Se la loro storia fosse stata la trama di un lungometraggio d’azione, come quelli che Lora adorava vedere al cinema con i propri colleghi, avendo poi a scherzare su tutte le assurdità lì rappresentate a beneficio del pubblico pagante; a quel punto qualcosa di devastante sarebbe successo negandole alla medesima feriniana la possibilità di rispondere a quella presa di posizione nei propri confronti. Forse un nuovo attacco al villaggio, forse una catastrofe naturale, forse un terrificante incidente: qualcosa avrebbe anticipato di un sol istante la sua risposta, costringendo la scena a sospendersi brutalmente, in favore di qualcosa di ben diverso da qualche facile romanticismo.
Se la loro storia fosse stata la trama di una commedia romantica, come quelle che pur Korl non avrebbe mai ammesso in vita sua di essere solito letteralmente divorare nel proprio tempo libero, nel dover comunque difendere una certa immagine di mascolina virilità; a quel punto Lora non avrebbe potuto ovviare a esplodere in una reazione carica di sentimento, dando sfogo a tutte le emozioni da lungo tempo represse nel saltargli al collo, nello stringersi a lui e nel baciarlo con foga, a offrire una degna conclusione a quel loro litigio, e a quel loro litigio il significato del quale sarebbe stato così banalizzato qual un’incomprensione fra innamorati, e fra innamorati incapaci a gestire i propri, reciproci sentimenti.
Ma la loro storia non avrebbe avuto a dover essere fraintesa né qual un lungometraggio d’azione, né qual una commedia romantica. E, in ciò, nessuna delle due soluzioni ebbe a tradursi allor in realtà, benché, forse, la descrizione della reazione della seconda avrebbe potuto in parte adattarsi a quanto lì accadde.
Perché, effettivamente, Lora Gron’d non ebbe a poter ovviare a esplodere in una reazione carica di sentimento, dando sfogo a tutte le emozioni da lungo tempo represse. E quelle reazioni che, allora, ella ebbe a tradurre, tuttavia, non nella foga di un appassionato bacio, quanto e piuttosto in uno schiaffo. E in uno schiaffo che, nella sua natura feriniana, non ebbe a essere lì offerto con il palmo della mano, quanto e piuttosto con cinque lunghi artigli affilati, e cinque lunghi artigli affilati che, quasi, ebbero a strappare via la faccia di Korl Jenn’gs, scavandola così profondamente da arrivare a graffiare, persino, il cranio sottostante la pelle e la carne.
E se Korl non ebbe, ovviamente, a provare dolore a confronto con tutto ciò, per un istante, addirittura, neppure comprendendo cosa effettivamente fosse accaduto, fu lo scoprirsi improvvisamente cieco da un occhio, e dall’occhio sinistro, squarciato al pari della sua faccia, a renderlo cosciente della situazione, e della situazione ben distante da quella che, probabilmente, avrebbe avuto piacere a ispirare con la propria dichiarazione d’amore.
« Sei un imbecille! » ringhiò ella, ancora quasi soffiandogli contro, prima di tirarsi indietro e di voltarsi, nell’offrirgli le spalle e, in ciò, probabilmente, nel voler ricercare un momento utile a placarsi.
Chi, in ciò, ebbe comunque a calmarsi, fu proprio Korl. Il quale, come a seguito di una doccia fredda, fu costretto a ritrovare contatto con la realtà, e con una realtà all’interno della quale, proprio malgrado, ebbe a comprendere di non aver ancora trovato la propria giusta collocazione.
Sin dal giorno del proprio risveglio, della propria risurrezione, Korl aveva tentato di dare un senso a tutto quello che stava accadendo, per elaborarlo, per comprenderlo, e, in ciò, per capire in che relazione porsi con ciò. Purtroppo egli non era stato in grado di offrire una ragione a tutto quello e, malgrado ciò, a un certo punto aveva anche smesso di sforzarsi di farlo, iniziando ad accettare quella realtà qual la propria nuova realtà, con la stessa sospensione dell’incredulità che avrebbe potuto offrire nei riguardi di uno strano sogno, e di quel complesso sogno nel quale, in effetti, sin dall’inizio aveva pensato di essersi ritrovato.
Ma nell’accettare quella realtà senza riuscire realmente a comprenderla, l’aveva condotto a viverla in maniera forse irresponsabile, agendo senza riflettere realmente sulle conseguenze delle proprie azioni, quasi nulla di quanto lì stesse facendo o vivendo avesse a dover essere inteso effettivamente qual reale.
E così egli si era permesso di inseguire quella folle idea di ispirare, se non addirittura di guidare, quella civiltà retrograda verso la propria rivoluzione industriale, verso il proprio futuro, e verso un futuro che avrebbe cercato di anticipare il più possibile nei propri tempi soltanto nella volontà di realizzare l’astronave dei propri sogni e, con essa, avere a fare ritorno fino al sistema binario di Fodrair, e al suo quarto pianeta, là dove era nato e cresciuto, là dove era la sua casa, per quanto consapevole del fatto che avesse a doversi intendere più lontano, nel tempo e nello spazio, di quanto mai qualunque mortale avrebbe potuto riservarsi l’opportunità di coprire. Ma che senso avrebbe mai potuto riservarsi tutto ciò...? Anche nell’ipotesi di impiegare meno di un paio di generazioni a trasformare quella civiltà medievale in qualcosa di così progredito che lì non avrebbe neppure avuto a poter essere inteso come scienza, e anche nell’ipotesi di poter essere in grado di inventare, in che modo poi?!, un motore più potente rispetto a qualunque altro motore esistente nella galassia dalla quale egli proveniva, a cosa sarebbe mai servito, per lui, fare ritorno a Thermora a distanza di... quanto?... due o tre generazioni?! Dannazione: in effetti non avrebbe avuto neppure senso fosse stato in grado di farvi ritorno il giorno dopo, nel dover ben ricordare quanto chiunque, lì, avesse a ritenerlo morto, anche in considerazione del fatto che lui, effettivamente, era morto!
Purtroppo, però, in quella propria perdita di contatto con la realtà, e in quello stolido disinteresse nei riguardi della propria attuale esistenza, e delle conseguenze delle proprie azioni, egli non aveva trascinato seco soltanto l’intero villaggio di Korrynia, ma anche, e soprattutto, quella donna, quell’unica figura rimasta a far parte della propria quotidianità con la quale potesse avere un reale dialogo, un onesto rapporto: Lora Gron’d.
Con quanto egoismo aveva agito nei suoi riguardi sino a quel momento?
Cielo... altro che amore. Egli aveva vissuto quella loro vita insieme con egoistico disinteresse per lei, per le sue emozioni, per i suoi sentimenti e, soprattutto, per i suoi desideri. E se per un po’, forse, quel giuoco doveva averla trovata piacevolmente complice, egli non avrebbe dovuto permettersi di dimenticare quanto anch’ella stava vivendo il proprio dramma esattamente suo pari, con le sue stesse difficoltà, con le sue stesse frustrazioni, con le sue stesse paure. Ella non era, né avrebbe dovuto essere da lui fraintesa, qual una semplice figura accessoria nel racconto della di lui vita: ella era una protagonista nella narrazione della di lei esistenza, in tutto e per tutto suo pari. Con i propri problemi. Con le proprie incertezze. Con la propria capacità di sbagliare. E con una propria coscienza, e una coscienza che avrebbe avuto a dover fare i conti con i propri errori per il resto della sua vita... e di una vita, ormai, immortale.
Sì. Egli era un’imbecille.
Era un imbecille nell’aver sottovalutato il dramma di quanto accaduto durante la battaglia di Lysiath. Era un imbecille nell’aver ignorato il suo punto di vista e, in effetti, l’esistenza di un suo punto di vista sulla realtà che stavano vivendo. Era un imbecille nell’aver deciso di proiettare su di lei quelli che erano i propri sentimenti... e, forse, era un imbecille anche nell’aver così rapidamente deciso di essere innamorato di lei, per quanto sino a poco prima non aveva neppure mai preso in esame l’idea.
« Perdonami. » sussurrò allora egli, chinando il capo « Io... » esitò, cercando le parole giuste da pronunciare in quel frangente « Hai ragione. » ammise quindi, scotendo appena la testa « Sono un imbecille. »
Silenzio.
Non che egli avesse lì ad attendersi altre parole da parte di lei.
« Cercherò di sistemare i miei affari e, con il prossimo convoglio mercantile diretto verso est, partirò per andare a parlare con Midda Bontor a Kriarya e chiederle di essere trasferito altrove. » annunciò quindi, non desiderando avere ulteriormente a gravare con la propria presenza sulla vita della propria amica, per così come, evidentemente, stava spiacevolmente facendo.
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