Invero, se la stessa ex-regina dei pirati dell’isola di Rogautt non si fosse ritrovata a essere, in prima persona, coinvolta con le assurde dinamiche proprie di Anmel Mal Toise e della sua discendenza, probabilmente molto più difficile sarebbe stato per lei avere ad accettare di scendere a patti con quelle creature dalle sembianze demoniache, non riuscendo non soltanto ad accettarle, ma anche e banalmente a comprendere in quale modo la propria gemella potesse essere in qualche misura legata alle stesse. Ma nell’essersi ritrovata, più o meno inconsapevolmente, estemporaneamente ospite dell’empio potere di Anmel Mal Toise, e di quell’ombra di sanguinaria coscienza nell’offrire spazio alla quale a fare le spese era tragicamente stato il suo primogenito, e nell’essersi ritrovata, parimenti, anche a confronto con lo stesso Desmair, seppur all’epoca all’interno del corpo di Be’Sihl; ella non avrebbe potuto avere di che riservarsi esitazione di sorta nel riconoscere la normalità propria nell’apparente assurdità dell’esistenza stessa di quella schiera di semidee, e di quelle semidee che, malgrado il proprio divino retaggio, avevano vissuto, sino a poco tempo addietro, in un’ingiusta situazione di reclusione, e di orrenda reclusione in una sotto-realtà ricavata dalla medesima regina Amnel all’interno della loro realtà, per avere lì a rinchiudere, in eterno, il proprio mai amato figliuolo. E nel confrontarsi con un senso di quieta normalità innanzi all’esistenza delle desmairiane, ella non avrebbe potuto ovviare a guardare alle stesse come le bambine che, sotto un certo punto di vista, avrebbero anche potuto essere considerate, benché, obiettivamente, per lo più comunque più vecchie di lei di secoli, se non, addirittura, di millenni.
« Il fatto che tu stia cavalcando assieme a una decina di semidee immortali, ovviamente, ha da considerarsi per te qual una banalità, immagino… » apostrofò quindi all’indirizzo della propria gemella, quasi con aria divertita, nel non avere, in effetti, a porre l’accento su nulla di nuovo nell’ordine di misura del distorto senso di realtà che ella aveva dovuto rendere proprio e, ciò non di meno, in qualcosa che chiunque altro avrebbe riconosciuto qual semplicemente assurdo.
« Nella stessa misura in cui può esserlo considerato il fatto che io stia cavalcando anche insieme alla mia gemella morta più di cinque anni fa, intendi…?! » replicò Midda, stringendosi appena fra le spalle a minimizzare, in effetti, la questione, e una questione a confronto con la quale, in effetti, l’assurdità più grande avrebbe avuto a doversi intendere non tanto nella presenza di Nissa in quanto non morta, ma nella presenza di Nissa in quanto sua acerrima nemica sino a poche settimane prima.
« Ragionevole. » annuì con convinzione l’ex-regina dell’isola di Rogautt, riconoscendo l’assoluta legittimità di quella posizione « Però, dimmi… come fai ad accettare che tutto questo sia normale…? » le domandò, non negandosi una certa, e legittima, curiosità a tal riguardo « Cioè… capiamoci. Io e le desmairiane, in verità, non rappresentiamo neppure gli aspetti più assurdi della tua quotidianità, nel considerare come le tue migliori amiche provengano da mondi distanti, e conviviamo entrambe nella stessa città con due versioni giovanili di noi stesse provenienti da un’altra realtà. » osservò, in riferimento a Duva e a Lys’sh, così come a Maddie e a Rín.
« Che vuoi che ti dica…?! » sorrise l’altra, scuotendo appena il capo, a evidenziare quanto la questione avesse a doversi riconoscere effettivamente priva di particolare ragione di enfasi dal proprio personale punto di vista « Mi conosci: non sono una che ama annoiarsi… »
« Sì, per carità. E ti posso anche comprendere… » annuì Nissa, nulla negando di quanto da lei così dichiarato « Ma un conto prendere parte a una rissa per conciliare il sonno… e un altro è vivere una vita tanto al di sopra da ogni concetto di normalità da apparire simile a un delirio da abuso di alcool o droghe. » replicò l’ex-regina dei pirati, inarcando appena un sopracciglio « E tu sei capace di affrontare tutto questo senza scomporti minimamente per ciò… »
« Mi piace pensare di essere in grado di mantenere la mia mente quanto più possibile aperta a nuove esperienze… e libera da facili pregiudizi. » tentò di giustificarsi l’altra, non sapendo francamente cos’altro poter argomentare a simile riguardo « E poi, nel momento in cui questa è diventa la tua quotidianità… non è che tu abbia molte alternative. O la accetti, o perdi il senno nel rifiutare la realtà. » puntualizzò, non perché ella stesse vivendo tutto ciò come un’esperienza obbligata ma, comunque, perché obiettivamente costretta ad accettare tutto ciò, anche ove ciò non fosse stato per lei né facile, né naturale.
« Non hai torto… » le concesse l’altra, accettando di concludere in tal maniera simile fugace parentesi.
Midda comprendeva, ovviamente, il senso dell’interrogativo propostole dalla propria gemella. E lo comprendeva nell’ordine di misura in cui, necessariamente, anche lei si era talvolta ritrovata costretta a riflettere a tal riguardo, e nel merito della piega che poteva aver preso la propria via. Non una singola piega, fra l’altro, ma una lunga serie di pieghe, tali da rendere impossibile anche e soltanto ricordare come potesse essere stata in passato.
Quante vite diversa ella aveva vissuto…? In quanti modi diversi era stata costretta a reinventarsi per star dietro a tutto ciò…?!
Eppure nulla di tutto quello la turbava, nulla di tutto quello la trovava insoddisfatta o contrariata. Anzi. Ella era felice di tutto ciò. Perché realmente amava la follia imprevedibile della propria esistenza, e di quell’esistenza di avventure per inseguire la quale, ancora bambina, era scappata di casa… abbandonando la propria gemella e tracciando quel solco per tanto tempo ritenuto incolmabile. E che pur, ormai, incredibilmente, sembrava aver trovato occasione d’esser colmato.
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