11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 15 aprile 2019

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Pitra Zafral stava osservando con intensa serietà la propria interlocutrice, tentando di comprendere, di cogliere la verità dietro alle sue parole. Perché, nel migliore dei casi, quella donna avrebbe avuto a doversi considerare completamente pazza: pazza nel ritenere, quantomeno, che egli avrebbe mai potuto realmente venir meno al proprio impegno nei confronti dell’omni-governo di Loicare e nei confronti della legge.
Dal suo personalissimo punto di vista, ella non avrebbe potuto, infatti, iniziare il proprio discorso nella maniera peggiore, anticipando quanto, suo intento, alla base di tutto ciò, altro non avrebbe avuto a doversi riconoscere se non quello atto a tentare di convincerlo a collaborare a un sovversivo desiderio volto a rovesciare l’omni-governo. Egli era un accusatore. Egli era un magistrato di Loicare, fedele alla legge e, di conseguenza, all’omni-governo. E tale sua fedeltà non avrebbe mai potuto essere posta in discussione. Non a meno di non desiderare domandargli di non essere fedele a se stesso, giacché tale avrebbe avuto, dopotutto, a riconoscersi la sua stessa più profonda natura, la sua quintessenza. Soltanto follia, quindi, avrebbe potuto animare quella donna, spingendola a esordire con parole sì assurde quali quelle che, in tal maniera, aveva appena pronunciato.
Ciò non di meno, qualcosa non avrebbe potuto quadrare in quel contesto, in quella situazione. Perché, per quanto sicuramente insana avrebbe avuto a doversi giudicare quella donna, e una donna capace di commettere crimini quali quelli imputatile, ella non aveva mai palesato di essere sciocca: pericolosa, di certo, instabile, probabilmente, ma non sciocca. E soltanto una stupida avrebbe potuto, allora, decidere in favore di un simile approccio nei suoi riguardi e sperare di potersi riservare opportunità d’ascolto. Ergo, laddove fra tutti i modi possibili di esprimersi, e di esprimersi al suo indirizzo, ella aveva votato in favore di un simile approccio, e di un approccio atto a suggerire quanto il suo intento finale avrebbe avuto a doversi intendere rivolto a soverchiare l’ordine costituito del proprio mondo, una parte della mente nell’accusatore non avrebbe potuto ovviare a dimostrarsi incuriosita, e incuriosita innanzi agli assurdi processi mentali che avrebbero potuto giustificare, da parte sua, un tale esordio.
Non un commento, quindi, venne da lui espresso nel confronto con quelle parole. Non una pur superficiale reazione venne da lui palesata in conseguenza a quell’annuncio, laddove, al contrario, egli avrebbe avuto a doversi lì riconoscere qual quietamente concentrato nell’attesa di saperne di più, di poterne comprendere di più. E non per un qualsivoglia genere di successo, da parte della donna, a riservarsi una qualche speranza di complicità da parte sua, quanto e piuttosto quasi per interesse scientifico, nel voler tentare di meglio comprendere le dinamiche mentali proprie di quella figura, e quelle dinamiche mentali atte a permetterle di arrivare realmente a credere di poter ottenere la sua complicità.
E sebbene, in quel silenzio, nulla di positivo avrebbe avuto a dover essere necessariamente inteso da parte della donna, al tempo stesso neppure qualcosa di necessariamente negativo avrebbe potuto aver a emergere… non, quantomeno, nel confronto con l’evidente possibilità offertale di avere a esprimersi, esattamente per così come da lei richiesto.

« Come dovresti ricordare dall’epoca del nostro primo incontro, io provengo da un mondo lontano. Da un pianeta, invero, così lontano per cui neppure viaggiando per una vita intera, al massimo della velocità, della più veloce delle astronavi  dell’universo conosciuto, vi sarebbe concessa opportunità di raggiungerlo… » riprese quindi a parlare, con tono quanto più possibile sereno e quieto nel confronto con quell’uomo.
« Falso. » negò egli, scuotendo il capo « Il tuo fascicolo personale parla chiaro: sei originaria della seconda luna di Phomeris, quarto pianeta del sistema di Tonathas. » dichiarò l’accusatore, dimostrando di avere ben in mente le informazioni a suo riguardo e, in ciò, di non poterle concedere opportunità di mentirgli, e di mentirgli tanto spudoratamente come, in quel momento, stava evidentemente impegnandosi a tentare di fare addirittura nel merito della propria stessa origine.
« Non ho neppure idea di dove possa essere il sistema di Tonathas… né tantomeno la seconda luna di Phomeris. » negò tuttavia ella, escludendo tale interpretazione dei fatti « False sono le informazioni in vostro possesso. » puntualizzò ella, riservandosi un lieve sospiro utile a tentare di mantenere quel confronto su un piano di civile dialogo, sebbene, sulla base di simili premesse, difficile sarebbe stato per lei riuscire a comprovare le proprie posizioni, in conseguenza alla verità che il proprio interlocutore già credeva di conoscere « Come ti spieghi, altrimenti, il fatto che, in un primo momento, non siate riusciti a identificarmi… e soltanto a seguito della mia evasione, in maniera del tutto improvvisa, abbiano fatto apparizione le informazioni a mio riguardo nelle vostre banche dati?! »
« Non sono l’unico accusatore di Loicare. E tu non eri stata l’unico caso della giornata, né certamente il più importante. » escluse pacificamente l’uomo, scuotendo appena il capo « Comprendo quanto tu possa essere solita riconoscerti al centro della scena, ma in occasione di quel tuo arresto, la priorità assegnata al tuo caso avrebbe avuto a doversi ritenere del tutto minimale. Nulla di strano, quindi, nel fatto che siano trascorsi diversi giorni, settimane addirittura, prima che il tuo fascicolo saltasse fuori e, con esso, la verità attorno al tuo nome fosse condotta alla luce. »
« Perdonami, Pitra… ma non posso credere che tu sia davvero così ingenuo. » scosse il capo la donna, aggrottando appena la fronte in segno di perplessità nel confronto con lui « Ma se davvero io fossi stata, sin da allora, questa famigerata donna da dieci miliardi di crediti, credi davvero che nessuno, in tutta Loicare, mi avrebbe riconosciuta…?! » domandò, cercando di spingerlo a riflettere, e a riflettere nel merito delle anomalie proprie di quel caso « Prima di allora, avevi mai sentito fare il mio nome? Avevi mai sentito parlare del mio caso…?! »
« … cosa importa? » tentò di minimizzare egli, tuttavia, in quella replica, già confermando quanto da lei così suggerito, ossia l’assenza di qualunque pregressa informazione a suo riguardo antecedente al loro primo incontro « Non è che io abbia a conoscere ogni individuo all’interno dell’universo. Né, tantomeno, all’interno del dominio dell’omni-governo. » precisò, a sostegno della propria tesi, in un’osservazione del tutto razionale da parte sua « Come già pocanzi, comprendo quanto tu possa essere solita riconoscerti al centro della scena… ma l’universo non gira attorno a te. »
« Lode a Thyres per questo… già ho sufficienti problemi senza avere a preoccuparmi anche dell’universo intero. » ironizzò la Figlia di Marr’Mahew, non negandosi una risatina divertita a confronto con quell’immagine « Mettiamola così: come è possibile che prima di quattro anni fa il mio nome ti fosse del tutto sconosciuto… mentre negli ultimi quattro anni, in un modo o nell’altro, ho occupato un posto di rilievo all’interno della tua vita e della tua vita professionale?! » cercò di ispirare in lui il metaforico tarlo del dubbio e, in tal senso, la possibilità di porsi domande, e di porsi le domande giuste alla ricerca delle risposte più appropriate, più corrette.
« Coincidenza…? Fatalità…?! Impossibile a dirsi. » si strinse egli nelle spalle, ancora una volta banalizzando la questione per così come da lei sollevata « Dopotutto credo sia normale ignorare l’esistenza di qualcuno, nella propria quotidianità, sino al momento in cui questa ne entra a far parte. » argomentò, in maniera ancora una volta obiettivamente razionale, dimostrando di non star escludendo la possibilità di un dibattito dialettico, ma, semplicemente, di non aver ancora incontrato argomentazioni utili a convincerlo « Prima che tu avessi occasione di conoscere Duva Nebiria e Har-Lys’sha, dubito che conoscessi i loro nomi, o immaginassi la loro stessa esistenza in vita: ciò non di meno, da quando vi siete conosciute, i vostri destini si sono saldamente intrecciati… o erro? »

In silenzio Midda Bontor si concesse, a fronte di quell’interrogativo retorico, un fugace momento di silenzio, e un momento utile a tornare a osservare i pezzi disposti sull’ideale scacchiera di quel loro confronto, allo scopo di comprendere quanto, in effetti, ella stesse sbagliando nel proprio approccio, e in un approccio che, mantenendo il discorso su un livello di pura razionalità, la stava ponendo in uno spiacevole svantaggio, offrendo alla controparte soltanto l’occasione utile a demolire tutte le sue argomentazioni, rafforzando, di conseguenza, le proprie idee…

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