imprecisione espressiva, tanto nella definizione delle tecnologie, quanto nella descrizione dei contesti, che non vuol derivare, in effetti, da un intento malizioso da parte della sottoscritta, quanto e piuttosto da un’effettiva difficoltà nel merito dello sforzo di dettaglio che, altresì, mi sarebbe richiesto ove potesse essere mia prerogativa, mia volontà, quella di definire, con precisione, ogni particolare nel merito del quale, ora, mi sto concedendo possibilità di soprassedere in maniera superficiale. Questo, ovviamente, senza considerare quanto, io per prima, non sarei in grado di scendere nel dettaglio di tutte le spiegazioni utili a comprendere il funzionamento della maggior parte delle dinamiche con le quali, dalla partenza dal mio mondo, ho avuto occasione di confronto; relazionandomi con esse da semplice e, sovente, ignorante utente, incapace di apprezzare l’eleganza caratteristica di una sfumatura allorché di un’altra.
Mi si abbia a perdonare, pertanto, se da un lato, nell’approccio talvolta ingenuo alla descrizione di questi concetti che, per me, all’epoca furono assolutamente nuovi e, persino, sconvolgenti, soprassiedo a quelle che potrebbero essere pretese quali necessarie definizioni di dettaglio nel merito di un po’ ogni cosa; mentre dall’altro, pur non sforzandomi di descrivere con lodevole precisione tecnica la differenza fra un’arma sonica e una al plasma, o un’arma al plasma e una laser, mi permetto di approcciare al concetto di metropolitana con così tanta esitazione, quasi, più di ogni altro, esso abbia a doversi considerare innovativo e sconvolgente nel confronto con i miei canoni di giudizio. Perché, benché comprenda come, così facendo, io mi spinga, semplicemente, a sfidare l’attenzione di eventuali lettori o ascoltatori, dubito sarei in grado di reggere in maniera adeguata l’una o l’altra, più estrema e definita, posizione: tanto per mera incapacità a rapportarmi con non posseduta confidenza a ogni novità di questa, per me nuova, realtà; così come per altrettanta incapacità a comporre quello che dovrebbe essere, altresì, un compendio tecnologico a comprensione di tutto quello che, altrimenti, avrei a dover descrivere… nonché a un fondamentale disinteresse a tal fine.
Perché, proprio ora, questa parentesi?
Perché, proprio ora, non desidero negarmi possibilità di evidenziare la mia reazione di sincera e attonita sorpresa nel confronto con l’intero complesso con il quale, nel seguire le indicazioni ricevute dalla mia informatrice, ebbi a pormi a confronto. Qualcosa che, ancor prima che un semplice edificio, in un diverso contesto, in un altro momento, nel mio mondo, avrei probabilmente descritto qual un’intera città…

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