Arrestando il moto dell'asino, o forse semplicemente accogliendo a sé la bestia sfinita e ad un passo dalla morte per stenti, nell'assenza di acqua e cibo oltre che nella stanchezza accumulata in un viaggio evidentemente troppo lungo e continuato, Y'Ahalla sollevò delicatamente il braccio destro della ragazza, a sé più prossimo, per cercarne il polso e lì il battito cardiaco: se vi fosse stato ancora un anelito di vita, forse avrebbero potuto salvarla, curarla, concederle una possibilità di recupero; in caso contrario avrebbero potuto solo offrirle un rito funebre, ignorando non solo le ragioni di quella morte ma, addirittura, il nome della vittima medesima. Fortunatamente gli dei vollero concederle una speranza, lasciando scoprire, sotto ai polpastrelli ruvidi dell'uomo, un lievissimo battito cardiaco, estremamente fragile, decisamente debole, ma pur presente. In virtù di tale segnale, senza attendere l'arrivo del comandante che pur aveva mandato a richiamare, egli decise di agire rapido e tempestivo, levando delicatamente il corpo leggero della fanciulla dal dorso dell'animale per condurlo, senza ulteriori esitazioni, fino alla tenda del loro cerusico. E proprio in conseguenza a quell'azione, alla propria liberazione dal compito condotto a termine con tutte le proprie energie, l'asino levò un ultimo raglio, un gemito di dolore o, forse, di ringraziamento, prima di crollare al suolo, privato completamente di vita.
« Che Dahi'Nas possa accoglierti nella sua gloria… » commentò l'uomo, invocando la dea protettrice degli equini, tanto cara alle truppe di cavalleria leggera e pesante prima di ogni battaglia, sinceramente colpito dall'evidenza di quel sacrificio, dall'amore incondizionato che il quadrupede aveva posto nei confronti del proprio prezioso carico con passione ed orgoglio degno del migliore fra tutti i destrieri « Nell'ammirare la tua determinazione, sarà mia premura renderti omaggio conducendo in salvo colei che tanto fedelmente hai servito. »
Abbandonando il corpo dell'asino fra l'erba delle colline, nel ripromettersi di offrirgli una sepoltura adeguata a tempo debito, Y'Ahalla ebbe giusto il tempo di voltarsi ed iniziare ad incamminarsi in direzione del loro accampamento prima di scorgere la figura di Sa'Meehr in rapido avvicinamento a lui, seguito a breve distanza da Ra'Ahon. La sentinella, evidentemente, non aveva perso tempo ed aveva trascinato il comandante con sé, nell'accorrere nuovamente su quel limitare dell'accampamento, nella volontà di scoprire le verità celate dietro a quella strana apparizione.
« Y'Ahalla! » esclamò con voce forte, avanzando nella direzione dell'altro « Che accade, amico mio?! »

Il suo volto, oltre che dalla chioma e dalla barba, si poneva ornato anche a due occhi verdi, splendenti e simili a gemme di giada, in contrapposizione ad una pelle resa scura dal sole e, peggio ancora, drammaticamente rovinata lungo le guance da numerosi butteri. Questi ultimi erano, invero, una pesante eredità, un triste ricordo lasciatogli permanentemente da una malattia dalla quale egli aveva trovato salvezza ma nella quale tutta la sua famiglia era stata, purtroppo, sterminata: un evento lontano nel tempo, del quale egli non avrebbe, forse, potuto incolpare nessuno al di fuori degli dei, ma che lo aveva, invece, sospinto proprio nella via della guerriglia, non perdonando alla propria nazione di essere rimasta inerme di fronte all'epidemia tanto violentemente scatenatasi in quasi tutte le proprie province, nel voler mantenere concentrate le proprie energie e le proprie forze verso i problemi sul confine invece che impiegarle per fronteggiare quelli presenti internamente.
« Questa donna… questa ragazza… ha bisogno di aiuto. » riferì il responsabile delle sentinelle, non arrestandosi, non indugiando neppure alla vista del compagno, continuando nel proprio deciso cammino verso la propria meta, là dove la giovane avrebbe forse potuto avere salva la vita « E' giunta fino a qui condotta da un asino, morto per la fatica nell'adempimento del proprio ruolo. »
« Sappiamo chi sia? » domandò retoricamente Ra'Ahon già consapevole della risposta negativa, giungendo al fianco dell'altro nell'osservare, senza malizia alcuna, le forme della sconosciuta per tentare di identificarla.
Nel mentre in cui il suo braccio destro si concedeva, in conseguenza di un banale e recente incidente, ancora saldamente fasciato da bende bianche, nella mancina egli mostrava una lunga alabarda, a chiara riprova di quanto, nonostante l'assenza di una mobilitazione di massa da parte degli uomini dell'accampamento, non avesse voluto sottovalutare l'allarme condottogli dalla giovane sentinella e si fosse predisposto a fronteggiare qualsiasi eventualità.
Vestito con una casacca gialla, sdrucita nella propria stoffa al punto tale da non conteggiare neppure il braccio sinistro e dal mostrare, sul destro, giusto un avanzo, una parvenza di manica nella parte superiore, il comandante dei guerriglieri di quell'area presentava sopra la stessa un panciotto scuro, ornato da un motivo a righe verticali, e più in basso bianchi pantaloni, rattoppati e rammendati al punto tale da apparire mantenuti insieme unicamente dagli interventi voluti a rimediare ai danni riportati, e vecchi calzari color terra, in pelle morbida e dalle forme appuntite alle estremità. Un abbigliamento sostanzialmente povero, il suo, il quale pur non concedendo alcuna chiara idea del proprio ruolo all'interno di quell'accampamento, si poneva in fondamentale aiuto nel corso di missioni presso i centri abitati minori e presso la città di Y'Lohaf, capitale di quella provincia, dove egli riusciva pertanto ad apparire quale un semplice mendicante, uno straccione butterato non meritevole di particolari attenzioni.
« Nell'ipotesi che riesca a riprendersi, potrà essere lei stessa a dirci chi è e cosa le è accaduto… » commentò Y'Ahalla, in risposta alla domanda postagli « … sempre ammesso che possa esserci gradito scoprire la verità celata dietro al suo stato. » aggiunse, poi, condividendo con il proprio comandante ed amico i timori che già aveva avuto modo di esprimere rivolgendosi alle proprie divinità.
« Non ho mai tollerato certi comportamenti e mai li tollererò. » negò l'altro, scuotendo il capo innanzi a tale affermazione « Se dalle sue labbra dovesse emergere qualche accusa a dei nostri giovani, sarà mia premura impegnarmi affinché possano essere puniti secondo la legge. »
« La legge…?! » intervenne, disorientato, il giovane Sa'Meehr, temendo di non comprendere le parole del proprio comandante.
« Nessuno fra noi deve commettere l'errore di sentirsi superiore alla legge, per quanto proprio contro coloro che ne hanno le sorti fra le mani ci impegniamo a combattere ogni giorno. Non l'anarchia è quanto da noi ricercato… solo la pace. E la pace non può tollerare stupri e violenze. » espresse Ra'Ahon, con serietà assoluta nei confronti del ragazzo « Ricordalo bene e rammentalo anche a tutti i tuoi compagni, se mai vi ritrovaste nell'opportunità di decidere sulla vita di una giovane indifesa, per quanto a noi avversa. »
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