« Accampiamoci qui… » ordinò quindi, poco dopo il calare della sera, benché la luce della luna, e l’assenza di evidenti ostacoli innanzi a loro, avrebbero potuto garantire la possibilità di proseguire ancora per un poco « Ho già avuto occasione di ammazzare troppi cavalli nel corso della mia vita. E l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno, in questo momento, è di una spiacevole strage equina… »
Parole, quelle da lei pronunciate, tutt’altro che retoriche, dal momento in cui, effettivamente, nel corso della propria vita, non rare erano state le occasioni nel corso delle quali, in conseguenza a eccessiva noncuranza nei riguardi dei propri equini sodali, ella si era ritrovata costretta a proseguire a piedi, con buona pace di ogni possibile urgenza precedente.
Purtroppo, al di là del proprio ruolo di cavalcatura, e di ruolo nel quale pur eccellevano in maniera estranea a ogni possibilità di dubbio, con una straordinaria determinazione e un’incomparabile spirito di sacrificio; quelle bestie avrebbero avuto a doversi comunque riconoscere qual contraddistinte da una certa, intrinseca, fragilità. E una fragilità che, ove posta a confronto con una cavallerizza eccessivamente incurante di ciò, avrebbe potuto condurre troppo facilmente a una loro prematura dipartita.
Così, dimostrando apprezzabile maturità e lungimiranza, Midda Bontor, in maniera tutt’altro che consueta per lei, ebbe allora a riuscire a prestare la necessaria attenzione a quell’aspetto, e a quell’aspetto non trascurabile della faccenda, avendo a comandare quell’interruzione temporanea del loro inseguimento. Interruzione che, comunque, avrebbe avuto parimenti a coinvolgere anche i due inseguiti, o presto, molto presto, lungo il proprio cammino ella non avrebbe più avuto a dover ricercare impronte, quanto e piuttosto i cadaveri di quelle povere bestie.
« Se lo fai per noi, maestra, non è necessario. » prese voce per Pemir, nel timore che dietro al riferimento ai cavalli avesse a doversi intendere una qualche particolare premura verso di loro, motivo per il quale ebbe allora a esprimersi a tal riguardo con la massima proattività possibile, benché, obiettivamente, anche lei, al pari di tutte le sue sorellastre, avesse a bramare la possibilità di toccare nuovamente il suolo e, soprattutto, far riposare la schiena e le terga, dopo quanto, in buona sostanza, non avrebbe potuto ovviare ad apparire simile a una tortura, allorché a una qualsivoglia forma di piacere.
« Immagino che anche voi siate stanche… ma sono certa di quanto, allorché ammetterlo, continuereste a soffrire in maniera discreta come certamente avete fatto sino a questo momento. » sorrise la donna guerriero, scuotendo il capo e frenando del tutto il progredire del proprio equino sodale « Tuttavia, non vi preoccupate: a muovermi, in questo momento, è solo sincera premura per la sorte dei nostri animali. Là dove, obiettivamente, troppi sono stati i cavalli che ho involontariamente ucciso nel corso della mia vita. »
Ringraziando di cuore, in ciò, il proprio estemporaneo compagno, e quel compagno… anzi compagna, in effetti, concessale dalla generosità di lord Brote, Midda Bontor ebbe a liberarla, oltre che di sé, anche dell’ingombro, e del peso, della sella, per concederle occasione di assoluto riposo. Una premura che, da parte della medesima, si dimostrò essere decisamente apprezzata, benché, nel fiero sguardo che ella ebbe allor a destinarle, alla Figlia di Marr’Mahew parve leggere lo stesso messaggio appena scandito da Pemir, nel merito di quanto, fosse dipeso da lei e dagli altri cavalli, non ci si sarebbe concessi opportunità di fermarsi sino al raggiungimento del loro obiettivo.
« Riposa anche tu… mia cara. » replicò quindi, in un quieto sussurro, l’Ucciditrice di Dei, accarezzando il capo della bestia e raccomandandole di non avere a rifiutare quella tregua così concessale « All’alba avremo a riprendere… e per allora avrò bisogno che tu sia al massimo delle tue forze. »
Nell’urgenza di partire, e di partire all’inseguimento di Be’Sihl e del suo rapitore, Midda e le proprie compagne, in effetti, non avevano avuto a concedersi il tempo utile a premurarsi di arrangiare una qualche particolare preparativo in previsione di una missione prolungata, e di una missione, pertanto, che avesse a prevedere una notte, o più notti, all’addiaccio: niente riserva di acqua, niente provviste i cibo, e, ovviamente, niente coperte.
Sospinte dalla speranza di avere a concludere, quanto prima, quella questione, raggiungendo in maniera rapida e decisa Be’Sihl e il suo rapitore, la Figlia di Marr’Mahew e le sue compagne erano partite esattamente per così come erano in quel momento, con buona pace di ogni minima organizzazione del necessario. E benché, nell’immediato, tutto ciò avesse avuto ad apparire quanto di più urgente e necessario da compiere, giunte a quel momento, e a quel momento prima neppur preso in considerazione nella propria possibilità di occorrenza, l’assenza di un’adeguata preparazione ebbe ad apparire palese innanzi a tutte loro, e alla stessa Midda Bontor.
Ma proprio la Figlia di Marr’Mahew, che aveva vissuto in maniera simile a quella la maggior parte della propria vita, non ebbe a lasciarsi scoraggiare da tutto ciò. E, anzi, non mancò di cogliere l’occasione per offrire alle proprie discepole un’importante lezione su come avere a sopperire a simili mancanze facendo riferimento al mondo attorno a loro, e a un mondo che, a differenza di quello allor natio per le desmairiane, non avrebbe avuto a doversi intendere avvelenato e necessariamente letale, quanto e piuttosto ricco di meravigliose opportunità per tutte loro… opportunità che, tuttavia, avrebbero avuto a dover imparare a riconoscere in quanto tali.
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