Midda non avrebbe potuto considerarsi sicura del fatto che ella non stesse tramando qualcosa. Anzi. Piuttosto avrebbe avuto a doversi considerare sicura proprio nel merito del fatto che ella stesse tramando qualcosa. Eppure, per quanto difficilmente la sua parte più paranoica, e quella stessa parte ascoltando la quale, pur, si era mantenuta in vita per tanto tempo, le stesse allor gridando di non offrire alcuna possibilità alla propria gemella; la sua parte più razionale, e, probabilmente, anche la sua parte più nostalgica, non avrebbe potuto ovviare a suggerirle di concedere fiducia a quella gemella, e a quella gemella con la quale, in fondo, nel mondo immaginario nel quale ella era stata intrappolata all’interno della propria stessa mente da Desmair, andava altresì assolutamente d’amore e d’accordo.
Dopotutto, se Maddie e Rín erano amiche, perché mai lei e Nissa non avrebbero potuto provare a esserlo a loro volta...?
Sebbene indubbiamente vera e innegabile avrebbe avuto a doversi intendere la faida che le aveva contraddistinte nella maggior parte delle relative esistenze, realmente impossibile avrebbe avuto a doversi intendere la possibilità, per loro, di una qualche riconciliazione? Di un nuovo inizio...?
Eppure, soltanto poche ore prima, il fato l’aveva spinta a dichiarare innanzi alle proprie nipoti la propria disponibilità a mostrarsi mentalmente aperta nei riguardi della propria gemella, concedendole quella possibilità di fiducia che pur chiunque altro, conoscendole, avrebbe avuto a considerare insana: così poco, quindi, avrebbe avuto a dover essere giudicata meritevole di valore la sua parola...?
« Nulla di quanto mai potremmo dire, o fare, sarebbe in grado di cancellare dalla Storia, o dalla nostra memoria, trenta lunghi anni di conflitto fra noi, Nissa... » commentò seria, riprendendo voce e storcendo appena gli angoli della propria bocca verso il basso, in segno di palese disapprovazione per tutto ciò.
Parole severe, e pur motivate, quelle allora pronunciate, che subito riattrassero l’attenzione della stessa ex-regina dei pirati verso di lei, vedendole mutare nuovamente espressione in viso, e vedendole mutare espressione in termini tali da cancellare quella dolcezza e quell’amore appena mostrato verso le proprie figlie, per tornare fredda e critica nei riguardi della propria gemella.
« Tuttavia... » proseguì la donna guerriero, avanzando verso di lei, con incedere quieto « ... entrambe abbiamo perso molto... troppo, in effetti, per poterci permettere di continuare ancora con quest’assurda faida. » riconobbe, fermandosi innanzi a lei e lasciando comparire, da dietro la propria schiena, uno dei pugnali di Lys’sh, da lei prestatole prima di superare quella porta « Ragione per la quale, se davvero sei venuta qui per parlare e cercare un’occasione di tregua... non sarò di certo io a sollevare veti di sorta. » concluse, levando la lama, e quella lama che mai avrebbe potuto avere a nuocere a Nissa neppure le fosse stata conficcata in pieno petto, solo per poi calarla sulle corde, e sulle corde che le stavano legando i polsi, per avere a liberarla.
Improvvisamente ritrovatasi con le mani libere di muoversi, Nissa avrebbe potuto aggredire senza problemi la propria gemella, magari disarmandola e avendo, anzi, a impiegare quella stessa lama contro di lei. Ciò non di meno, e nel rispetto dell’impegno da lei assunto con Duva e Lys’sh, ella non ebbe a fare nulla del genere, limitandosi a restare ferma, immobile, e concedendo, in ciò, ancora alla propria controparte margine di manovra utile a decidere come potersi muovere, e come potersi muovere all’interno di quella situazione decisamente imprevista, per non dire imprevedibile.
E Midda, innanzi all’immobilità della propria gemella, ebbe a riporre la lama nuovamente dietro la schiena, e ad arretrare di qualche passo, ignorando per il momento gli altri prigionieri, ancora legati, soltanto per ritornare dalle proprie nipoti e, lì, avere a voltarsi verso le stesse, annuendo appena a concedere loro il proprio benestare, e quel benestare che stavano speranzosamente attendendo.
Un benestare ottenuto il quale, quindi, entrambe ebbero a scattare in avanti, quasi di corsa, per andare ad abbracciare la propria mamma, ritrovandosi a essere a propria volta da lei abbracciate, in una dolce unione che alcuno avrebbe potuto descrivere qual meno che contraddistinta da puro e semplice amore.
« ... mamma... » quasi gemettero le due ragazzine, lì ritornate improvvisamente bambine, se non fisicamente, certamente a livello psicologico, nel riunirsi con quella perduta figura materna, e con quella perduta figura materna che non avrebbero mai potuto sperare di avere occasione di riabbracciare.
« ... piccole mie... » rispose ella, ritrovandosi improvvisamente con le gote rigate da fredde lacrime, fredde come freddo era, e sempre sarebbe rimasto, il suo corpo, e pur, e comunque, lacrime, e lacrime che non avrebbe potuto immaginare essere ancora in grado di versare dai propri occhi « ... state bene?!... » domandò, in maniera confusa, forse neppure rendendosi conto di quanto allora stava dicendo, a confronto, dopotutto, con la palese evidenza di quanto stessero bene entrambe, nell’essere cresciute sane e forti in quegli ultimi anni.
A confronto con quell’abbraccio, per un istante la Figlia di Marr’Mahew non poté che provare un brivido di terrore che, simile a una scossa, ebbe ad attraversarla da capo a piedi, accapponandole la pelle lungo tutta la schiena, le braccia e persino le gambe. Nella sua mente, infatti, quella parte più paranoica di lei, non ebbe a mancare di farle immaginare scene di morte orribili per le proprie nipoti, vittime della furia assassina di quella non morta che, soltanto poco tempo prima, si era ripromessa di trasformare il mondo intero in un unico, grande, cimitero.
Ma a parlare, dentro la sua mente, era appunto quella parte sospettosa e timorosa, volta a pensare al peggio, e a pensare necessariamente al peggio per riservarle la possibilità di evitarlo, di prevenirlo. Una parte che, tuttavia, in quel particolare momento, avrebbe dovuto essere posta a tacere, nel confronto con l’evidenza della dolcezza, dell’amore, di quella madre per le sue figlie. E di quella madre che, del resto, in origine era morta proprio e unicamente sospinta da quell’amore, e dalla volontà di non ritrovarsi a essere responsabile, dopo la morte del proprio primogenito, anche delle due figlie minori.
Impossibile, quindi, sarebbe stato avere a sollevare dubbio alcuno sul sentimento che univa Nissa alle due ragazzine, e quel sentimento che, già più di cinque anni prima era stato in grado non solo di prevaricare sul controllo di Anmel Mal Toise ma, persino, di superare ogni odio, ogni brama di vendetta, a discapito della stessa Midda, finendo, anzi, per affidare proprio a lei il destino di quelle due bambine, e di quelle due bambine che, improvvisamente, si sarebbero ritrovate sole al mondo.
E così, con buona pace della sua paranoia, e del brivido di terrore con la quale questa aveva provato a esprimere, ancora una volta, tutta la propria avversa opinione in contrasto a Nissa, Midda non poté che concentrarsi su quanto effettivamente presente sotto al suo sguardo: un’immagine non di morte, non di violenza, ma di dolcezza e di amore. E l’immagine di una madre teneramente unita a quelle figlie, e a quelle figlie che aveva lasciato bambine e, ora, ritrovava quasi fanciulle.
“... Thyres... aiutami...” invocò nel profondo del proprio cuore, supplicando, come mai era solita fare, l’aiuto della propria dea, e di quella dea che sola, forse, avrebbe potuto essere in grado di permettere a tutto ciò, e a quelle due figlie dei mari, lei e sua sorella Nissa, di evolvere nel migliore dei modi.
E quasi Nissa avesse avuto occasione di percepire quel pensiero, quella silenziosa richiesta d’aiuto, per un istante lo sguardo di ghiaccio della donna ebbe a sollevarsi in direzione della propria gemella, non, tuttavia, per squadrarla con odio o rancore, ma, incredibilmente, con qualcosa che difficilmente avrebbe potuto non essere definito qual gratitudine.
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