La peculiarità più rilevante delle testimonianze riportate dalla Figlia di Marr’Mahew nel merito delle proprie visite al tempio della fenice avrebbe avuto a dover essere intesa la difficoltà a riportare una qualche testimonianza di senso compiuto.
Crocevia del multiverso, quel dedalo sotterraneo, già probabilmente di per sé tutt’altro che di facile esplorazione, si proponeva proprio malgrado reso ancor più improbabile nella propria offerta dalla propria particolare natura, tale evidentemente da confondere una mente mortale in misura decisamente maggiore rispetto a quanto non avrebbe avuto a poter essere considerato apprezzabile. Certo: alcuni dettagli avrebbero avuto a dover essere intesi chiari, qual, primo fra tutti, un fiume di lava nella parte più profonda di quel tempio, proprio in prossimità al sancta sanctorum del medesimo, là dove avrebbe avuto a dover essere intesa essere la sede della fenice stessa o là dove, quantomeno, a Midda Bontor era stata concessa occasione di incontrare la fenice, quando ricercata. Ma al di là della chiara consapevolezza di alcune, simili, sfumature, impossibile si era dimostrato essere per colei che pur avrebbe avuto a dover essere intesa decisamente confidente con ogni qual genere di folle stranezza, riuscire a riportare chiare e specifiche definizioni di quanto lì sotto presente, quasi, in effetti, quel luogo non avesse a dover essere frainteso sempre uguale a se stesso. E, del resto, anche le due esperienze che ella si era riservata occasione di rendere proprie, lì sotto, non avrebbero avuto a poter vantare nulla in comune, l’una contraddistinta, forse, dall’incontro con una sola, e identica, altra versione di sé, e l’altra, invece, caratterizzata da una vera e propria squadra di Midda Bontor, ognuna con proprie caratteristiche peculiari e una storia ogni volta leggermente diversa dalla precedente.
Difficile, alla luce di ciò, sarebbe stato per Duva e H’Anel avere in fede ad attendersi qualcosa da quell’esplorazione, e da un’esplorazione allor necessariamente portata avanti con lo spirito di chi, in fondo, giusto per primo a esplorare un luogo completamente nuovo.
« Ehm... suona strano che io ti voglia chiedere cosa tu stia facendo...?! » domandò H’Anel, vedendo la propria compagna d’arme armeggiare accanto alle colonne d’ingresso al tempio, lì appena superate.
« Non hai mai visto un gomitolo...?! » replicò divertita Duva, in effetti lì sorpresa a legare l’estremità di un sottile ma resistente filo a una delle colonne, reggendo fra il gomito e il fianco un grosso gomitolo « Va bene che sei una donna d’azione ma... dovresti comunque sapere cosa sia, fosse anche e soltanto come informazione di cultura generale. »
« Certo che so cosa è un gomitolo... » obiettò allora la figlia di Ebano, inarcando appena un sopracciglio « Ti sto domandando, tuttavia, che cosa tu stia pensando di fare con quel gomitolo proprio in questi momento. »
« E’ soltanto un consiglio offertomi da Rín prima della nostra partenza. » minimizzò l’altra, stringendosi appena fra le spalle « Magari non servirà a nulla ma... male comunque potrebbe non fare. »
In effetti, nel mentre in cui Duva si stava preparando a partire, Nóirín Mont-d'Orb era giunta sino a lei con tre di quei grossi gomitoli, decisa ad assicurarsi che avessero, allora, a portarseli dietro nel confronto con la propria missione. Un’ispirazione, quella avuta dalla stessa Rín, apparentemente conseguente a un antico mito del proprio mondo natale, e il mito di un uomo condannato ad affrontare un labirinto e un mostro dal corpo di uomo e dalla testa di toro rinchiuso al suo interno, una creatura che ella aveva definito come minotauro benché Duva, probabilmente, l’avrebbe altresì riconosciuta qual un tauriano, esponente di una delle molteplici specie non umane che, al pari di ofidiani e feriniani e molti altri ancora, affollavano il cosmo: in tale mito, per così come riferitole, all’avventuriero potenziale vittima sacrificale di quel mostro e, ancor peggio, di quel labirinto, veniva offerta la possibilità di ritrovarne l’uscita in grazia a un trucco tanto semplice quanto efficace, nel srotolare, lungo il proprio percorso, un gomitolo, in maniera tale per cui, all’occorrenza, sarebbe stato sufficiente aver a riavvolgere il filo per poter riconquistare l’uscita.
« Considerando che, a quanto pare, ci troveremo in una zona di confine del multiverso, non sono certa che un semplice filo possa esserci utile per ritrovare la via utile a tornare indietro, a giuochi fatti. » obiettò perplessa la giovane guerriera mercenaria, non desiderando banalizzare l’impegno che allor la propria interlocutrice stava dimostrando nella questione e, ciò non di meno, non potendo ovviare a risultare critica nei riguardi di quel trucco una volta che il senso di quell’azione le venne condiviso.
« Forse che sì, forse che no. » si strinse tuttavia fra le spalle l’altra, minimizzando la cosa « Magari non ci servirà a nulla... ma, allo stesso modo, non ci costerà nulla tentare. »
Non avendo ragione per insistere in senso contrario, H’Anel ebbe quindi ad accettare quella soluzione. E così, con quel gomitolo intento a srotolarsi al suo fianco, Duva riprese ad avanzare all’interno del templio della fenice, al fianco della propria compagna d’armi.
Almeno in quella prima parte, l’inizio dell’esplorazione ebbe a concedersi sufficientemente tranquillo e in linea con le informazioni in loro possesso. Per così come riportato dalla stessa Figlia di Marr’Mahew, per esempio, il discorso illuminazione non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual un problema, grazie a un efficace sistema di distribuzione di olio per lampade attraverso i corridoi, il quale, non appena incendiato, ebbe a rischiare loro il cammino. Allo stesso modo, e sempre per così come anticipato da Midda, dopo una prima parte di rettilineo, il corridoio ebbe a dividersi in tre direzioni separate, con un bivio che avrebbe permesso loro di proseguire dritto, di svoltare a destra oppure a sinistra: purtroppo, e tuttavia, le alternative proprie offerte da tale varietà di direzioni non avrebbe potuto essere loro nota, non laddove, in tutta franchezza, Midda non avrebbe saputo dichiarare in quale direzione avesse avuto a muoversi né, tantomeno, cosa ebbe ad attenderla subito dopo la propria scelta.
« Vedi che ora l’idea del filo non è poi così assurda...?! » sorrise con una certa soddisfazione Duva, inarcando un sopracciglio innanzi a quelle tre alternative.
« Aspettiamo di trovarci a precipitare nella fossa dell’anfesibena, e poi vedremo il tuo filo quanto riuscirà a esserci utile... » sospirò per tutta replica H’Anel, meno speranzosa rispetto a Duva che tutto potesse andar per come da lei auspicato, in termini tali da permettere a quel filo di offrire effettivamente loro una comoda possibilità di orientamento nell’uscire da lì.
« E’ un peccato non avere la benché minima idea nel merito della direzione nella quale avere ad attenderci questa simpatica possibilità. » sottolineò la prima, indicando alternativamente le tre vie quasi le stesse scegliendo a caso, con un qualche conteggio tipico di un giuoco da bambini « Tiriamo a sorte oppure...?! »
« Una vale l’altra. » si strinse nelle spalle l’interlocutrice « Affidiamoci pure al caso! »
Il caso, al termine di quella conta, ebbe a indicare loro la via centrale. E se, nell’avanzare con discrezione, esse non avrebbero potuto ovviare a mantenere alta la guardia, pronte a sostenere qualunque sfida lì potesse venir loro offerta, quanto non avrebbero mai potuto attendere di ritrovarsi innanzi sarebbe stato un tratto di corridoio oscuro, Sì perché all’improvviso la via innanzi a loro apparve priva dell’utile ausilio offerto da quel sistema di illuminazione per almeno un centinaio, o forse più, di piedi, salvo poi, al fondo, mostrarsi nuovamente in luce, in una zona d’ombra quantomeno sospetta.
« Torniamo indietro...? » domandò la figlia di Ebano, non ravvisando evidenza di minacce in quell’oscurità e, ciò non di meno, non potendosi neppur considerare realmente consapevole di quanto allora avrebbe potuto attenderle in quella tratta in ombra.
« Mmm... » esitò tuttavia la Furia Nera, non ravvisando effettive motivazioni per frenare i propri passi... non, quantomeno, per una semplice zona d’ombra « Andiamo avanti...? » suggerì pertanto in senso opposto « Mi sembra assurdo avere paura del buio... »
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