11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 9 giugno 2012

1603


S
e l'energia rossa si era limitata a rimbalzarla lontano; e quella blu le aveva imposto una tremenda scarica, non dissimile a quella di un fulmine; l'energia gialla si rivelò decisamente peggiore, imponendosi su di lei simile a un'oscena carica di piccole lame, rasoi forse, i quali nel momento in cui raggiunsero le sue vesti e la sua carne la trucidarono, lì aprendo non qualcuna, non dozzine, ma addirittura centinaia di piccoli tagli, quasi ella fosse stata gettata in un tritacarne. Le sue vesti furono le prime a essere spazzate via, ancora una volta assorbendo fortunatamente l'azione maggiore di quell'offensiva e, in ciò, venendo ridotte a brandelli sparsi, in maniera confusa e incoerente. E, dopo di esse, fu il turno della sua pelle e della carne sotto di essa a logorarsi, venendo tagliuzzata in maniera confusa e incoerente, fra la curva inferiore dei seni e il pube, con la sola eccezione di una striscia di carne da lei parzialmente protetta con il proprio braccio destro, all'altezza dell'ombelico. Un'offesa dirompente, e straziante, che la vide prima ringhiare tutto il suo dolore, e subito dopo lasciarlo esplodere in un alto grido, nel mentre in cui gli occhi non poterono mancare di colmarsi di lacrime per tanta pena, per tanto inferire in proprio contrasto.
Guerra era abituata al dolore. Ella aveva provato dolore in termini che la maggior parte dei guerrieri, di sesso maschile, non avrebbero accettato di sopportare, preferendo a esso la morte, qual sinonimo di liberazione. E dal dolore, ella aveva sempre tratto insegnamento, accogliendolo non quale una punizione quanto un insegnamento, il più importante insegnamento bellico che mai avrebbe potuto sperare di apprendere. Dopotutto, sin dall'infanzia, ogni infante figlio di uomo e donna, è costretto a confrontarsi con il mondo spesso in misura anche dolorosa, per apprendere i propri limiti e le proprie possibilità: molte, troppe forse, sono le cadute che contraddistinguono la crescita e la maturazione, ma da ogni caduta, quanto realmente importante sarebbe sempre derivato sarebbe stato l'insegnamento utile a evitare di ripeterla, di ritornare in quella posizione di fallo. Purtroppo, in tale occasione non sarebbe stato semplice per lei confrontarsi con simile principio, per quanto proprio, per quanto personale. Non dove la maggior parte del suo addome era lì stata appena trasformata in una veste di sangue e carne da ferite, fortunatamente, non letali ma non per questo gradevoli.

« Figlio… d'un cane… rabbioso… » rantolò ella, ancora a denti stretti, bocca chiusa con vigore tale che sarebbe stato giusto temere che si sarebbe frantumata entrambe le arcate, superiore e inferiore « Io non ti ucciderò… non subito. Io ti farò soffrire… ti affetterò lentamente… come la coscia di un porco. E godrò del tuo dolore… della tua pena. » asserì convinta, non scandendo quelle minacce per il semplice gusto di parlare, di lasciar risuonare la propria voce, ma qual impegno concreto, qual giuramento verso di lui formulato, scandito con ferma decisione.

E se lo stregone non poté parlare, ove ancora privo di una bocca degna di essere definibile tale, e con la testa ripiegata all'indietro, contro la schiena; egli seppe comunque far intendere la propria risposta, nel riunire nuovamente le mani innanzi al petto allo scopo di plasmare una nuova offensiva verso di lei, facente necessariamente proprio un solo, unico messaggio comprensibile in qualunque lingua… "sei morta!".

« Dannazione… » imprecò Guerra, sinceramente timorosa all'idea di una seconda aggressione pari a quella appena subita, che sarebbe potuta penetrarla fino all'intestino, quantomeno, se non oltre ancora.

Con un gesto fulmineo, conseguenza di un riflesso indotto ancor prima che evidenza di un qualche raziocinio, la mercenaria lanciò nuovamente la propria spada verso di lui, ora non ricorrendo alla propria destra, ma direttamente con la mancina, evidenza di come quell’offensiva non fosse stata minimamente ponderata. E quasi prima che ella potesse accorgersi di quanto compiuto, volteggiando la spada andò a conficcarsi sullo stregone, in pieno petto con la stessa grazia che si sarebbe potuta attendere da parte di un più modesto pugnale.
Impatto, quello conseguente a tutto ciò, che sospinse lo stregone all’indietro un attimo prima che egli potesse completare la creazione di una nuova sfera gialla, sfera che, in una misura inferiore rispetto alla precedente, venne pertanto proiettata verso il cielo, apparentemente negando l’eventualità di un’offensiva a suo effettivo discapito. Aggressione, purtroppo, che non venne comunque ovviata, ove, per quanto non terminato nella propria genesi, quell’ammasso globulare di energia era già stato addestrato a individuare e colpire la donna guerriero, la quale, pertanto, non ebbe alcuna possibilità di sfuggirgli, non in misura maggiore a quanto già non ne avesse suo malgrado avuta in precedenza.

« Maledetto… » gridò, non riuscendo a trattenere l’immane dolore nel momento in cui la sfera la colpì al centro della schiena, là dove già ella era stata sufficientemente ferita in troppi modi diversi e dove, in quel momento, lo stregone infierì senza pietà, distruggendo anche in quel punto quanto rimasto delle sue vesti e, soprattutto, quanto rimasto delle sue carni, in un’esplosione di sangue che, oscenamente, si nebulizzò su tutta l’erba e le foglie dietro di lei, ammantandole di rosso, vivo e sofferto.

Forse in conseguenza di quel grido ormai non più trattenuto; forse in grazia dell’immagine di lei piegatasi in avanti, caduta a carponi sulla terra del sottobosco; forse, e ancora, perché alfine semplicemente riconosciutala; fu proprio in immediata successione a quel momento che l’elementale, sino ad allora rimasto in disparte, emise un lampo di luce, improvvisamente aumentando l’intensità delle proprie fiamme, probabile espressione della propria furia.
Se solo lo stregone avesse ancora potuto osservare la reazione del proprio supposto servitore, si sarebbe probabilmente… certamente preoccupato per cosa, in quell’immagine, sarebbe potuto derivare per lui e per il proprio futuro, dipinto allora in toni certamente cupi. Ma l’uomo, in tal modo quasi decapitato e, comunque, distratto da quanto esso avrebbe potuto compiere, nel concentrare tutta la propria attenzione nei riguardi della donna che, non paga, aveva voluto insistere nella propria supponenza con quella lama conficcatasi nel mezzo del suo petto; non ebbe modo di accorgersi di quanto l’infante di fuoco stava compiendo e, prima che un nuovo globo di energia potesse essere da lui creato, del tutto indifferente alla spada avversaria, un’altra sfera venne lanciata contro di lui: una sfera di fuoco. L’elementare, infatti, non era solo simile a quello che Guerra aveva già avuto modo di conoscere e affrontare. Esso era proprio lui. E, evidentemente ancora facendo proprio un piacevole ricordo di lei, e dell’intrattenimento che ella gli aveva concesso, non desiderava permettere ad alcuno, neppure al proprio evocatore, di arrecarle tanto danno come, trasparentemente, egli stava compiendo.
Così, prima che una terza massa di energia gialla, con il proprio carico di dolore, potesse essere plasmata e gettata contro di lei, la sfera di fuoco colpì l’uomo, con severità, con violenza, non semplicemente ferendolo, ma addirittura incendiandolo, nell’avvolgerlo completamente con terribili lingue di fuoco dalle quaqli alcuna salvezza sarebbe potuta essergli offerta. E dando ragione alla mercenaria e alle sue ipotesi, quel rogo si dimostrò essere tutto ciò che sarebbe potuto occorrere per distruggerlo, per arrestare un uomo, forse ormai più prossimo a una creatura, altrimenti inarrestabile, lì finalmente ridotta in polvere.

« E bravo… il mio ragazzino… » commentò ella, focalizzando con difficoltà il proprio sguardo sulla scena, ma, malgrado ciò, riuscendo a intendere perfettamente cosa diamine stava accadendo, quale insperato aiuto le fosse stato lì concesso.

Parole, le sue, di sincero complimento e approvazione nei riguardi dell’elementale, alle quali non poté far seguire altro che la propria perdita di coscienza, nel ricadere al suolo ancora viva, ma troppo sofferente, troppo provata e troppo stanca per potersi mantenere lucida un solo istante di più, svanita qual era la minaccia dello stregone.

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