11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 13 aprile 2019

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Lasciato il campo visivo dell’amica, Rula iniziò a correre, e iniziò a correre allo scopo di compiere un rapido giro dell’isolato, a maturare confidenza con la situazione per così come presentatale.
Per capire, infatti, in quale maniera sarebbe stato opportuno intervenire, per prima cosa, avrebbe avuto a dover intendere la situazione corrente, e, in particolare, le possibili vie di accesso a quel vicolo a esclusione, ovviamente, della più banale e diretta, e dell’unica lungo la quale non si sarebbe potuta concedere occasione di avventurarsi. E per quanto la vita a bordo di una piccola nave stellare, come la Kasta Hamina, avrebbe potuto far presumere, da parte sua, a una scarsa preparazione fisica, e, soprattutto, a una scarsa dimestichezza con la corsa, chiunque l’avesse pensata in tal modo avrebbe avuto chiaramente a palesare un’evidente ignoranza nel merito delle navi mercantili e, in particolare, di una nave mercantile di classe libellula, qual la loro: se pur, infatti, la nave in sé, nel suo corpo centrale, non avrebbe avuto a doversi fraintendere di eccezionali dimensioni, risultando, in effetti, già decisamente affollata nella propria attuale composizione di equipaggio, e di un equipaggio formato da dieci adulti e due bambini; la dimensione ridotta della nave avrebbe avuto a doversi ritrovare addirittura decuplicata, nella propria estensione, dalla presenza della lunga coda di container a essa connessi, a definire l’effettiva possibilità di trasporto del loro carico… una lunga, lunghissima coda attraverso la quale, pertanto, sarebbe stato loro offerto tutto lo spazio utile a muoversi, a correre, e a correre per più di un miglio prima di essere costretti a voltarsi e a fare ritorno, in termini tali per cui, addirittura, avrebbe avuto a doversi considerare persino eccessivo. E durante lunghi, lunghissimi viaggi interstellari, per i membri di un equipaggio, quasi ineluttabile sarebbe stato ritrovarsi a ingannare il tempo impegnandosi in un po’ di sana attività fisica attraverso l’intera estensione della nave, unendo, in ciò, l’utile al dilettevole e, in particolare, l’utile derivante da un quieto controllo dell’integrità del carico al dilettevole conseguente alla possibilità di fare qualcosa di diverso dal restare quietamente seduti a fissare dati di volo su qualche schermo.
Così, senza riservarsi particolare fatica, reale sforzo nell’impresa, Rula non impiegò più di una decina di minuti prima di circumnavigare metà dell’intero isolato, salvo, proprio malgrado, trovare conferma a quanto già facilmente presumibile, ossia l’inesistenza di uno sbocco alternativo a quello esistente sul fronte opposto, nella presenza, da quel lato, di un’altra, alta torre di vetro e di metallo leggermente sfasata nella propria collocazione fisica, e tale da non creare collegamento alcuno fra le due estremità. Ciò non di meno, anche laddove una via non aveva a doversi lì immediatamente rilevare, tutt’altro che sconfitta ella ebbe a doversi ritenere, nel comprendere quanto, allora, altro non avrebbe avuto a dover compiere se non crearla ella stessa e crearla, non a caso, proprio attraverso quel nuovo edificio, e quel nuovo edificio che, sebbene avesse a frapporsi fra lei e il proprio obiettivo, certamente avrebbe avuto a doversi riservare almeno un quieto spiraglio proprio su quel medesimo vicolo.
Senza esitazione, quindi, la giovane donna avanzò all’interno di quell’ambiente prima non soltanto inesplorato, ma addirittura inimmaginato nella propria stessa presenza, al solo scopo di spingersi, guidata dal proprio senso dell’orientamento, attraverso corridoi e stanze, in direzione del fronte opposto, e di quel fronte raggiunto il quale, allora, avrebbe potuto concedersi opportunità di adempiere al proprio compito. E tanta avrebbe avuto a doversi riconoscere la sicurezza del proprio avanzare, e tanta la sua innata eleganza e bellezza, che alcuno, lungo quel cammino, avrebbe mai ipotizzato di fermarla, fosse anche e soltanto per domandarle dove desiderasse andare: chiunque avrebbe avuto, ed ebbe, a incrociarla, e a incrociare quella fanciulla dalla carnagione olivastra, dai grandi occhi verde scuro, a tratti castani, contornati da lunghissime ciglia, da carnose labbra scure e da lunghi capelli neri e ricci, nonché dal fisico asciutto e slanciato, non avrebbe potuto porsi dubbi nel merito della correttezza della sua presenza entro quelle mura, quanto, e al più, interrogativi nel merito del suo nome, della sua identità, ma, soprattutto, della sua situazione sentimentale, del suo stato civile, nella bramosa speranza di potersi illudere di avere, con lei, una qualche possibilità di successo. Ovviamente, fra il pensiero e l’azione, la distanza avrebbe avuto a dover essere comunque considerata incolmabile, in termini tali per cui, allora, nessuno ebbe realmente a riservarsi una qualche possibilità di intervento al suo indirizzo… anzi: ella ebbe a passare innanzi agli sguardi di tutti veloce e sfuggevole quasi qual un effimero spettro, il miraggio proprio di un sogno al risveglio del quale difficile sarebbe stato credere avesse avuto veramente a occorrere, per quanto, da parte di ognuno, altro non vi sarebbe stato il desiderio che quella giovane donna fosse reale.
In tale esplorazione, pertanto, Rula ebbe a scoprire quanto i livelli inferiori dell’edificio, specie su quel fronte cieco, avrebbero avuto a doversi considerare adibiti pressoché a magazzini e parcheggi, magazzini e parcheggi, tuttavia, privi di qualunque sbocco sull’esterno, onde, probabilmente, minimizzare il rischio che, dall’esterno, qualcosa potesse entrare all’interno di quegli spazi, per saccheggiare, in maniera discreta e impunita, quanto lì presente. Così, allorché poter puntare a uno sbocco diretto, ella dovette prendere in esame l’idea di una soluzione meno semplice, e una soluzione qual quella propria di salire di almeno una quarantina di piedi rispetto al livello stradale, per lì avere possibilità di trovare una qualche finestra e, con essa, la possibilità di arrischiarsi in una pur non banale ridiscesa all’interno del vicolo, con la speranza, in tal senso, di non aver a essere individuata dai propri obiettivi, dai propri avversari, in quella che, altrimenti, avrebbe potuto scoprirsi qual una situazione tutt’altro che gradevole a gestirsi. Ultimo ostacolo, per lei, ebbe quindi a presentarsi la presenza di una porta chiusa, e della porta chiusa di un appartamento: una porta, tuttavia, innanzi alla quale non ebbe ad arrestarsi, decidendo, semplicemente, di dimostrare sufficiente faccia tosta da suonare il campanello, e suonare per avere a riservarsi la possibilità di attraversarla, con la prima scusa credibile sarebbe stata in grado di inventarsi...

« … sì? » domandò una voce femminile dall’interno dell’appartamento, e la voce di una donna probabilmente di una certa età, lì probabilmente intenta a osservarla attraverso lo spioncino e incerta nel comprendere chi potesse essere quella sconosciuta e cosa potesse desiderare da lei.
« Salve! » sorrise Rula, con sufficiente convinzione da dimostrarsi più che confidente delle proprie capacità in quel momento « Parlo con la signora… ehm… » temporeggiò, nel gettare una rapida occhiata alla targhetta accanto alla porta, all’altezza del campanello stesso « … la signora Corphra?! » continuò a sorridere, quieta nel proprio agire e interagire.
« … sì. Desidera…? » esitò l’altra, mantenendo ancora la porta chiusa, nel dimostrare una certa prudenza a confronto con una perfetta sconosciuta qual avrebbe avuto a doversi indicare quella giovane, pur graziosa e, in apparenza, di buone maniere.
« Salve… » si ripeté la donna, piegando appena il capo di lato « Mi chiamo Shoan Zaurr e lavoro per l’amministratore dell’edificio. » ebbe a presentarsi, sperando di risultare convincente in quel proprio ruolo, per quanto assolutamente improvvisato « Mi è stato chiesto di condurre una serie di verifiche sulla sicurezza delle imposte a questo livello: immagino che comprenda quanto la posizione del suo appartamento non sia propriamente favorita e, in questo, desidera essere nostra premura accertarci che non vi possano essere occasioni utili a malintenzionati per sorprenderla e aggredirla, a scopo di rapina. »
« Non ho ricevuto comunicazioni a tal riguardo… » contestò la signora Corphra, dimostrandosi, per sua fortuna, meno ingenua di quanto non avrebbe potuto essere e, in questo, sollevando un legittimo dubbio sulla storia da lei così appena offerta, una storia nel merito della quale non avrebbe avuto a potervi essere, obiettivamente, alcuna possibilità di riscontro.
« E’ sicura, signora…?! » insistette Rula, aggrottando appena la fronte, a palesare tutta la propria incertezza a tal riguardo « … eppure ho inviato personalmente il promemoria a lei e ai suoi vicini la scorsa settimana. » commentò, piegando appena le labbra con fare pensieroso « La prego… ho già visitato tutti gli altri appartamenti e il suo è l’ultimo che mi resta prima di poter chiudere questa faccenda: non intendo rubarle troppo tempo. »
« Io… non so… »

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