11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 23 aprile 2019

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« Signorina Zaurr… » la apostrofò, di nuovo all’improvviso, la solita voce dell’anziana signora Corphra, evidentemente tutt’altro che desiderosa di avere a riconoscerle la serenità da lei domandata « Mi perdoni ancora una domanda: quando ha detto che passerà di nuovo per quel controllo…?! »
« Miseriaccia… » ebbe il tempo di sussurrare la giovane moglie del capitano Rolamo, prima che la battaglia avesse allor inizio.

Se la prima volta, infatti, l’occorrenza dello scambio di battute fra lei e quell’insistente interlocutrice le era stata perdonata in maniera benevolmente gratuita dagli dei, o da qualunque forza superiore in quel momento stesse orchestrando la gestione di quegli eventi, non vedendo subentrare a suo discapito alcuna immediatamente conseguenza, e, soprattutto, alcuna immediata e fatale conseguenza; quel secondo intervento, purtroppo, ebbe a dimostrare nei loro riguardi decisamente minore tolleranza. Minore tolleranza, per lo meno, per quanto allora utile a veder esplodere una violenta sequenza di spari che, fortunatamente non eccessivamente precisi nella propria mira, ebbero a scaturire dal basso verso l’alto, e verso l’alto allor rappresentato su un fronte dalla stessa signora Corphra, e sull’altro dalla povera Rula, necessariamente elette qual bersaglio di tanta furia, di simile violenza.
Un grido fu l’ineluttabile reazione della signora Corphra a quanto stava lì allor occorrendo, nel mentre in cui, tremante e con il pelo gonfio in volto e sulle mani, ebbe a ritirarsi rapidamente all’interno del proprio appartamento, finalmente allontanandosi, fortunatamente indenne, da quella pericolosa finestra. Un’imprecazione sibilata fra i denti fu, parimenti, l’obbligata reazione della povera Rula Taliqua, la quale, gettando un necessariamente rapido e disattento sguardo sotto di sé, fu costretta a lasciarsi andare, ad abbandonare la tanto faticosamente conquistata presa su quella conduttura, per concedere alla forza di gravità di fare il proprio necessario corso e, in ciò, di precipitarla al suolo, in termini che non avrebbero avuto allora a doversi considerare piacevoli e che, tuttavia, sarebbero sicuramente risultati meno sgradevoli rispetto al ritrovarsi colpita da uno dei fasci laser che, in quel momento, stavano venendo proiettati verso di lei, sempre con maggior cura della mira.
Così, abbandonandosi alle leggi della fisica, ella non cercò più di contrastare la propria caduta al suolo, quanto e semplicemente di accompagnarla, e di accompagnarla in misura tale da minimizzare i danni che, in conseguenza a quel pur non banale volo, avrebbero potuto conseguire per lei. Allorché irrigidire i propri muscoli, così come pur la situazione avrebbe potuto suggerirle a livello psicologico, ella si sforzò quindi di ammorbidirli, nella volontà non di contrastare il pur inevitabile urto, quanto e piuttosto di assorbirlo, e di assorbirlo, con la stessa flessibilità propria di un felino, o di un feriniano, consapevole di dover, in tal senso, impegnarsi ad accompagnare il contatto con il suolo, e, soprattutto, di dover dedicare tutta la propria attenzione, tutto il proprio sforzo, nel reindirizzare la propria energia cinetica in altra direzione differente da quella eguale e opposta a quella della medesima caduta, laddove, altresì, l’impatto sarebbe stato allor probabilmente letale. E se pur sol il tempo proprio di un battito di ciglia ebbe a esserle concesso per affrontare tutto quello, la scarica di adrenalina che non mancò di inebriarla in concomitanza a quegli eventi non poté ovviare a sconvolgerla, e a sconvolgerla nella misura allor utile a mantenere quel lucido controllo necessario per compiere tutto ciò e, in tal senso, per sopravvivere a se stessa e alla propria probabilmente mal commisurata audacia.
Volando a terra, così, coprendo i diversi piedi di altezza che ancor la separavano dal contatto con il suolo, la giovane donna si dimostrò capace di atterrare al suolo con una pur ammirevole grazia, e l’eleganza utile a vederla, in quel mentre, rotolare in avanti, in un paio di ben soppesate capriole, utili a rallentare il proprio moto, il proprio incedere, sino a un completo arresto, senza, in questo, aver a subire eccessivi danni, lì mirabilmente limitati soltanto a qualche escoriazione superficiale e a una leggera contusione, ma non alla ben più temuta frattura di un arto. E se pur quel nuovo balzo non ebbe a tradirla, ella non ebbe a potersi concedere neppure un fugace istante utile a gioire per il proprio successo… non laddove, quantomeno, non avesse desiderio di ritrovarsi sgradevolmente esposta a nuovi attacchi, e a nuovi attacchi che, certamente, non avrebbero avuto occasione di dimostrarsi meno letali di quanto non avrebbe potuto essere un’evoluzione meno apprezzabile di quel volo.

« Beh… direi che ci siamo. » sospirò ella, estraendo, allora, la propria arma, un efficace cannoncino sonico, e immediatamente aprendo il fuoco, nel generare, in tal senso, un’amplia e violenta onda d’urto che ebbe a travolgere chiunque innanzi a lei, senza esigere, da parte sua, una mira particolarmente appropriata né, tantomeno, l’effettiva individuazione dei propri antagonisti, sino a quel momento, obiettivamente, ancor neppure inquadrati nella propria presenza.

Diversamente da un’arma laser o da una al plasma, un’arma sonica avrebbe potuto vantare, infatti, accanto a un approccio non necessariamente letale, un campo di azione decisamente più amplio, ossia esattamente quanto lì necessario alla giovane donna per poter replicare all’attacco a lei rivolto pur non potendo vantare, sostanzialmente, alcuna reale confidenza nei riguardi della precisa posizione dei propri antagonisti né, tantomeno, del proprio numero: un’efficacia più grezza, sicuramente, ma non per questo meno marcata, il prezzo della quale, tuttavia, avrebbe avuto a doversi qualificare in tempi di ricarica decisamente maggiori rispetto a quelli propri delle alternative, tempi che, in effetti, per un’arma laser avrebbero avuto a doversi riconoscere praticamente immediati, mentre per un’arma al plasma avrebbero avuto a esigere del tempo, sì, ma in misura comunque inferiore rispetto a quello proprio di un’arma sonica.
Così, alla prima, violenta esplosione sonica, ella non ebbe a poter immediatamente lasciarne seguire una seconda, avendo in ciò a doversi riservare un intervallo d’attesa pericolosamente prolungato, e un intervallo d’attesa a confronto con il quale, allora, la cosa migliore da fare sarebbe stata quella di approfittare dello scompiglio generale per rialzarsi, e per precipitarsi alla carica dei propri avversari, nella necessità di trasferire il livello di quello scontro da uno scontro a distanza a un impegno fisico, così da tentare di riservarsi un maggiore controllo sull’evoluzione di quel conflitto, e, soprattutto, sulla natura e sul numero dei propri antagonisti, l’incognita nel merito dei quali avrebbe avuto a doversi giudicare, a margine di tutto ciò, la sua carenza più marcata. Senza contare che, continuando a far fuoco con la propria arma sonica, ella avrebbe corso il rischio di aver a coinvolgere in quell’onda d’urto anche la propria compagna d’arme, nel momento in cui ella fosse avanzata all’interno del vicolo, in termini che, presumibilmente, di lì a breve avrebbero avuto a dover occorrere.
Dimenticando il cannoncino sonico appeso al proprio fianco, ed estraendo allora una corta daga, Rula non esitò a proiettarsi in avanti, e a proiettarsi in avanti nel sfruttare quei pochi istanti di quiete che le avrebbero potuto lì essere offerti in conseguenza al colpo sonico appena esploso, per raggiungere i propri antagonisti e, soprattutto, per scoprire chi essi avrebbero avuto a dover essere individuati essere. Antagonisti i quali, in quel contesto, non mancarono così di apparire al suo sguardo, alla sua attenzione, ancora a terra, ancora frastornati per quanto subito, e, in parte, già fuori combattimento, in una notizia quantomeno gradevole nel confronto con il loro numero inoppugnabilmente superiore, e superiore, per quanto ella ebbe la possibilità di contare in tale esordio, almeno nell’ordine di una dozzina di unità in più rispetto a quanto non avrebbe potuto essere considerata la loro corrente forza offensiva, composta, per il momento, soltanto da lei e da Duva… o, in effetti, soltanto da lei, laddove Duva, ancora, non aveva fatto la propria comparsa in scena.
Con colpi decisi, quindi, Rula si avventò innanzitutto sulle armi da  loro impugnate, per averle ad allontanare dalle loro mani e, in ciò, per aver a costringere quel conflitto a un diverso livello, e a un livello decisamente più fisico. Livello fisico occasione della quale, tuttavia, non le fu negato dall’insorgere di un uomo decisamente massiccio, un manrovescio del quale la raggiunse in maniera assolutamente inaspettata, slanciandola violentemente a diversi piedi di distanza dalla posizione da lei sino ad allora raggiunta…

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