« Andiamo alla torre di Brote... » suggerì quindi Midda, non sapendo, obiettivamente, a quale divinità potersi appellare a confronto con tutto ciò, e continuando in ciò a posticipare il momento utile a trarre una qualsivoglia conclusione nel merito di quanto avvenuto, nel suggerire così nuove possibilità di perlustrazione, nella disperata prospettiva di poter trovare qualcun altro in giro, a parte loro.
Brote, o, per meglio dire, lord Brote, così come egli era conosciuto entro i confini di Kriarya, non avrebbe avuto a dover essere frainteso, in tale qualifica, qual effettivamente un nobile, un aristocratico appartenente alla gerarchia feudale del regno di Kofreya.
In quel di Kriarya, città del peccato, nessun aristocratico kofreyota avrebbe potuto vantare la benché minima possibilità di potere da molto... molto tempo; essendo stato rimpiazzata, la consueta gerarchia feudale, da una ben diversa forma di governo, e un governo oligarchico nel quale il potere era spartito attraverso una decina, una dozzina, al più, di uomini forti, ex-mercenari, ex-assassini, ex-criminali che, entro i confini di quell’urbe, avevano avuto l’audacia di impegnarsi in una scalata al potere, arrivando a dominare, in maniera sostanziale, una porzione stessa della città, con tutte le proprie attività, legali o, per lo più, illegali. In effetti, l’oligarchia di Kriarya, da un punto di vista esterno a quello proprio dei suoi abitanti, avrebbe potuto essere quietamente intesa qual una spartizione del potere fra diversi capi di cosche malavitose, cosche che, in buona sostanza, di spartivano in maniera sufficientemente equa e pacifica l’intera città. Non che, di tanto in tanto, non mancasse qualche conflitto interno, alimentato, più che altro, dai tentativi dell’uno o dell’altro di avere ad accrescere il proprio potere.
Fra i lord cittadini, Brote avrebbe avuto a dover essere distinto qual uno fra quelli che stavano riuscendo a conservare il proprio posto da più tempo di tutti, in grazia, innanzitutto, di una mirabile capacità strategica, ma, anche e in termini tutt’altro che privi di significato, complice l’alleanza che, molti anni prima, lustri ormai, aveva avuto la lungimiranza di stringere con una giovanissima e sconosciuta mercenaria, e una giovanissima e sconosciuta mercenaria il nome della quale, ben presto, tutti avrebbero imparato a conoscere: Midda Bontor.
In un’epoca in cui, ancora, il nome di Midda Bontor non era associato ad alcuna, particolare fama, e, soprattutto, in un’epoca in cui difficile sarebbe stato, per chiunque, poter immaginare che quella giovane donna dalle forme procaci avrebbe mai potuto riservarsi una possibilità di impiego al di fuori di un postribolo; lord Brote aveva infatti avuto l’abilità, o la fortuna, di riconoscere in lei una risorsa sulla quale investire, divenendone il primo, e più importante, mecenate. Un ruolo che, nel corso degli anni, dei decenni successivi, aveva portato a entrambi utili tornaconti, nell’offrire alla prima quello sprone continuo volto a osare in imprese sempre più leggendarie, per così come alcun altro signore di Kofreya, o del mondo intero, avrebbe avuto il coraggio di avere a investire; e al secondo un vero e proprio tesoro di straordinari artefatti, sovente caratterizzati da poteri magici, che non avrebbero potuto mancare di donare maggiore prestigio e importanza al suo nome.
In ciò, lord Brote non aveva mai avuto di che pentirsi, a posteriori, della fiducia che aveva riposto in quella giovane donna. E Midda, d’altro canto, non aveva mai avuto ragione di muovere il benché minimo rimprovero al proprio “signore”, il primo che, quand’ancora nessuno avrebbe avuto ragione di credere in lei, aveva voluto farlo e, successivamente, non aveva mai smesso di farlo, fino a quando, per lo meno, ella gliene aveva dato occasione.
Da dopo il proprio ritorno dalla parentesi siderale, in verità, Midda Bontor non aveva ancora avuto occasione di riassumere, in senso stretto, il proprio originale ruolo di mercenaria: già sufficientemente impegnata per conto proprio, ella non si era ancora concessa occasione di tornare al servizio del proprio antico mecenate, benché, ovviamente, fra loro non fosse mancata occasione di cordiale rapporto, rappresentando egli, in effetti, uno dei suoi più antichi e cari amici all’interno di quelle mura, insieme a Be’Sihl Ahvn-Qa. E se soltanto la Storia non avesse preso il corso che aveva preso, non difficile sarebbe stato ipotizzare quanto il ruolo oggi occupato da Be’Sihl all’interno del cuore e della vita della Figlia di Marr’Mahew avrebbe potuto essere altresì occupato da lord Brote, per così come, in effetti, ella aveva già avuto riprova essere accaduto in altre realtà estranee alla propria, in altre dimensioni parallele fra altre Midda e altri Brote. In quella sua realtà, comunque, ella amava Be’Sihl, e Brote non avrebbe avuto a dover essere inteso nulla di più che un amico, nonché vedovo di una delle proprie più care amiche, purtroppo uccisa molti anni addietro dalla furia omicida della propria gemella, Nissa Bontor.
Lord Brote, al pari di tutti i signori di Kriarya, viveva all’interno di una torre. Molte, in quel di Kriarya, avrebbero avuto a dover essere riconosciute le torri presenti. E più alta fosse stata la torre, maggiore avrebbe avuto a dover essere inteso il prestigio del suo inquilino, in un discorso troppo banalmente riconducibile a una visione fallica della realtà, e di una realtà, purtroppo, lì dominata da una società di stampo patriarcale. Facile, quindi, comprendere quanto le torri più alte della città avessero a dover essere intese le dimore dei signori di Kriarya. E, con buona pace di molti altri lord della città, facile sarebbe stato anche distinguere, fra le torri più alte, proprio quella di Brote.
Midda non era sicura di cosa poter sperare di trovare all’interno della torre di Brote: in una città chiaramente deserta, abbandonata da qualunque persona al di là di lei e di Lys’sh, quella torre non avrebbe avuto ineluttabilmente a riservarsi possibilità di eccezione. E una volta giunta lì, null’altro che il nulla ella avrebbe potuto constatare essere presente ad attenderle, al pari del resto della città. Ciò non di meno, ella voleva e doveva tentare quella strada, per quanto obiettivamente disperata: non fosse mai che, in conseguenza alla propria altezza, qualcuno negli ultimi piani di quella torre potesse essere riuscito a scampare a quel disastro, di qualunque natura esso fosse stato...
« ... ho quasi paura a chiedertelo. » sussurrò Midda verso la propria amica, verso l’unica altra persona rimasta in circolazione oltre a lei, nel momento in cui giunsero ai piedi dell’alta torre di proprietà di Brote, sede e rappresentazione fisica del suo potere in quel di Kriarya, nonché dimora sua e del suo erede, di quel bambino avuto dalla propria prematuramente scomparsa sposa, la principessa y’shalfica Nass’Hya Al-Sehliot.
L’interrogativo, non formulato in maniera esplicita, avrebbe avuto a dover essere inteso più che esplicito, nel riproporre, ancora una volta, l’unica questione che, dall’inizio di quella complicata mattina, ella stava rivolgendo in ogni modo possibile verso Lys’sh.
E laddove non originale avrebbe avuto a doversi intendere quella domanda, purtroppo altrettanto non originale avrebbe avuto a dover essere intesa la risposta che, con un lieve movimento di diniego del capo Lys’sh ebbe a concederle, escludendo, proprio malgrado, che all’interno di quell’intera torre potesse esservi anima viva.
« Saliamo. » incalzò quindi la Figlia di Marr’Mahew, pur priva di ragione per procedere in quella direzione e, ciò non di meno, non potendo fare a meno di voler sospingere i propri passi fino alla cima di quell’edificio, a constatare con i propri occhi non soltanto quanto, all’interno del medesimo, non vi fosse nessuno, ma anche, e ancor peggio, da lì in alto, quanto in tutta Kriarya non fosse presente alcun altro al di fuori di lei e di Har-Lys’sha.
E così, con buona pace della pesante porta chiusa a impedire a chiunque l’accesso non autorizzato alla torre, furono sufficienti un paio di colpi ben assestati del proprio braccio destro, neppur impegnato al massimo delle proprie potenzialità, per dischiudere loro la via e permettere l’accesso alla torre di Brote.
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