11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 2 settembre 2012

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Scena III

(Entrano da sinistra, con passo rapido, Mu’Rehin e cinque delle guardie a lui offerenti fedeltà. Come già per la prima scena in cui sono intervenute, le guardie possono essere semplici figuranti: in questa scena la figura portante sarà quella di Mu’Rehin che, da solo, dovrà reggere il peso della situazione e della recitazione, come già sua cugina ha compiuto a suo tempo.)
(Mu’Rehin indichi ai suoi uomini cinque direzioni diverse e, senza dire una parola, lì invii lungo tali percorsi, per cercare una qualunque traccia dell’amata cugina scomparsa. Gli uomini obbediscano e, chi verso destra, chi verso sinistra, chi persino fra il pubblico, si allontanino per eseguire i suoi voleri, pregando di ritrovare, quanto prima, la principessa scomparsa. Così, il giovane si ritrovi solo al centro del palco, guardandosi attorno con aria smarrita.)
Mu’Rehin – Mio padre, prima, e mia cugina, poi… scomparsi nello stesso giorno. Insieme? (Riflette ad alta voce.) O forse no. Forse scomparsi in momenti diversi. Per ragioni diverse. Neppur venendo informati l’uno dell’altra. E viceversa. (Ipotizza, sollevando lo sguardo al cielo, quasi a cercare lassù una risposta.) O forse no. Forse scomparso l’uno e al suo inseguimento l’altra. O viceversa. (Aggrotta la fronte, ritornando a mostrare i propri occhi in direzione del pubblico.) Potrebbe essere scomparsa solo Ah’Reshia, e mio padre, di gran carriera e in assoluto silenzio, potrebbe essersi posto sulle sue tracce. Parimenti, potrebbe essere scomparso mio padre, e Ah’Reshia, sospinta dal suo infinito desiderio di avventura, potrebbe aver cercato di inseguirlo, per ritrovarlo e ricondurlo a casa come un’eroina delle storie che tanto ama.
Ovviamente, in tal caso, mio padre non sarebbe realmente scomparso. E anche negli altri casi. (Riprende dopo un fugate istante di silenzio riflessivo.) Perché mio zio, il principe, ha detto che mio padre è dovuto partire improvvisamente per una destinazione che non ha potuto rendere nota; ma che, tuttavia, tornerà presto indietro. Ed egli non avrebbe avuto alcuna ragione per mentirmi. (Asserisce meno sicuro di quanto preferirebbe essere.) O forse… no?!
Mio zio Mu’Sah non è una persona semplice… (Sospira,cercando di fare mente locale sull’attore protagonista di tale riflessione.) Non è una persona semplice da comprendere. (Soggiunge, a meglio definire le proprie stesse parole.) Ma potrebbe davvero saper qualcosa che non desidera condividere con me? O, peggio, potrebbe aver scelto volontariamente di distorcere la realtà, al fine di presentarmi una versione che fosse in grado di soddisfarmi, al di là di ogni possibile rispetto dovutomi?
Il rispetto dovutomi. (Ripete, ad analizzare le proprie stesse parole) Chi può dire se esiste veramente?!
Dopotutto io non sono un principe, né il figlio di un principe. Sono il nipote di un principe che, innanzi agli occhi del principe potrebbe avere lo stesso valore di un qualunque cavallo appartenente alla sua scuderia. (Ammette, ben coscio del proprio reale valore.) Tuttavia, neppure a un cavallo qualunque appartenente alla propria scuderia, il principe strapperebbe i ferri e lo getterebbe, senza ragione, a partecipare a una gara… soltanto per vederlo perdere rovinosamente.
Nessuno corre per perdere. Nessuno. E non di certo il principe.
Il principe ha sempre agito solo per vincere. (Afferma con convinzione.) Tutto ciò che ha mai fatto è per la propria vittoria, per il proprio predominio. E quanto meno assurdo sarebbe credere che possa avere una ragione per agire in direzione contraria. Non, quantomeno, se ciò non significasse… cielo… vincere comunque. (Deduce, non trovando ragione di rallegrarsi a quell’ipotesi.)
Se così fosse, tuttavia, il principe avrebbe scommesso sull’ultimo fra tutti i propri cavalli con il fermo intento di vincere comunque, scommettendo uan somma ancor maggiore sul cavallo giudicato realmente vincente. Ma chi potrebbe mai esser quel cavallo? E, soprattutto, oltre al mio sacrificio, il mio caro parente, ha previsto anche Cosa potrebbe succedere nel caso in cui, alfine, dovessi sopravvivere?
Forse sarà sua premura quella di liquidarmi con le proprie stesse mani. Oppure, quella di riaccogliermi a braccia aperte, quale il figlio che non ha mai avuto e che, più volte, ha ripetuto di riuscire a vedere in me.
Ciò che mi sfugge, tuttavia e al termine di questo esame, è solo la risposta a un semplice interrogativo: ove è finito mio padre? E con lei mia cugina?
Un circolo vizioso, apparentemente privo di ogni possibilità di interruzione. Un circolo vizioso che pur, io, dovrò impegnarmi a spezzare se desidero non essere, a mia volta, spezzato…
(Si zittisca, come se avesse sentito qualcosa. E per un lungo istante resti in attesa di qualcosa, forse qualcuno, o forse, e più semplicemente, di uno sviluppo… uno sviluppo, tuttavia, che non sembra intenzionato a concedersi a lui con tanta banalità.)
Mu’Rehin – Niente. (Scuote il capo, con una certa delusione.) Eppure mi era sembrato di aver sentito qualcosa. Qualcosa che mi permettesse di sperare in una lieta conclusione di questa storia.
E’ triste, tuttavia, concedersi già sufficiente consapevolezza con la vita reale da comprendere quanto poco lieta, alla fine, si dimostrerà una storia che è come una vita intera. Perché già la vita, nella maggior parte dei casi, difficilmente sa essere misericordiosa o, forse, difficilmente vien plasmata qual misericordiosa dall’ineffabile e imprevedibile volere degli dei tutti, che la sballottano da un fronte all’altro in misura sin’anche peggiore di quanto mai potrebbe compiere un pargolo con un proprio balocco, seppur animato, in ciò, dalle migliori intenzioni.
Balocchi per dei? E’ questo che siamo?
Eppur la mia ora scomparsa cugina è sempre solita sostenere che non esista alcun destino prefisso e, a imitazione di una delle proprie eroine, chiunque può scrivere il proprio destino, divenire autore della propria vita, non abbandonandola, banalmente, nelle mani di una creatura superiore, ma, anzi, combattendo per il diritto a essere e a essere libero, estraneo a ogni volontà al di fuori della propria… (Rammenta, con un dolce sorriso sulle labbra.) E proprio ella, per prima, non apprezzerebbe la mia facile caducità innanzi alla semplice parvenza di un piano superiore, una strategia forse neppur tracciata e, tuttavia, nel confronto con la quale non mi è dato di esimermi.
Perché fra credere che mio sia il potere di compiere qualunque fato a mia scelta;, e credere che sol degli dei abbia da intendersi tale prerogativa;, non solo più semplice ma, persino, più gradevole ha da intendersi la seconda opportunità, sgravando il cuore e l’animo da ogni preoccupazione, da ogni paura.
D’altra parte non a noi è dato di scegliere il momento e il modo in cui saremo posti al mondo, né, parimenti, quello in cui ce ne andremo. Non, quantomeno, nell’escludere una soluzione sì banale, sì priva di valore, che persino agli occhi degli dei è disprezzabile, in quanto non solo un affronto qual rifiuto della loro volontà, nella buona e nella cattiva sorte, ma, ancor più, un rifiuto della magnifica occasione a tutti noi concessa attraverso la vita…
(Riflette, come sempre non riuscendo a immaginare le ragioni proprie dei suicidi, né avendo successo, o quantomeno volontà, di giustificarli. E subito si rimprovera, intimamente e pubblicamente, per essersi concesso un tanto prolungato frangente di estraneazione dal primo e solo proprio attuale problema: il recupero di Ah’Reshia, che, certamente, fra tutte le vie mai avrebbe reso propria quella del suicidio, neppure innanzi al più orrendo incubo fra tutti quelli che mai la sua mente avrebbe potuto elaborare.)
Mu’Rehin – Basta pensare al peggio. E basta pensare ai morti privi di grazia divina, laddove certamente mai fra loro troverò la mia adorata cugina, principessa y’shalfica. Perché mai, ella, potrebbe commettere l’orrendo delitto di privarsi della propria felice esistenza, troppo affezionata alla vita per rinunziarvi, soprattutto senza una solida ragione in tal senso. (Commenta sospirando.)
Né, in quelle schiere, sarà mia l’occasione di trovare mio padre… (Riprende immediatamente, nel proseguire con quel parallelo fra le due persone più importanti della sua intera esistenza e la loro strana concomitanza.) Neppure mio padre, sopravvissuto alla guerra e alla morte di mia madre, potrebbe perdonarsi il suicidio, atto che gli negherebbe quelle visioni di estasiante bellezza nel merito di cui non può fare a meno di fantasticare, soprattutto riportando, io credo, il pensiero all’unica donna che mai abbia amato e che, nostro malgrado, è andata perduta… perduta per sempre. Ma che, in simili viaggi onirici, vive ancora, in un mondo migliore.

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