« Secondo me vi state facendo veramente un sacco di male senza alcuna ragione. » sancì allora Duva, riservandosi l’opportunità di un profondo sospiro, prima di costringersi pigramente ad assumere una posizione eretta, nel porsi a sedere a terra, con le gambe incrociate, apparentemente dimenticando la propria spada a due piedi da sé, là dove pocanzi era prima sdraiata « Per carità: magari siete quel tipo di persone che godono nel soffrire ma... francamente credo ci siano modi migliori per procurarsi piacere rispetto a farsi prendere a legnate in faccia. »
Benché, allora, quei briganti non avrebbero potuto riservarsi alcun particolare beneficio dalla sconfitta di quelle due donne, in termini tali per cui avrebbero potuto anche e quietamente cedere il passo e tirarsi indietro; la questione, per loro, avrebbe potuto essere riconosciuta qual ormai animata da puro e semplice orgoglio, e quell’orgoglio a confronto con il quale mai avrebbe potuto essere accettata quell’umiliazione, e quell’umiliazione così inflitta da due figure apparentemente qualunque, in netta inferiorità contro di loro, fosse anche e soltanto dal punto di vista numerico.
Inoltre, se fossero state sufficienti davvero due semplici viandanti a costringerli a retrocedere lungo i propri passi, quale credibilità avrebbe mai potuto riservarsi la loro causa, e quella causa di supposta ribellione contro il potere sovrano di Kofreya...?
No. Quello scontro aveva avuto inizio per una loro scelta e non avrebbe potuto concludersi prima della sconfitta di quelle due donne.
« Maledizione! » ringhiò qualcuno nel gruppo « Attacchiamole tutti insieme...! »
Benché avrebbe potuto apparire qual qualcosa di stereotipato, nulla di improprio avrebbe mai avuto a dover essere inteso dietro la scelta, da parte di un gruppo numericamente superiore nel confronto con un avversario tanto sproporzionatamente inferiore a sé. Non in una rissa e, certamente, non in una battaglia.
Il problema principale di un combattimento, e di un combattimento atto a coinvolgere più di un paio di diretti rivali, infatti, avrebbe avuto a doversi riconoscere nell’incontrollabile e sempre crescente entropia che, da ciò, avrebbe potuto derivare, in termini tali per cui, dopo pochi istanti, minuti al più, impossibile sarebbe stato avere ancora un qualche reale controllo della situazione. E non soltanto in termini di mera identificazione dell’antagonista, motivo per il quale ogni esercito non avrebbe mai potuto negarsi l’opportunità di un vestiario uniforme, e di un vestiario uniforme utile a permettere, a colpo d’occhio, di distinguere l’amico dal nemico; quanto e piuttosto in termini di gestione spaziale, di libertà di movimento e, ancor di più, di affondo. Poiché, al crescere delle forze presenti su un fronte non avrebbe potuto che aumentare, corrispondentemente, anche il rischio di avere a ritrovarsi ostacolato, nei propri movimenti e dei propri attacchi, dai propri compagni ancor più che dai propri antagonisti, con la quantomai spiacevole opportunità di trafiggere brutalmente un alleato ancor prima di un nemico.
Così, anche in quel momento, tutt’altro che azzeccata avrebbe avuto a doversi considerare quella scelta, e quella scelta che in nulla avrebbe potuto sottintendere una loro qualche semplificata opportunità di vittoria e che, anzi e spiacevolmente, avrebbe potuto suggerire una decisamente più complicata e dolorosa eventualità di sconfitta.
Ma, almeno all’inizio, i briganti non sembrarono rendersi conto di ciò, nel trovare, al contrario, evidenza di quanto il loro operato stesse prendendo la giusta direzione, e la stesse prendendo nel costringere, finalmente, anche l’autoproclamatasi sorella della Figlia di Marr’Mahew a levarsi in piedi, apparentemente accettando, quindi, di lasciarsi coinvolgere in maniera seria da quel conflitto per così come, pur, sino a quel momento non aveva palesato la benché minima volontà di fare.
Una scelta, quella che Duva ebbe a rendere propria, non motivata da un qualche timore d’essere sopraffatta da quella situazione, quanto e piuttosto dalla volontà di non permettere ad alcun, incauto colpo di avere a sfiorarla, neanche per errore, senza pur desiderare rendere propria particolare timore di sorta a confronto con la violenza avversaria, così come ebbe ben a trasparire dalla sua decisione di dimenticare la propria spada a terra. E se, in effetti, ella aveva allor lasciato la propria spada a terra, tale lama non avrebbe avuto in alcuna maniera a poter essere fraintesa qual dimenticata, non nella misura in cui, avendola in mano, certamente ella avrebbe finito con l’adoperarla, e col compiere una strage che pur Midda non avrebbe quindi approvato.
In ciò l’unico rammarico che ebbe a contraddistinguere la Furia Nera in quel frangente fu l’assenza di un paio di tasche nelle quali aver a poter infilare distrattamente le proprie mani, a meglio evidenziare il proprio più completo disinteresse per quella battaglia...
« Perché non combatti, maledetta...?! » protestò un suo antagonista, osservandola scartare a destra e a manca, per sfuggire di volta in volta l’uno piuttosto che l’altro tentativo d’offesa a suo discapito.
« Ve l’ho detto il perché! » replicò Duva, storcendo le labbra verso il basso, con aria dispiaciuta a confronto con l’evidente mancanza di interesse per le parole da lei sino ad allora pronunciate « Mia sorella non vuole che ammazzi nessuno... e se ora combattessi, necessariamente qualcuno finirebbe per morire. »
In verità, comunque, neppure Duva era convinta di avere qualche ragione valida per ammazzare quegli idioti, nulla riuscendo a giudicarli di più se non quali, per l’appunto, degli idioti.
Certo: con un tale approccio, probabilmente in passato dovevano essersi macchiati di vari crimini, forse e addirittura di qualche omicidio, là dove, in fondo, non stavano lì facendo mistero di volerle uccidere. Ciò non di meno, nell’evidente difficoltà in cui si stavano venendo a trovare in loro contrasto, ella non avrebbe potuto ovviare a provare un senso di compassione per loro, non riuscendo a identificare alcuna reale ragione per la quale avrebbe avuto a doverli uccidere. E, del resto, almeno sino a quel momento, ella stava riuscendo a tenere loro testa senza neppure necessità di impugnare la propria arma, in termini tali, quindi, da riservarsi una certa ragionevole sicurezza di poter essere in grado di giungere alla fine di quel conflitto senza necessità alcuna di sbudellare chicchessia.
« Sai che non sono mica certa del fatto che abbiano capito che ti stai riferendo a Midda...?! » osservò allora H’Anel, intervenendo divertita nella questione e, dal canto proprio, continuando a dispensare sonori colpi con l’estremità inferiore della propria lancia, arrotondata, sì, ma anche pesantemente rivestita di metallo, in termini tali per cui, pertanto, il contatto con la stessa, e il violento contatto con la stessa, non avrebbe potuto in alcun maniera avere a poter essere considerato gradevole.
« Secondo me questi sono così furbi che non sarebbero neppure in grado di riconoscerla neppure fosse qui presente in prima persona. » replicò la Furia Nera, scuotendo appena il capo « Si sono incapricciati con l’idea di doverci uccidere e non sembrano intenzionati a lasciare la presa. »
« Peggio per loro. » minimizzò la figlia di Ebano, non riservandosi ragione di disagio per tutto ciò e, anzi, accettando di buon grado quella verità, e quella verità che, piacevolmente, avrebbe loro concesso un’occasione di inatteso allentamento notturno « Non ho mai provato a confrontarmi con così tante persone senza neppure avere a ucciderne una. In fondo è un ottimo esercizio, se ci pensi un attimo. »
« Mah... più che un esercizio, a me sembra una quadriglia. » ridacchiò quindi Duva, in effetti lì impegnata in quella sfida con la stessa serenità con la quale avrebbe potuto apparire in un ballo di gruppo, a dimostrare, in maniera assolutamente degna, il proprio legame sororale con la celebre Campionessa di Kriarya e di Lysiath, e con quella donna in grado di tradurre il mito in realtà con la stessa banalità con la quale avrebbe potuto consumare un pasto.
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