11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 5 luglio 2009

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L
a stanza si concesse con dimensioni decisamente modeste, minori di quanto probabilmente entrambi gli inattesi ospiti si stessero attendendo da un luogo originale, colmo di estro, quale quell’intero edificio si era loro presentato fino a quel momento: con una profondità ed una ampiezza non superiori a quelle dell’alloggio riservato alla donna guerriero presso la locanda di Be’Sihl, quell’area era caratterizzata, a ragion veduta, da proporzioni adeguate ad una camera da letto più che ad un ambiente di soggiorno dove, probabilmente, era stata in effetti concepita al momento della sua realizzazione unicamente per concedersi quale utile rifugio per l’amor mercenario, al quale non uno spazio maggiore sarebbe stato necessario per essere consumato. Non un giaciglio, però, si presentò ai loro occhi, quanto semplicemente un tavolo quadrato, in legno, decisamente grezzo nella propria lavorazione e rovinato nell’incuria del tempo, circondato da quattro seggiole, utili in occasioni di ritrovo quale quella estemporaneamente organizzata fra loro ed il protettore.
In piedi, in opposizione rispetto alla coppia ed alla porta d’ingresso da loro appena oltrepassata e, al contrario, prossimo ad una finestra rivolta verso la strada principale innanzi al lupanare, l’uomo presentatosi come Dhima li stava attendendo con un aperto sorriso, quasi di soddisfazione. Distinto da una pelle chiara, forse insensibile all’effetto dei raggi del sole o, forse, semplicemente tale in conseguenza del lungo inverno da poco terminato, egli mostrava un volto squadrato, con un grosso mento sporgente e strette labbra sopra di esso, a scoprire denti chiari e insolitamente puliti, nel considerare l’ambiente a cui comunque apparteneva: l’unico occhio visibile, il destro, si proponeva in tonalità castano-rossastre, nel mentre in cui sulla parte sinistra del viso, una benda di cuoio volutamente in similare colore, copriva l’evidente assenza dell’altro occhio, forse perso in una rissa o in un combattimento tempo prima. I capelli, lisci, ridiscendevano attorno a tale quadro lunghi e biondi, arrestandosi in un taglio che non concedeva loro di sfiorare le sue robuste spalle, scolpite e coperte, altresì, dalla stoffa di un panciotto nero, opaco nella propria trama e sporco di polvere sulla propria superficie, posto quale unica copertura di un torso robusto, scolpito nella propria muscolatura e reso particolarmente lucido in conseguenza di una patina di sudore su pelle completamente glabra. Accanto a tale indumento, solo un paio di pantaloni verdi e stivali in cuoio scuro coprivano le sue forme, dimostrandosi ampli i primi e stretti i secondi attorno ad esse, in uno stile vagamente influenzato dalla moda y’shalfica per quanto non cedendo completamente ad essa, rivelandosi chiaramente lontani dall’essere realmente originari di tale reame: non verso tali particolari, però, fu attratta l’attenzione tanto della mercenaria quanto del suo scudiero, ove egli stava facendo sfoggio, con assoluta tranquillità, di uno scudo rotondo imbracciato alla destra ed una lunga alabarda lucente stretta nella mancina, con la punta rivolta al suolo.

« Sii la benvenuta, Midda Bontor… » la invitò, quasi non si stesse mostrando pronto per una battaglia all’ultimo sangue, per una guerra in piena regola.
« Con quale ipocrisia ti spingi a pronunciare simili parole?! » definì con fredda condanna la mercenaria.

In quelle parole, ella non mancò di osservare la porta chiudersi prevedibilmente alle proprie spalle, offrendo evidenza ad una potenziale trappola così predisposta. Ciò nonostante, la Figlia di Marr’Mahew non si concesse assolutamente intimorita da quel confronto, sebbene fosse consapevole di come un’arma di quel genere avrebbe potuto esserle decisamente nociva se maneggiata con maestria: differentemente rispetto ad uno stiletto o ad una spada, infatti, essa l’avrebbe potuta ferire o uccidere senza neppure richiedere al suo possessore di avvicinarsi a lei e, in ciò, di porsi a distanza utile per un suo contrattacco fisico.

« Se ti riferisci a questi… non temere, te ne prego. » insistette egli, riservandosi un evidente sarcasmo nell’accennare alla possibilità di un’inquietudine da parte della donna, sottintendendo, per quello, ad una sua chiara debolezza in un loro possibile confronto.
« Se credi che simili sentimenti potrebbero animare il mio cuore sei ancora più sciocco di quello che potresti sembrare. » replicò ella, storcendo le labbra « Probabilmente ancora non sai come il tuo nome mi sia stato donato quale premio per aver definito la mia assoluta dominazione sulla moltitudine di avventori di una taverna a te cara, spronati contro di me da una stolida taglia proclamata dal tuo signore Bugeor. E’ a tale riconoscimento che, forse, tu brami nel mostrarti in questa postura innanzi a me? »
« Considera tutto ciò quale una precauzione a garanzia della mia sicurezza e non come una minaccia in contrasto alla tua. » rispose l’uomo, decidendo, evidentemente, di correggere la propria politica, forse nel timore di aver esagerato con il proprio ardire « Del resto la tua fama è nota e straordinaria… anche a prescindere da chi possa aver recentemente donato il sangue del quale il tuo corpo e le tue vesti sono bagnate. »

Rovesciata, in tal modo, la questione, la donna guerriero non mancò di offrire un sorriso al proprio interlocutore, invitando poi, con un gesto, il proprio scudiero a prendere posizione al tavolo: se anche il protettore, inizialmente, poteva aver supposto di trasformare quell’invito in una trappola, le parole da lei pronunciate dovevano essere risultate sufficientemente chiare da portarlo a mutare il proprio pensiero, abbandonando l’ipotesi di uno scontro diretto, almeno per il momento.
Seem, dopo un momento di incertezza, decise di offrire assoluta fiducia alla propria signora, lasciando al suo giudizio il compito di trarre ogni conclusione necessaria per la loro sopravvivenza, come del resto aveva più volte ampiamente dimostrato di saper fare senza alcun margine di errore.

« Accetto, in virtù di tale spiegazione, di buon grado la tua presenza armata nella stanza, ritraendo le accuse precedentemente formulate nel merito della tua viltà. » affermò poi, a conclusione di quella prima questione « Del resto, confidente con la mia nomea come dici di essere, dovresti ben sapere come l’ipotesi di un utilizzo di quell’arma a mio discapito condurrà solo e inevitabilmente alla tua prematura scomparsa… »
Tutt’altro che soddisfatto da tale avvertimento, Dhima mascherò quella che ora divenne chiaramente sua inquietudine dietro un altro ampio sorriso, prima di proseguire nel discorso, restando immobile nella posizione occupata: « Dunque… pocanzi mi è parso che tu accennassi all’esistenza di prove secondo le quali Degan, il tranitha, non si sarebbe suicidato dopo aver ucciso le nostre due donne, ma sarebbe a sua volta rimasto vittima di un assassinio. »
« E’ così. » annuì la donna, prendendo a sua volta posizione al tavolo, accanto al proprio scudiero ed in opposizione all’interlocutore.
« E queste prove…? » invitò allora l’uomo, cercando evidentemente di soddisfare una personale curiosità a tal riguardo, dove fino a poco prima aveva considerato quale verità innegabile quella conseguente alla teoria dell’omicidio-suicidio.
Ma la mercenaria non parve volergli ancora concedere soddisfazione, preferendo iniziare, a sua volta, a porre domande, dove del resto ella era giunta fino a lì non per essere interrogata ma per inquisire, nella ricerca delle risposte di cui, purtroppo, si poneva attualmente sprovvista: « Ho saputo che, quella sera, Degan non aveva preventivamente programmato alcun genere di… attività ricreativa, se così vogliamo definirla. Eppure è stato ritrovato in compagnia. Cosa mi sai dire a tal riguardo? E’ stato lui a convocare le prostitute successivamente rimaste a loro volta vittime di quella piccola strage oppure l’iniziativa è partita da qualcun altro? »
« Beh… permettimi di escludere che Nihavi e Niste si siano presentate senza invito a casa sua. » contestò egli, aggrottando la fronte « Per quanto fosse un loro abituale frequentatore, nessuna fra le nostre protette sprecherebbe una notte di potenziali profitti per andare a fare la corte ad un cliente senza che egli abbia espresso un’esplicita volontà a tal riguardo. »
« Non cerco congetture ma certezze. » specificò la donna, scuotendo il capo « E, comunque, la tua osservazione non esclude l’eventualità che sia stato qualcun altro a convocarle a casa di Degan, senza che egli lo avesse previsto. »

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