11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 13 novembre 2020

3459

 

Passò un pomeriggio, una notte e una mattina prima che Lora Gron’d si decidesse a palesarsi.
Un intervallo di tempo sufficientemente lungo da garantire a Korl Jenn’gs, allora, non soltanto di incontrare Ersbeth e, dopo di lei, Andoer, come riscoprì chiamarsi l’uomo sulla quarantina; ma anche Pohme, il timido ragazzo del turno fra la mezzanotte e il mattino, e Krahus, la corpulenta e vivace donna di quello ancor successivo; in termini utili da fargli ben comprendere quanto, in quegli ultimi tempi, egli fosse spiacevolmente diventato estraneo al mondo della propria amica, e potenziale innamorata. Un mondo che egli si rese conto di non conoscere minimamente non soltanto nei nomi e nei volti dei propri protagonisti, ma anche e più semplicemente nel loro numero, non avendo veramente la minima idea di quanti altri nuovi personaggi avrebbe potuto veder giungere attraverso l’ingresso prima dell’arrivo della feriniana, da prevedersi in un tempo ignoto.
Fortunatamente per tutti, comunque, Krahus ebbe a essere l’ultima compagna di attesa di Korl, giacché, all’incirca all’ora di pranzo, la voce di Lora ebbe a sorprenderlo, sopraggiungendo da oltre il bancone a dimostrazione di quanto, in effetti, ella fosse sempre stata all’interno dell’edificio, così come da lui ben sospettato, e sino a quel momento mai confermato da alcuno dei suoi collaboratori.

« Tirati in piedi e seguimi. » gli ordinò, con tono piatto e freddo, che nessuna emozione avrebbe mai voluto lasciar trapelare, fosse anche e soltanto di disappunto per la sua presenza lì.

Per quasi ventiquattro ore, Korl non si era minimamente mosso dal proprio angolino, quasi effettivamente null’altro avesse a doversi intendere se non una bizzarra e inquietante decorazione lì posta per soddisfare un qualche eccentrico senso estetico: egli non aveva mangiato, non aveva bevuto, non era mai andato al bagno, e, in effetti, non aveva neppure respirato, non abbisognando di nulla di tutto ciò. E soltanto il continuo alternarsi di cerusici a presidiare l’ingresso del centro medico aveva avuto a permettergli di ovviare a spiacevoli sospetti a suo riguardo, nel confronto con un comportamento che non soltanto avrebbe avuto a doversi intendere ostinato, quanto e piuttosto assolutamente inumano, laddove nessun essere umano, e nessun essere vivente umano, avrebbe altrimenti potuto resistere tanto a lungo senza neppure dover rispondere a un qualsivoglia fabbisogno fisiologico.
Dopo quasi ventiquattro ore, tuttavia, Korl non ebbe la benché minima esitazione a muoversi in conseguenza al richiamo della propria amica, o forse amata, rialzandosi da terra con discreta scioltezza, nel veder il proprio corpo, allora, avere a rispondere alle sue richieste con quieta naturalezza, quasi e addirittura con indolente rilassatezza, come se lì a terra si fosse appena adagiato e non avesse poi particolare necessità di avere a ricercare una posizione diversa, una postura più comoda di quella.

« Eccomi! » annuì quindi, e prontamente, accennando un cenno di saluto in direzione di Krahus, la quale, comunque, non poté ovviare ad ammirarne la reattività, certa che, al suo posto, per alzarsi da terra le sarebbe stato necessario qualche istante e, certamente, non avrebbe avuto a potersi alzare con così tanta naturalezza come da lui resa propria.

Del resto, laddove, ovviamente, per Korl Jenn’gs nulla di tutto ciò avrebbe avuto a doversi fraintendere particolarmente straordinario; di ben diverso avviso avrebbe avuto a dover essere chiunque altro posto a confronto con lui, e chiunque altro che non avesse a conoscere la sua reale natura e la sua natura di non morto, di ritornato.
E solo per tale ragione, solo nella volontà di evitare dubbi scomodi nei propri collaboratori, che reputava, del resto, tutt’altro che stupidi; Lora Gron’d si era convinta a concedergli l’opportunità di quel colloquio. E di un colloquio che, a scanso di qualunque ambiguità, volle immediatamente iniziare scoprendo le proprie carte, a non concedere, al proprio interlocutore, possibilità alcuna di fraintenderne le intenzioni...

« Si può sapere che accidenti ti passa per l’anticamera del cervello?! Sempre ammesso che tu abbia ancora un cervello... » scattò ella, esprimendosi in lingua comune, affinché nessuno attorno a loro potesse avere di che origliare in quella conversazione che desiderava mantenere privata fra loro « Ti sei piazzato lì seduto a terra per un’intera giornata, senza minimamente simulare stanchezza, sete, fame o necessità di andare in bagno...! Mancava giusto un cartello sul quale evidenziare che non stavi neppure respirando e avresti degnamente chiuso il giro! » gli urlò contro, non tentando di mistificare una certa rabbia per la sua tanto gratuita stupidità « Cosa pensavi di ottenere in questo modo? Ti sei forse stancato di giocare a fare l’ingegnere e hai deciso che tutti devono sapere che sei un dannatissimo zombie...?! »

Korl si sforzò di restare serio a confronto con la sfuriata di Lora. Ma, in verità, dentro di sé non avrebbe voluto far altro che scoppiare a ridere. E a ridere di gusto. E a ridere di cuore. E a ridere, addirittura, a crepapelle.
Korl Jenn’gs avrebbe lì voluto ridere per la gioia essere riuscito nel proprio intento. E nel proprio intento di costringere, alla fine, Lora a tornare a parlargli. E avrebbe voluto ridere per la contentezza del vederla tanto arrabbiata nei suoi riguardi, per così come aveva temuto di non poterla più vedere. E avrebbe voluto ridere per l’allegria che, nel suo cuore, sentiva scaturire a confronto con il di lei ritorno nella propria vita, seppur in termini tanto furiosi nei suoi riguardi. Per quanto ella potesse lì essere arrabbiata, egli non avrebbe potuto che essere lieto di tutto ciò. Essere lieto di essere di nuovo insieme a lei. Essere lieto di essere innamorato di lei...
... sì, perché, obiettivamente, egli non poteva che essere innamorato di lei. O in alcun altro modo si sarebbe potuta giustificare tutta la gioia che, improvvisamente, era tornato ad animarlo, e ad animarlo al punto tale, addirittura, da volergli far gettare la testa all’indietro per dar sfogo a un’esplosione di ilarità incontrollata, quasi fosse ubriaco, o sotto l’effetto di una qualche sostanza stupefacente.
Ma tanta gioia, da parte sua, non riuscì a essere assolutamente mistificata. E nel vederlo così divertito, Lora non poté ovviare a infuriarsi maggiormente a suoi discapito.

« Tu non sei normale! » gli gridò contro, con la bocca aperta, in quello che non avrebbe potuto ovviare a essere accomunato all’idea di un soffio felino, e un soffio carico di tutta la propria frustrazione « Ti pare forse che io stia scherzando...?! In cosa diamine stai trovando ragione di divertimento...?! »

E se, forse, egli avrebbe potuto trovare tempi e modi migliori per esprimersi, ebbro dalla gioia che stava provando e sol desideroso di averne a provare sempre di più, Korl ebbe lì a risponderle pronunciando le sole parole che mai, probabilmente, avrebbe dovuto permettersi di scandire in un simile frangente, durante un tale litigio e a seguito di un periodo di gelido distacco qual quello che era intercorso fra loro negli ultimi tempi.
Poche, semplici parole, una manciata di sillabe e poco più, che pur non avrebbe potuto ovviare a sentire sinceramente nel proprio cuore e, in ciò, non avrebbe potuto che desiderare condividere con lei, anche in quel momento, e nel momento in assoluto più sbagliato che mai avrebbe potuto rendere proprio.
Poche, semplici parole, una manciata di sillabe e poco più, che quasi gli saltarono fuori dalle labbra in una risata, e in una sincera risata liberatoria. Uno sfogo, quasi, a confronto con tutto ciò che era stato e con tutto ciò che era in quel particolare frangente.
E uno sfogo che, tuttavia, non avrebbe mai dovuto essere lì accomunato proprio a quelle parole in particolare...

« Io... ti amo! »

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