11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
il Diario - l'Arte

News & Comunicazioni

E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 19 maggio 2021

3646

 

« Dannazione! » gemette, nel rendersi conto all’ultimo di quanto comparso alle sue spalle e nel frenarsi appena in tempo, in bilico fra il baratro e quella zona d’ombra, entrando nella quale non avrebbe avuto certezza di avere possibilità di uscire « Ma davvero...?! » protestò, sentendosi leggermente canzonata dal fato, e da un fato che, chiaramente, stava divertendosi a prendersi giuoco di lei.

A stento facendo propria una posizione vagamente definibile qual stabile, e costretta fra due pericoli potenzialmente letali, Duva non avrebbe potuto trovare ragione di che rallegrarsi.
Ciò non di meno, ella non avrebbe potuto neppure permettersi occasione di lasciarsi dominare dal timore, là dove, in caso contrario, difficilmente sarebbe riuscita a uscirne. Motivo per il quale, con buona pace di ogni razionalità, si costrinse a cercare di prendere la questione in maniera quantomeno divertita, aggrottando la fronte e scoppiando in una risata dal vago retrogusto di isteria...

« Ecco quello che accade quando ti permetti di banalizzare i pericoli propri di un luogo in odor di magia. » si rimproverò con aria forzatamente divertita, scuotendo appena il capo « Il luogo si offende e si scatena contro di te nel peggiore dei modi possibili... » esplicitò, riconoscendo in tal senso una vera e propria identità a quel tempio, e un’identità quantomeno offesa dalla leggerezza con la quale ella si era permessa di rivolgersi a esso « ... permalosetto, vero?! » concluse quindi, sospirando e decidendo di rinfoderare la propria lama, là dove, obiettivamente, tenere in mano la spada in quel momento non le sarebbe servito a molto e, anzi, avrebbe potuto dimostrarsi più d’ostacolo che di utilità.

Non potendosi arrischiare ad arretrare, nel non avere alcuna certezza di quanto l’avrebbe potuta attendere fra quelle tenebre e, in effetti, nel non poter neppure dare per scontato che, all’occorrenza, lì dentro avrebbe potuto ritrovare H’Anel; e non potendosi neppure arrischiare a saltare, là dove, per quanto fiduciosa e confidente ella potesse essere nelle proprie capacità fisiche, impossibile sarebbe stato per lei riuscire a coprire quella distanza partendo la ferma, e da una posizione tanto precaria; ella non avrebbe potuto allor riservarsi molte alternative utili a liberarsi da quello stallo.
Anzi. A ben vedere ella ne ebbe a individuare soltanto due.

« Opzione numero uno: mi sento sufficientemente confidente del fatto che questo pozzo non abbia a condurmi necessariamente a morte certa, permettendomi di calarmi al suo interno. » suggerì ad alta voce, riconoscendo in tal senso quanto, in effetti, per alcuna ragione al mondo ella avrebbe potuto considerarsi confidente di qualcosa di simile, nel prevedere piuttosto qualche fine orribile ad attenderla là sotto, fosse anche e soltanto un bel tuffo in un fiume di lava « Opzione numero due: provo a verificare quanto sia brava a imitare un piccolo geco appeso alla parete, per provare a superare il pozzo in maniera quantomeno originale... » proseguì, non riuscendo a riconoscersi entusiasta di quella possibilità e, ciò non di meno, non avendo neppure a individuare alternative utili a tutto ciò.

Così, con un nuovo sospirò, a metà fra lo sfogo e il tentativo di rilassarsi, ella ebbe a compiere un quieto movimento laterale, verso la propria sinistra, per raggiungere la parete del corridoio e, lì arrivata, valutare le proprie possibilità di appiglio per tradurre quel proposito in azione.
Sul fronte inferiore, in tal senso, ella ebbe a individuare un sottile, sottilissimo margine, forse esteso per uno spessore di poco superiore a quello di un’unghia, lasciato dall’apertura della botola: un margine sottile, sottilissimo, sul quale però poter sperare di riuscire a puntarsi, se non con l’estremità dei propri stivali, quantomeno con quella dei propri piedi, delle dita dei propri piedi. Sul fronte superiore, tuttavia, la questione avrebbe avuto a doversi intendere più complicata, non avendo a mancare un bellissimo bordo al quale, all’occorrenza, fare affidamento, ma essendo tale bordo quello proprio del canale di distribuzione dell’olio, o di qualunque altro liquido combustibile, che alimentava l’illuminazione di quella medesima rete di corridoi: un bordo bellissimo, insomma, ma contraddistinto da scoppiettanti fiamme nelle quali non avrebbe avuto certamente a doversi intendere piacevole avere a insinuare le proprie dita... a meno di non avere una mano di metallo come quella di Midda Bontor, accessorio che, tuttavia, al momento non le era proprio.

« Mai una cosa semplice... vero?! » sospirò pertanto, torturandosi il labbro inferiore con i denti nel mentre in cui, sempre in precario equilibrio su quello stretto cornicione rimasto a sua disposizione fra il muro d’ombra alle sue spalle e il pozzo innanzi a sé, ella ebbe a iniziare a sfilarsi gli stivali, in un’azione che, comunque, avrebbe avuto a dover rendere propria.

Per quanto infatti la maggior parte delle persone avrebbero potuto fraintenderla di origine shar’tiagha, a confronto con le sottili treccine nelle quali era solita ordinare i propri lunghi capelli, Duva non avrebbe avuto nulla a dover spartire con la cultura propria di Be’Sihl o della famiglia di Howe, ragione per la quale, diversamente da loro, ella non era solita camminare scalza, nel preferire, piuttosto, indossare comodi ed eleganti stivali di pelle scamosciata. Stivali che, proprio malgrado, fu costretta a gettare alle proprie spalle, nelle tenebre dietro di sé, come unica alternativa a lasciarli cadere all’interno del pozzo.
Così, con i piedi or denudati, ella iniziò ad allungare il proprio arto inferiore destro per cercare di meglio valutare quanto lì offertole, e trovando, veramente, un appiglio minimale a cui poter fare riferimento. Un appiglio minimale che avrebbe potuto forse sorreggerla se pur, allora, il resto del peso del suo corpo fosse stato comunque scaricato dalle sue braccia su qualche altro punto.

« Secondo me, questa volta finisce veramente male... » scosse il capo, prima di stringere le labbra e di slanciarsi, or con decisione, verso quella parete.

E se il piede, immediatamente, ebbe a tentare di aggrapparsi in maniera disperata a quel sottilissimo bordo, la sua mano destra non ebbe a rifiutarsi di impegnarsi adeguatamente, nel ricercare, un po’ alla cieca, il sottilissimo spazio presente fra i mattoni di pietra della parete stessa. Uno sforzo, il suo, che in un primissimo istante non si vide ripagato, trovando le dita costrette a scivolare su una roccia sol apparentemente grezza e, tuttavia, decisamente meglio lavorata rispetto a quanto non avrebbe potuto apparire; salvo poi, all’ultimo, riuscire a far leva su un altro bordo quasi impercettibile, e praticamente invisibile, al quale ella riuscì così ad aggrapparsi, con tutta la propria forza, fisica e di pura e semplice volontà.

« E io che non ho mai capito la gente che va ad arrampicare in montagna nel tempo libero... » sorrise ironica ella, a denti stretti.

Così, con non poca difficoltà, con non poco impegno, e, soprattutto, con non poco pericolo, ella iniziò a muoversi di pochi pollici alla volta, spalmata contro quella parete con tutto il corpo, quasi a cercare in tal maniera una migliore occasione di adesione alla stessa, iniziando ad allontanarsi, lentamente ma inesorabilmente, dal proprio punto di partenza, e, parimenti, seppur in maniera decisamente meno apprezzabile, iniziando ad avvicinarsi al proprio punto di arrivo.
Un percorso non facile, e che venne costellato, necessariamente, da nuovi improperi scanditi nella sua lingua franca, e improperi via via giustificati da fugaci, e pur pericolose, perdite di presa sulla parete da parte di una mano o di un piede; e pur un percorso che ebbe a vederla, alla fine, proseguire in maniera più sicura rispetto a quanto ella stessa non sarebbe stata pronta a dichiararsi essere, nel confronto, comunque, con una sfida per lei assolutamente inedita.

Nessun commento: