11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 10 gennaio 2022

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Passò quasi un’ora prima che Raska e le altre desmairiane avessero a giungere alla locanda, palesando sincera soddisfazione per l’occasione così loro concessa di vedere soddisfatta la propria richiesta, e la propria richiesta di essere accettate come apprendiste dell’Ultima Moglie.
L’arrivo, all’interno della locanda, di tre dozzine di donne dalle fattezze demoniache e dalla pelle simile a lucido cuoio rosso, con il capo ornato da bianche corna, non ebbe ovviamente a passare inosservato. Ma dal momento in cui era stata Midda Bontor a convocarle, nessuno ebbe ragione di che lamentarsi di ciò, nella certezza di quanto, se la signora di Kriarya aveva espresso simile esigenza, ciò avrebbe avuto a doversi sicuramente riconoscere per il bene della città. Che poi, in quel particolare frangente, la questione avesse a doversi effettivamente intendere in favore del bene della città, quanto e piuttosto di un suo più personale interesse, difficile sarebbe stato obiettivamente discriminarlo anche per la stessa Figlia di Marr’Mahew, là dove, trattandosi di Nissa, tutto avrebbe potuto quietamente accadere. Certo, tuttavia, avrebbe avuto a doversi considerare quanto la presenza di tre dozzine di desmairiane pronte a ubbidire ai suoi comandi, e in questo a entrare in battaglia in contrasto a Nissa e ai suoi scagnozzi, certamente non avrebbe avuto a potersi fraintendere negativo da parte sua, concedendole quel minimo margine di sicurezza psicologico utile per poter sperare di non veder necessariamente quella serata declinarsi a tragedia.
Così, con il supporto psicologico, e fisico, concessole da quelle trentasei figliastre... trentasette nell’avere anche a contare Siggia, Midda Bontor poté alfine concedersi l’occasione di oltrepassare la soglia della cantina, e di cercare occasione di confronto con la propria gemella, lasciandosi accompagnare, in ciò, dalle di lei figlie, Mera Ronae e Namile.

« ... finalmente! » esclamò Nissa, nel momento in cui la porta ebbe ad aprirsi e, sulla soglia, ebbe a palesarsi l’immagine della sua da sempre tutt’altro che apprezzata parente « Ce ne hai messo di tempo per arrivare. »
« Non che il tempo abbia più a rappresentare un problema per te, Nissa... » replicò la donna guerriero, storcendo appena le labbra verso il basso a confronto con quella specie di rimprovero nei suoi riguardi.

Qualunque replica potesse allor star pensando di offrirle, in risposta, la sua gemella, però, ebbe allora a morirle sulle labbra, nel confronto con l’immagine del tutto inattesa offertale dalle sue figliuole, e da quelle due ragazzine così entrate nel sotterraneo della locanda a seguito della zia.
Se per Nissa non era trascorso poi molto dall’ultima occasione in cui aveva visto le due bambine, o, quantomeno, non vi era stata l’impressione di essere passato poi molto da tale momento, così come dal momento della propria morte; per il resto del Creato, e, soprattutto, per Meri e Nami, erano trascorsi più di cinque anni. E cinque anni, benché forse non un tempo eccessivamente lungo, avrebbero avuto comunque a doversi intendere più che sufficienti per trasformare due bambine in due ragazze, facendole così apparire completamente diverse allo sguardo della loro stessa madre e della loro madre che non poté ovviare a essere colta in contropiede da quell’apparizione...

« ... Thyres... » gemette quindi ella, non appena riuscì nuovamente a proferir verbo, per un momento scopertasi del tutto incapace a parlare per la sorpresa, e per quella sorpresa semplicemente disarmante.
« ... mamma? » esitò Mera Ronae, osservando la propria genitrice e scoprendosi, per un istante, incerta sulla sua effettiva identificazione, là dove, in fondo, già troppe avrebbero avuto a doversi riconoscere le donne in circolazione in quella stessa locanda definite dalle sue stesse sembianze « Sei davvero tu...?! »
« Certo, mia piccola anemone. » replicò l’ex-regina dei pirati dell’isola di Rogautt, lasciando comparire sul proprio volto un sorriso tremulo, nello scoprirsi decisamente più commossa di quanto non avrebbe potuto attendersi di essere in quel momento « Come sei cresciuta... » commentò subito dopo, passando poi con lo sguardo verso Namile e avendo, lì, nuovamente a sorprendersi, per quanto, in verità, non avrebbe avuto alcuna motivazione di apparire sorpresa, nell’essere le due ragazzine gemelle come lei e sua sorella Midda « Anche tu sei cresciuta tantissimo, mia dolce tartarughina. »

Avesse ella utilizzato una qualunque altra parola, un qualunque altro appellativo, per avere a confrontarsi con loro, Meri e Nami avrebbero avuto a essere quietamente consapevoli di quanto quella donna non avrebbe avuto a poter essere fraintesa qual loro madre. Ma nel momento in cui ella si indirizzò loro apostrofando l’una qual una piccola anemone e l’altra qual una dolce tartarughina, impossibile per le stesse sarebbe stato avere a non riconoscere la loro genitrice, e quella genitrice che, da sempre, era solita chiamarle in tal maniera, con quei due nomignoli affettuosi.
E nel ritrovarsi, quindi, a confronto con loro madre, e con quella madre perduta più di cinque anni prima, le due ragazzine non poterono che ritrovarsi con gli occhi improvvisamente colmi di lacrime, per la sincera commozione derivante da quell’insperata riunificazione fra loro, con buona pace per l’idea che ella, allora, avesse a essere una non morta. Dopotutto, tanto l’una quanto l’altra avevano già avuto occasione di che abituarsi all’idea dell’esistenza dei ritornarti, e di un’esistenza non necessariamente antagonista alla loro, in conseguenza al quotidiano confronto con Korl Jenn’gs e Lora Gron’d. E là dove non avevano ad attendersi minaccia alcuna da due non morti prima sconosciuti, alcuna motivazione avrebbe potuto essere sufficiente a giustificare eventuali timori, da parte loro, nei confronti di loro madre, benché anch’essa, e per l’appunto, ora non morta.

« E’ lei... » sussurrò Namile, verso Midda, quasi a voler condivide con lei conferma nel merito della sua identità « ... è proprio lei. »

La Figlia di Marr’Mahew, d’altro canto, non avrebbe potuto riservarsi dubbio alcuno nel merito dell’identità della propria gemella, nell’averla, involontariamente, resuscitata e nell’essersi già confrontata con lei subito dopo il suo ritorno dal regno dei morti e, più tardi, durante l’assedio di Lysiath.
Ciò non di meno, ella non poté che ritrovarsi a essere decisamente sorpresa dal più totale cambio di registro da lei dimostrato nel ritrovarsi a confronto con le proprie figlie. Se, infatti, nella prima frase da lei pronunciata al suo indirizzo, impossibile sarebbe stato non avere subito a riconoscere i toni aspri e taglienti di Nissa, e quei toni con i quali non avrebbe mancato di rivolgersi a suo discapito; in qualunque altra parola allor scandita, difficile sarebbe stato avere a ritrovare la medesima donna, quasi, nel semplice confronto con le proprie figliolette, ella avesse avuto a mutare completamente, divenendo un’altra donna. E una donna non più dominata soltanto dall’odio e dalla violenza, dalla sete di sangue e dal desiderio di vendetta, ma, piuttosto, dall’amore e dalla tenerezza. E da quell’amore e da quella tenerezza che sol avrebbero potuto esser propri di una madre per i suoi figli... o, in quel caso specifico, per le sue figlie.

« Io... speravo di potervi rivedere. » ammise quindi Nissa, non negando tale desiderio, simile bramosia, e in ciò palesando quella che, forse, avrebbe avuto a doversi intendere la reale ragione della sua presenza fra loro, in quel momento « Siete quasi delle giovani donne, ormai... » soggiunse, deglutendo per un momento a vuoto, in un gesto che non avrebbe avuto a esserle necessario nel confronto con la propria attuale condizione fisica, e che pur si propose spontaneo, in lei, retaggio psicologico di quanto ancora era una persona viva « Quanto tempo delle vostre vite ho perduto durante la mia morte... »

E benché, in quel momento, tanto Meri quanto Nami null’altro avrebbero potuto desiderare che correre ad abbracciare la loro mamma, entrambe si sforzarono di restare dietro alla zia, per così come ella aveva loro raccomandato di fare, almeno fino a quando non fosse stata ella stessa ad approvare un eventuale avvicinamento fra loro, giudicandolo sicuro non soltanto per loro stesse, ma per tutti quanti.

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