« In effetti… » aggrottò appena la fronte la giovane ofidiana, non riuscendo a trovare ragione di torto per quanto allora da lei asserito.
Per quanto spiacevole sarebbe stato anche per Duva ammetterlo, la “gemella cattiva” della loro amica non aveva allora tutti i torti. Anzi.
Quelle ultime settimane erano state per loro, e per Midda in particolare, un susseguirsi di eventi in rapido crescendo, in termini tali per cui, obiettivamente, quello avrebbe avuto a doversi intendere il primo, vero giorno di quiete per la stessa Figlia di Marr’Mahew. E il primo, vero giorno di quiete che, non a caso, ella non aveva voluto mancare di trascorrere serenamente in famiglia, così come quella stessa piccola escursione a cavallo avrebbe avuto a dimostrare.
« Sì. Nulla da eccepire a tal riguardo… » annuì quindi anche la stessa Furia Nera, storcendo appena le estremità delle labbra verso il basso « Diciamo che Midda si sta dimostrando una donna decisamente impegnata, di questi tempi. »
« Il peso del comando… » minimizzò l’ex-regina dell’isola di Rogautt, quasi a giustificare la cosa « Un conto è vivere in maniera spensierata la propria quotidianità, senza dover rendere conto di niente a nessuno. Un altro è volersi far carico della responsabilità su altre persone, che sia una famiglia, o, peggio ancora, che sia un’intera città. E una città come Kriarya, da sempre ingestibile per chiunque. » argomentò, sempre quieta nel proprio approccio « Senza contare come la mia amata sorella non sia mai stata propriamente in grado di assumersi la responsabilità di una famiglia… » non si poté negare di soggiungere, con tono allor necessariamente polemico verso la stessa, trasparente di quanto, ancora, avessero a sussistere non poche questioni irrisolte fra loro.
« Forse perché tu glielo hai da sempre impedito…?! » protestò allora Duva, tornando a stringere con forza, e con un certo senso di rabbia, l’impugnatura della propria lama « E’ da sempre che la perseguiti, e fai di tutto per impedirle di essere felice, solo e unicamente in nome di cosa…?! Di un’infantile promessa infranta più di trentacinque anni fa…?! »
« Faresti meglio a evitare di parlare di cose che non ti concernono, Furia Nera. » la rimproverò allora Nissa, dimostrando per la prima volta una qualche emozione nella propria voce, e un’emozione allor decisamente negativa « Quella fra me e Midda è una questione molto più complessa di quanto non si preferisca credere, nel limitarsi a ridurre la cosa a un mero tifo sportivo. » sancì, cercando quindi di ritrovare la freddezza estemporaneamente perduta « E con questo, attenzione, non voglio assolutamente dire che io abbia ragione e lei torto. Abbiamo avuto entrambe le nostre ragioni ed entrambi i nostri torti… »
« Io non so tu che cosa abbia in mente di fare, Nissa Bontor. » riprese voce Lys’sh, esprimendosi con quieta onestà in tal senso, non riuscendo a discriminare in alcuna maniera quale possibile piano segreto ella potesse riservarsi a margine di tutto ciò « Ma quello che dici è corretto. Ed è qualcosa di cui anche Midda è perfettamente a conoscenza. Ragione per la quale, se davvero esiste in te una qualsivoglia volontà di rimettere a posto le cose con lei, forse anche tu dovresti impegnarti a guardare al futuro ancor più che al passato… e a tutti gli errori commessi su entrambi i fronti. »
« Parli con saggezza, Sterminatrice di Mostri. » annuì l’altra, riconoscendole quanto doveroso in quel momento « Eh sì… avrei potuto fare a meno di quella frecciatina maliziosa, che la tua compagna ha immediatamente colto e amplificato in risposta. »
Per quanto ormai tutt’altro che bambine, nel poter vantare l’una quasi quattro decadi sulle proprie morte spalle, e l’altra qualcosa di più, nell’aver vissuto un’ulteriore lustro dopo la morte della propria gemella, Nissa e Midda avrebbero avuto a dover comunque essere riconosciute, fondamentalmente, ancora contraddistinte dalle stesse, irrisolte pulsioni infantili, prima, e adolescenziali, poi, di quando tutto quello aveva avuto inizio, vittime di loro stesse e dei loro stessi errori, e di quegli errori che, come onestamente riconosciuto dalla giovane ofidiana, non erano mancati su entrambi i fronti.
Perché se un errore era stato per la piccola Midda Bontor avere a scomparire nel cuore della notte, abbandonando la propria famiglia e, in particolare, la propria gemella, senza neppure riservarsi il coraggio di un confronto aperto con loro; tale errore aveva poi avuto a reiterarsi dozzine e dozzine di volte nella vita della stessa Figlia di Marr’Mahew, ritrovandola a essere, innanzitutto, vittima di se stessa, ancor più che di Nissa, e di quella propria assurda incapacità a gestire situazioni emotivamente complicate, in un paradosso incredibile per colei che, in fondo, era poi divenuta una vera e propria leggenda vivente in conseguenza alla propria straordinaria capacità a gestire qualunque genere di situazione, qualunque genere di avversità, per quanto assurda.
E se un errore era stato per la piccola Nissa Bontor coltivare con tanta dedizione il proprio risentimento per la propria gemella, non cercando mai di comprenderla, non sforzandosi di giustificarla, quanto e piuttosto insistendo a incolparla per qualunque cosa negativa poi accaduta nella propria vita, a iniziare dalla morte della loro genitrice, un lutto che avrebbe potuto riunirle e che, altresì, aveva finito soltanto per scavare una divisione ancora più profonda fra loro; tale errore era stato da lei reiterato all’infinito nel corso della propria vita, vedendola sempre concentrata a elaborare nuovi e più originali modi per vendicarsi a suo discapito, con un impiego di forze e di risorse veramente improbo, forze e risorse che, ove impiegate per un diverso scopo, probabilmente avrebbero potuto dar vita a qualcosa di straordinario, qualcosa di magnifico.
Non era quindi Nissa la peggiore antagonista di Midda, né Midda la peggiore antagonista di Nissa: entrambe, di fondo, erano sempre state, e forse erano tutt’ora, vittime di loro stesse, e di quell’unico, errore iniziale poi ripetuto in maniera sistematica e quasi perversa, in modi sempre nuovi, in situazioni sempre diverse, e pur, né più, né meno, con le medesime dinamiche.
Un duplice circolo vizioso, il loro, che, in maniera decisamente perversa, non avrebbe mancato di autoalimentarsi costantemente nel loro confronto, nella loro reciproca opposizione.
E un duplice circolo vizioso, il loro, che non si sarebbe potuto mai interrompere, a meno che entrambe, alfine consce dei propri sbagli, non avessero a sforzarsi di non ripetere quel modello psicologico e comportamentale incancrenitosi nel profondo del loro animo, dopo una vita intera nel corso della quale non si erano concesse nulla di diverso se non agire in quell’unica maniera, e colpevolizzarsi reciprocamente per tutto ciò, quasi fossero l’un l’altra a obbligarsi a essere così come erano.
« Io credo che dovremmo condurla da Midda. » dichiarò, al termine di tale flusso di coscienza, la donna rettile, convinta di ciò e, soprattutto, della necessità di porre la parola fine a quell’assurdità, e a quell’assurdità che non aveva soltanto rovinato le loro due vite, ma che aveva rovinato, e distrutto, dozzine, centinaia, migliaia di altre vite attorno a loro, in quell’assurdo e risonante crescendo di morte e distruzione da loro, più o meno consapevolmente, generato.
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