11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 8 marzo 2022

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Pemir, figlia della cinquecentotrentesima moglie, non avrebbe potuto essere considerata una brutta donna neppure a confronto con i canoni estetici propri di un essere umano. Anzi. A confronto con il suo peculiare patrimonio genetico sul fronte paterno, indubbiamente ammirevole avrebbe avuto a doversi riconoscere il risultato finale, tale da permettere di immaginare la madre qual una donna di straordinaria bellezza. Non che, in generale, nelle schiere delle desmairiane mancassero esempi di palese bellezza, come, fra i tanti, avrebbe potuto quietamente testimoniare la stessa Siggia, figlia della centotredicesima e attuale compagna di M’Eu Ilom’An. Ma, senza nulla togliere alle proprie sorelle, Pemir avrebbe potuto riservarsi qualche punto in più, ove si fosse mai voluta ipotizzare una qualche genere di classifica di bellezza all’interno di quella smisurata schiera di semidee.
Malgrado, infatti, alcune indubbie caratteristiche fisiche derivate dal sangue di proprio padre, prima fra tutti la sua pelle simile a cuoio rosso e quelle due importanti corna bianche ai lati del suo capo, Pemir non avrebbe avuto a vantare alcuna altra caratteristica somatica ereditata dal padre e, in effetti, presente in molte delle sue sorelle, in misura sufficiente a marcare in maniera decisa i molti dei loro nasi o dei loro menti, così come anche a deformare i loro capi o ad affilare i loro zigomi. Niente di tutto ciò, invero, avrebbe dovuto essere considerato proprio di Pemir e, anzi, se ci si fosse impegnati a ignorare il suo particolare incarnato, le sue grandi corna e, all’occorrenza, la sua notevole altezza, quanto avrebbe avuto a restare sarebbe stato un normalissimo corpo femminile, e un corpo femminile indubbiamente elegante, contraddistinto da una linea slanciata, da membra affusolate, e, ciò non di meno, da curve perfettamente tratteggiate nei punti opportuni, senza eccessiva abbondanza e, tuttavia, neppur lesinando nel voler rendere evidente le caratteristiche proprie del suo genere.
Anche rispetto alla sua sorellastra Siggia, in ciò e a titolo esemplificativo, Pemir avrebbe in effetti avuto a poter vantare un aspetto più raffinato, un’apparenza più delicata, priva di quella brutale vigoria propria di altre, prima fra tutte la stessa Raska, più prossime al loro genitore, e a quel padre contraddistinto da un aspetto che voler considerare nerboruto avrebbe avuto risultare quasi un esercizio di eufemistica ironia, nell’ipertrofia propria dei suoi muscoli. Un’eleganza a confronto con la quale, in effetti, ella stessa non si era lasciata mancare, nel corso dei secoli, occasione di quieto rimpianto, avendo obiettivamente a invidiare la maggiore possanza delle proprie sorellastre e, con essa, la loro più marcata natura guerriera, e una più marcata natura guerriera semplicemente irrinunciabile a confronto con il peculiare stile di vita che era stato loro da sempre imposto, in quella sempiterna guerra contro i propri stessi fratellastri. E proprio per tale ragione, quindi, non appena gliene era stata concessa l’occasione, ella non aveva esitato a candidarsi come allieva niente poco di meno che della già leggendaria Ultima Moglie, e di quella semplice donna umana che, malgrado tutte le proprie ovvie limitazioni, era riuscita là dove alcun altro aveva avuto mai successo,  nel tenere testa allo stesso Desmair loro padre.
Pemir ammirava sinceramente Midda. E, accanto a lei, ammirava in verità tutte le sue altre compagne d’armi: Duva e Lys’sh; H’Anel, Maddie e Rín; e ultima ma non per questo meno importante, la stessa Nissa. Quelle donne, tutte quelle semplici donne umane, con i propri corpi così terribilmente fragili, non avevano mai concesso ad alcuno di avere a minimizzare il loro valore guerriero e, anzi, avevano conseguito straordinari risultati in ogni impresa nella quale mai si fossero impegnate. E proprio a loro, a essere come loro, Pemir non avrebbe potuto ovviare di aspirare, decisa a non permettere più a nessun altro di avere a considerarla inferiore a chiunque, non fra le proprie sorelle, non fra alcuno al mondo.
Così, nel momento in cui Midda Bontor, l’Ultima Moglie, le aveva affidato quell’incarico, Pemir non aveva avuto a riservarsi esitazione alcuna sull’impegno che avrebbe posto a tal riguardo e sul fatto che tale impegno sarebbe stato assoluto, non permettendo a niente e a nessuno di avere a frapporsi fra lei e il conseguimento di quanto domandatole...

... non che qualcuno, in tutta Kriarya, avrebbe avuto a doversi fraintendere così folle da ipotizzare di contrapporsi a una desmairiana, e a una desmairiana facilmente riconoscibile, per lo più, qual parte di quella sorta di guardia d’onore con la quale la loro Campionessa era ormai solita accompagnarsi.
Innanzi al rapido incedere di Pemir, in effetti, tutti avevano a spostarsi a destra e a manca, cedendole il passo e lasciandole del tutto libera la via verso qualunque potesse intendersi il suo obiettivo. Un obiettivo che, così, ella ebbe a raggiungere in meno tempo rispetto a quanto a chiunque altro avrebbe mai potuto essere necessario, portandosi innanzi a quella che avrebbe avuto a dover essere intesa qual la nuova dimora di lord Brote, un tempo fra i signori della città del peccato.
E solo giungendo innanzi a quella dimora, ella ebbe finalmente a incontrare il primo umano deciso a non togliersi dalla traiettoria del suo incedere. Un umano contraddistinto da proporzioni degne di uno dei suoi fratelli, tanta l’altezza quanto e ancor più la sua vigoria e la sua robustezza, e una vigoria e una robustezza rese ancor più marcate dalla solida armatura da questi quasi sempre indossata, tale da conferirgli un’apparenza a dir poco statuaria, un vero e proprio colosso, per quanto umano, a confronto con il quale in pochi avrebbero avuto piacere a porsi. E un colosso che, da anni, serviva un solo padrone, rispondendo a lui con il nome di Duclar Mi’Chill.

« Fermati, donna! » intimò egli, serrando energicamente la propria mano destra attorno alla propria lunga picca, e a quella lunga picca che non avrebbe esitato a volgere a discapito di quella semidea, se ella gliene avesse imposta ragione « Da questa parte nessuno può passare senza che il mio signore lo desideri. E il mio signore, ora, sta riposando. »

La notte passata Duclar non aveva partecipato alla ricerca di Be’Sihl in quanto, pur lasciandosi coinvolgere in prima persona, Brote aveva desiderato mantenere il proprio personale campione, quello straordinario pretoriano, nel ruolo a cui lo aveva da sempre destinato, ossia a protezione del suo unico figlio, Na’Heer Al-Sehliot. In ciò, quindi, non soltanto Duclar non era effettivamente aggiornato nel merito degli ultimi eventi occorsi in città, ma, ancor più, non avrebbe potuto vantare alcuna pregressa occasione di confronto con Pemir, in conseguenza del pur spiacevole raffreddamento dei rapporti fra Brote e la stessa Midda Bontor, della quale, a modo proprio, la desmairiana avrebbe avuto a potersi a sua volta parimenti considerare pretoriana. Mancanza di conoscenza, ovviamente, del tutto reciproca nella figlia della cinquecentotrentesima moglie, ragione per la quale, a confronto con due interessi allor antitetici, troppo facile sarebbe stato per i due avere a equivocare le rispettive posizioni e, in ciò, scadere in un pericoloso conflitto.

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