Se all’interno della cantina, lì estemporaneamente adibita a prigione, la tensione avrebbe avuto a doversi intendere così scemante; all’esterno della stessa, sopra la stessa, l’aria avrebbe avuto a doversi intendere particolarmente tesa, soprattutto per tutti coloro i quali, nel bene o nel male, avrebbero potuto avere a vantare dei pregressi con Nissa Bontor. A incominciare, per amor di dettaglio, da Howe e da lord Brote, coloro i quali, fra i presenti, più di chiunque altro avrebbero potuto desiderare una qualche rivalsa nei confronti di quell’odiata antagonista.
Howe, nel dettaglio, non avrebbe potuto fare a meno di continuare a osservare il proprio arto sinistro, e quell’arto sinistro che, pur apparendo normale e pur offrendogli una normale sensibilità tattile, non avrebbe avuto a potersi fraintendere normale. Non, quantomeno, secondo un concetto di normalità proprio per quel mondo. Anni prima, infatti, il suo vero braccio mancino era andato perduto in conseguenza a un violento scontro con la stessa Nissa Bontor, all’epoca fintasi la propria gemella e impegnatasi ad alimentare una breve situazione di discordia venutasi a creare fra lui e suo fratello Be’Wahr. E per lungo tempo egli si era ritrovato così mutilato, e con la prospettiva di restare tale per sempre. Salvo, alfine, avere occasione di raggiungere Midda Bontor fra le stelle del firmamento e lì di scoprire quanto la tecnologia lassù tanto progredita e tanto diffusa, avesse trovato occasione di straordinarie applicazioni anche in campo medico, in termini tali da potergli concedere l’occasione di riacquistare la propria integrità perduta, con l’impianto di un nuovo arto, e di un arto che, al di là dell’aspetto, avrebbe avuto a doversi intendere artificiale, mosso al suo interno da minuscoli servomotori alimentati da una batteria all’idrargirio, non diversamente dal lucente e cromato arto destro della medesima Figlia di Marr’Mahew. E benché, normalmente, egli non avesse neppure a rendersi conto della presenza di quel surrogato, da lui in tutto e per tutto percepito al pari dell’originale arto perduto; in quel momento, in quel frangente, la situazione non avrebbe potuto ovviare a imporgli un certo tormento, quasi facendogli addirittura rivivere tutto il dolore e l’orrore di quell’amputazione, di quella terribile mutilazione.
Lord Brote, d’altro canto, non avrebbe potuto che ritornare con la propria mente e il proprio cuore al giorno in cui Nissa Bontor, ancora una volta fintasi la propria gemella, aveva cercato di ucciderlo, vedendolo sopravvivere a tale violenza, a simile tradimento, soltanto in grazia al sacrificio offertogli dalla sua stessa sposa, e madre di suo figlio: Nass’Hya. La principessa y’shalfica, infatti, agendo con mirabile prontezza di riflessi e, soprattutto, senza esitazione alcuna, si era frapposta tra loro, facendogli scudo con il proprio corpo e, in ciò, lasciando prematuramente orfano il loro piccolo Na’Heer, all’epoca ancor infante. E per quanto, dimostrando straordinario autocontrollo e raziocinio, egli non avesse mai avuto a incolpare né Midda Bontor dell’accaduto, né, tantomeno, le due figlie dell’assassina, riconoscendole del tutto innocenti dell’opera di morte compiuta dalla loro genitrice; il ritrovarsi allor a potenziale confronto diretto con la stessa Nissa non soltanto non avrebbe potuto ovviare a risvegliare in lui non soltanto quelle tragiche memorie, quanto e piuttosto non avrebbe mancato di ispirare in lui un vivo desiderio di vendetta, e una vendetta che, a distanza di tanti anni, non avrebbe certamente più potuto essere fraintesa qual impulso di un momento, quanto e piuttosto cosciente volontà di rivalsa contro colei che gli aveva negato l’amore della sua vita e, anche e ancor peggio, aveva negato a suo figlio la possibilità di conoscere la propria straordinaria genitrice, quand’ella ancora era in vita.
Insomma: fuori da quella porta a botola, i due uomini ribollivano, letteralmente, di brama di sangue, e del sangue di quella donna, desiderando avere a potersi riservare occasione di tentare di imporle quanto più dolore fisico possibile, benché, proprio malgrado, perfettamente consapevoli di quanto, purtroppo, ciò avrebbe avuto a doversi intendere del tutto impossibile, a confronto con la sua nuova condizione, e quella natura di ritornata.
A impedire allor loro di violare i confini di quella soglia, e di cercare rivalsa contro di lei, avrebbe avuto a doversi intendere soltanto il profondo rispetto che entrambi avevano a provare verso Midda Bontor, con la consapevolezza di quanto, purtroppo, ella aveva avuto occasione di vivere prima di loro, e peggio di loro, quegli stessi orrori, ritrovandosi a essere mutilata, sfregiata e resta sterile dalla propria gemella e, al contempo, costretta a confrontarsi per tutta la sua vita con i più terribili lutti i quali ella sarebbe stata capace di imporle, e di imporle tanto personalmente, quant’anche attraverso fidati scagnozzi.
« Come credi che stia...? » sussurrò Be’Wahr, rivolgendosi in un alito di voce in direzione di Lys’sh, e di quella giovane donna rettile che aveva recentemente scoperto essere in intimità con il proprio amico fraterno, in una relazione che i due avevano inizialmente voluto tenere segreta ma che, ormai, avrebbe avuto a doversi intendere di pubblico dominio.
« Midda o...? » replicò ella, cercando una conferma a margine di una questione in effetti ambigua, ma che molto facilmente avrebbe potuto essere correttamente interpretata qual concernente lo stato emotivo di Howe ancor prima della salute fisica di Midda, nel merito della quale, malgrado la non facile situazione, nessuno fra loro avrebbe potuto avere dubbi ella sarebbe stata in grado di gestire al meglio.
« ... lui. » annuì il biondo, evitando di scandire il nome del fratello, nel timore che egli potesse udirli e potesse avere a irritarsi con loro per quelle chiacchiere, e quelle chiacchiere che, certamente, avrebbe avuto a trovare idiote in una situazione come quella.
« Sta provando un misto di emozioni molto forti... alternandosi fra rabbia e paura. » confermò ella, in quella che avrebbe potuto essere una considerazione abbastanza ovvia, se non banale, a confronto con tutto quello, e che, ciò non di meno, non avrebbe avuto a doversi fraintendere gratuita da parte sua, dove a permetterle di esprimersi con quieta sicurezza a tal riguardo avrebbe avuto la peculiare sensibilità agli odori della propria specie, e, in tal senso, la sua capacità di leggere le emozioni del proprio compagno come fossero scritte a caratteri cubitali sopra la sua testa « Ma, per quello che lo conosco, non credo avrebbe piacere che io mi avvicinassi, per cercare di tranquillizzarlo... » soggiunse poi, con un certo rammarico nella propria voce, a confronto con la propria evidente inutilità in quel momento.
« Anche per quello che lo conosco io, credo proprio che tu abbia ragione. » ratificò egli, stringendosi appena fra le spalle « Credo proprio che se provassi io ad andare a parlargli, mi prenderebbe a pedate... »
Poco distante da lì, anche Be’Sihl e Seem, pur impegnati all’interno della gestione ordinaria della locanda, e di quella gestione resa improvvisamente ancor più frenetica dall’estemporanea assenza di Mera e di Namile a servire i numerosi clienti presenti, non avrebbero potuto fare a meno di confrontarsi nel merito di quell’assurda situazione, e, soprattutto, di quanto spiacevole essa non avrebbe potuto che risultare per il povero Brote...
« Non oso immaginare che cosa possa star provando in questo momento... a ritrovarsi così vicino a colei che ha ucciso sua moglie. » commentò l’ex-scudiero della Figlia di Marr’Mahew, scuotendo il capo con sincero dispiacere a confronto con tutto ciò « Diamine... mai un momento di tranquillità, in questa città! » protestò poi, sospirando profondamente.
« Purtroppo ho ben idea di cosa significhi abbracciare il corpo esanime della propria donna... » replicò Be’Sihl, il quale abitualmente non avrebbe offerto riferimento così esplicito al proprio primo, perduto amore, ma che, per i recenti eventi che lo avevano coinvolto, non avrebbe potuto fare a meno di ripensare subito a lei e alla sua tragica perdita « ... e so bene come una vita intera non sia sufficiente a cancellare quel dolore. Figurarsi, quindi, una piccola manciata di anni, come quelli che sono trascorsi dalla morte di Nass’Hya. » puntualizzò, provando solo compassione per Brote, e, ciò non di meno, non potendo vantare nei suoi riguardi sufficiente confidenza per poter ipotizzare di andargli a parlare.
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