11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 28 settembre 2012

1714


Caldi baci sulla pelle candida, tempestata di efelidi.
Labbra carnose che accarezzavano le sue forme, risalendo dai talloni ai glutei, dai glutei a alla schiena, dalla schiena al collo. E sul collo si soffermavano, fra il dolce e l’appassionato, tentando vanamente di suggere da ogni suo singolo poro qualche afrodisiaco e inebriante succo, d’amore e di lussuria, qual ciò che li animava, spingendoli in quel movimento continuo, costante, al contempo folle ed eccitante.
Caldi baci simili a droga, dai quali, al contempo, ella avrebbe voluto rifuggire senza, tuttavia, potersi definire sufficientemente forte per farlo, sufficientemente salda, nei propri propositi, per concedersi una tale opportunità. E così, impossibilitata anche e persino a gemere, ella non poté fare altro che offrirsi, per una volta, vittima anziché carnefice, succube anziché dominatrice, provando solo, semplice e apparentemente infinito piacere per tutto quello, per la posizione in cui egli l’aveva costretta.
Per anni ella si era a lui negata, temendo che, nel momento in cui quella loro specie di amicizia avesse tentato di progredire a un livello superiore, tutto sarebbe bruscamente finito, privandola anche della più elementare, ma sempre apprezzabile, possibilità di discorrere con lui, in occasione dei loro appuntamenti mattutini. Così, tuttavia, non era stato. E il giorno in cui alcun freno inibitore era riuscito a tenerli a debita distanza, ella aveva anche compreso che, dopo di lui, non avrebbe più potuto desiderare altro uomo. Perché egli, a differenza di ogni altro amante con cui avesse mai giaciuto, si era offerto capace di comprenderla, di comprenderla veramente, nel profondo della sua anima, così come, da troppo tempo, nessuno era stato più in grado di fare.
Ora… ora che il loro amore era esploso, violento e dirompente, ella sentiva l’esigenza di lui, della sua presenza, dei suoi baci e dei suoi abbracci, persino del suo peso sopra il proprio corpo, con la stessa brama con la quale, in procinto di affogare, avrebbe anelato a un ultimo respiro, a un ultimo contatto con l’aria. E nell’avvertire quella sensuale presenza contro la propria schiena, sopra la propria schiena e sopra i propri glutei, ella non avrebbe potuto fare altro che offrirsi a lui, con il proprio corpo, con il proprio cuore, con la propria mente e, persino, con la propria anima, vittima sacrificale al dio oscuro che, in quei momenti, egli rappresentava per lei, a lui votatasi completamente.
Ella era sempre stata una donna forte, si era abituata, sin da bambina, ad agire ancor prima di pensare, senza offrire il benché minimo tributo di rispetto ad alcuno. Uomo, mostro o dio. Tuttavia, con lui, insieme a lui, ella aveva scoperto una nuova bramosia. Quella di poter essere sua. Di poter essere da lui dominata e vinta. Per la prima volta arrendevole, per la prima volta capace di abbassare la guardia e di godere, sotto ogni profilo, del tempo presente. E di quanto, in esso, offertole.
Sempre, necessariamente tesa; sempre, necessariamente paranoica; privata, dalla propria stessa scelta di vita, quella dell’avventuriera mercenaria, nonché della guerriera, della possibilità di lasciarsi realmente andare, obliare ogni pensiero, ogni preoccupazione, per poter essere solo se stessa; pur avendo avuto altri compagni, altri amanti, ella si era dimenticata, onestamente, come essere felice nell’intimità, nel rapporto con l’altro, nella sfera della propria sessualità. Troppe volte, troppo spesso, per lei quell’atto, di possibile, straordinario appagamento e completa dimenticanza, si era trasformato nell’ennesimo esercizio fisico, nell’ennesimo allenamento nel quale, pur senza particolare negatività, non era stata in grado di trovare quell’intimo giubileo che, altresì, aveva ottenuto  insieme con lui. Una sensazione di benessere e di pace con se stessa e con il Creato intero, della quale non avrebbe potuto evitare di appassionarsi, desiderandone sempre di più, sempre in quantità maggiore, per un tempo prolungato… non diversamente da una droga.
E più egli si univa a lei, premendo con il proprio corpo sul suo, quasi a tentare di divenire una cosa sola; più ella lo desiderava, pregandolo di non allontanarsi, supplicandolo di non smettere, addirittura persino minacciosa in tali richieste, nel timore che tanto piacere potesse esserle sottratto. E il nome di lui, prima a stento sussurrato, istante dopo istante, acquistava forza e, persino, prepotenza, venendo, presto, addirittura gridato, mentre le unghie della sua mano sinistra, e le dita in freddo metallo della sua mano destra, torturavano la testiera del letto, lì aggrappate con la stessa foga di un naufrago all’unico appiglio rimastogli.
Alcuna inibizione, alcuna remora, alcun freno ella volle rendere propri nel gridare il proprio piacere, nell’urlarlo a pieni polmoni, nel forse lento, forse incredibilmente rapido, crescendo verso l’estasi, del tutto disinteressata all’eventualità che altri potessero udirla, che quel suo gemere incontrollato potesse raggiungere orecchie indiscrete. Non esibizionismo il suo, volendo essere puntuali in tale osservazione, quanto e piuttosto semplice mancanza di pudore o di imbarazzo per se stessa e per le proprie emozioni, equivalente motivo per il quale non era solita considerare la propria eventuale nudità quale una motivazione utile per sottrarsi a uno scontro, o a qualunque altra esigenza forzosa, imposta da un fato avverso.
Suo pari, e suo completamento, con quella naturalezza, quella spontaneità che non avrebbe potuto evitare di renderla ancor più folle per lui; anche egli non si pose imbarazzo alcuno nel sentirla gridare apertamente il suo nome, incitandolo a non arrestarsi, a non osare neppure pensare di arrestarsi. Al contrario, da tutto ciò derivò, per lui, solo uno sprone a proseguire, stringendo le mani attorno ai suoi fianchi, nella soddisfazione di  sentirla completamente sua, vittima del suo amore almeno quanto egli stesso era solito sentirsi reciprocamente tale. E il pensiero che ella fosse colei che era, straordinaria guerriera, incredibile avventuriera, leggenda vivente, nonché meravigliosa donna trasudante sensualità da ogni propria, procace curva, non avrebbe potuto che rendere quel momento, quella conquista, ancor più eccitante e appagante, anche ove, ovviamente, mai si sarebbe permesso di ricercar vanto dalla propria relazione, dal proprio tanto faticosamente instaurato rapporto.
Neppure quando l’estasi li travolse, e tanto l’uno quanto l’altra per un lunghissimo istante temettero di perdere i sensi; la foga della loro complicità amorosa venne meno. Ebbri del loro comune piacere, essi non ebbero neanche bisogno di parlare per concordare un’immediata ripresa: fu sufficiente, semplicemente, mutare appena le rispettive posizioni, per veder riprendere esattamente come, pocanzi, era stato estemporaneamente interrotto. E dalla sua schiena e dal suo collo, quei caldi baci ricolmi di passione e di desiderio, si avventarono sulle sue labbra e sui suoi seni, in una folle indecisione fra forme egualmente sensuali ed egualmente attraenti per lui. Un’indecisione, un’incertezza, che ella non volle comunque punire e, anzi, che cercò di ricompensare, offrendosi, di volta in volta, al meglio possibile per lui, per soddisfare quei suoi appetiti, sfruttando l’indubbia preparazione atletica del proprio corpo, delle proprie membra, per concedersi a lui quasi quale un piatto da cui attingere liberamente, vassoio ricolmo d’abbondanza qual alcuna cornucopia avrebbe potuto eguagliare.
E anche dove i baci divennero eccessivamente possessivi, quasi prepotenti, nel tentare addirittura di divorarne le smisurate forme; ella mai si lamentò, contorcendosi, anzi, per il piacere che, dai suoi pur sapienti gesti stava derivando per lei. Privata, poi, della testata del letto qual punto d’appoggio su cui sfogare l’incontenibile eccitazione crescente in lei di istante in istante da quella loro nuova postura; ella non ebbe a dispiacersi nel dirigere le proprie unghie, di volta in volta, sul petto o sulla schiena del proprio amante, lì selvaggiamente penetrando e da lui non ricevendo maggiore rifiuto o rimprovero rispetto a quello che ella stessa avrebbe potuto parimenti invocare qual proprio e, anzi, ottenendo sempre e soltanto reazioni di inalterato entusiasmo e soddisfazione, da parte di colui che mai avrebbe potuto tradire le sue aspettative.

« Be’Sihl… Be’Sihl… Be’Sihl… » ansimò e gemette, socchiudendo gli occhi per godere, al pieno, di quel meraviglioso momento, già pronta a gridare nuovamente con tutta la propria forza il suo nome, non appena egli gliene avesse riservata l’opportunità, qual, non temeva, presto sarebbe avvenuto.

Purtroppo per lei, quando il suo sguardo tornò a riaprirsi, il mesto panorama caratteristico dei monti Rou’Farth rimpiazzò la presenza del proprio amato Be’Sihl sul proprio corpo, e benché fosse oltremodo eccitata e ampiamente denudata, Midda Bontor, Figlia di Marr’Mahew, dea della guerra, fu costretta a confrontarsi con la consapevolezza di quanto nulla fosse appena accaduto… se non nei suoi più intimi, e appassionati sogni.

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