11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 16 giugno 2009

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R
imasto solo con la propria paziente, per lungo tempo Al'Ehir non offrì alcun movimento o parola, limitandosi ad osservarla con curiosità, con interesse, cercando forse di perscrutare in quell’animo, alla ricerca dei segreti che ella si ostinava a celare nel proprio intimo.
E Fath’Ma, privata in quel silenzio di qualsiasi esplicita questione, di una qualsivoglia domanda diretta proposta nei suoi riguardi ai quali poter offrire qualche scusa, qualche giustificazione più o meno fittizia, non poté evitare in alcun modo quell’inchiesta, lo psicologico confronto con l’uomo.

« Cosa è accaduto? » domandò egli, ritrovando infine voce nel proporre un tono quieto, calmo, controllato.
« Ho già detto co… »
« Cosa è realmente accaduto? » specificò allora, interrompendola prima che ella potesse insistere con ciò che aveva compreso essere una menzogna, una quasi realistica spiegazione la quale, però, non aveva mancato di offrire delle incoerenze, dei vuoti ingiustificabili « Se tu fossi stata attaccata da un gruppo di stupratori, in alcun modo saresti potuta sopravvivere ad essi né, tantomeno, avresti potuto addirittura preservare la tua cavalcatura, asino o no che essa fosse. E posso esprimere tutto questo forte di semplice logica, senza considerare, inoltre, come io abbia personalmente analizzato e curato ogni pollice del tuo corpo e abbia perfetta cognizione di come tu non hai subito violenze di sorta… almeno nell’ultimo periodo. »
« Se ne eri e sei tanto certo, perché non ne hai fatto parola con il tuo comandante? » ribatté ella, cercando di apparire sprezzante ma, al tempo stesso, evidentemente volendo ricavarsi un’idea migliore nel merito di quell’individuo, della sua mente e del suo modo di pensare.
« Perché se, dopo averci posto al corrente di così tanti dettagli, hai volontariamente deciso di tralasciare ogni spiegazione nel merito della conclusione della tua storia, vi doveva essere una ragione. E non sapendo quale essa potesse essere, non era mio desiderio vederti forzata ad offrir risposte dalla sete di verità di Ra'Ahon. » spiegò il cerusico, restando immobile nel posto già occupato « Ciò nonostante, la mia fedeltà verso di lui è fuori da ogni possibilità di discussione e, per questo, è ora mia premura comprendere il tuo silenzio, la tua ritrosia... »
« Ad ogni costo, immagino. » commentò ella, con una nota di evidente sarcasmo nel proprio tono.
« Non essere melodrammatica, Fath’Ma. » scosse il capo l’uomo, sorridendo quasi divertito « Non credo di averti mai offerto motivo per cui temermi da quando ci conosciamo e, sinceramente, dubito che tu sapresti offrirmi ragione per divenire violento nei tuoi riguardi, ammesso che mai potessi riuscirci. »

La giovane serva, posta innanzi a simile ragionamento, non trovò possibilità di muovere obiezioni al medesimo, di negare la buona volontà offertale dal proprio interlocutore fino a quel momento, dove proprio a lui, in fondo, avrebbe dovuto riconoscere il merito della propria sopravvivenza. Come le aveva appena ricordato, infatti, era stato proprio egli a restituirle la salute, a concederle di ritrovare le proprie forze e, anche solo per questo, ella avrebbe forse dovuto considerarsi in debito, non negandogli il diritto ad una spiegazione più approfondita, completa per quanto truce.

« Se ti racconterò ogni cosa, mi concederai di fuggire questa notte stessa? » domandò, dopo un istante di esitazione, dimostrando la volontà di volergli accordare tale diritto ma richiedendo, insieme ad esso, un favore apparentemente personale « Sarebbe comunque stata mia intenzione procedere in tal senso, ma con l’aiuto di qualcuno potrà essere più semplice farlo… »
« Perché dovresti fuggire? Non sei prigioniera… » scosse il capo, non cogliendo il senso di simile richiesta.
« Perché più tempo trascorro insieme a voi e più i miei sentimenti, le mie emozioni positive crescono nei vostri riguardi, sentenziando purtroppo in ciò la vostra stessa fine… » replicò con assoluta, letale serietà la donna, stringendo le labbra a non concedere alcuna possibilità di fraintendimento attorno a simili parole.
« Ciò non ha senso! »
« Lo ha… ed a breve ti sarà chiaro. » rassicurò ella, cercando nuovamente le parole più adatte per esprimersi, per dar corpo ai propri ricordi, tutt’altro che piacevoli « In verità, come avevate intuito, vi è ancora un epilogo relativo, in particolare, alla mia storia personale del quale non vi ho offerto parola, forse per timore che, nel rievocarne memoria, esso potesse immediatamente concretizzarsi. »
« Allontanatami dai monti Rou’Farth, prima di giungere fino a questo accampamento, ebbi occasione di ritrovare lungo il mio cammino una casupola, l’insediamento di una piccola famiglia di allevatori alla base delle montagne stesse. » continuò, con tono cupo, funereo, che non mancò evitare di impressionare il suo unico ascoltatore, dove per tutti gli orrori precedentemente riportati non era mai stato adottata tale espressione « Solo due anziani coniugi ed i loro tre figli: gente semplice, certo, ma comunque piena di premure che non mancò di accogliermi, concedendomi asilo senza pormi alcuna domanda, senza richiedere da me la minima spiegazione sul perché del mio stato. »
« Trascorsi con loro ben due settimane, nel corso delle quali recuperai forze ed energie, ritrovai vitalità e voglia di vivere, iniziando a ricordare quanto accaduto all’interno della fortezza quasi come un evento lontano, perso in un passato ormai remoto e privo di ombre sul futuro. Il clima confortevole di quell’ambiente domestico mi contagiò senza fatica, dimostrandomi quanto, senza bisogno di allontanarsi completamente dal proprio mondo, dalla propria realtà con le sue tradizioni, la sua cultura, la sua lingua ed i suoi dei, come aveva deciso di fare Nass’Hya nella sua fuga in Kofreya, vi potesse essere una speranza di serenità per chiunque. Ero sinceramente felice, in pace con me stessa come non mi era accaduto da anni, come neppure all’interno dell’harem mi era mai stato concesso di essere. »
« Purtroppo, però, fu proprio allora che scoprii come le parole di condanna pronunciate dal Figlio di Kah nei nostri confronti fossero ben lontane dall’essere fini a se stesse, effimera minaccia priva di ogni conseguenza… » dichiarò, indugiando nel proseguo, verso la reale e già intuibile conclusione degli eventi..
« Cosa è accaduto? » insistette Al'Ehir, provando al contempo desiderio e timore per la conoscenza di simili informazioni, dove anche al suo intelletto tale verità si stava delineando chiara « Egli è forse…? »
« No. Non egli. » negò la donna, ferma nella voce per quanto trasparentemente agitata dentro di sé « Quanto piuttosto le sue orde. »
« Inattese ed irrefrenabili, esse piombarono fra noi nel cuore della notte, agendo con crudeltà priva d’eguali, senza che alcun atto potesse essere utile a preservarci da loro, per evitare il fato già decretato a discapito di tutti noi. E quegli spettri, terrificanti nelle loro fattezze come mai mi erano apparsi prima, nel periodo trascorso all’interno della fortezza, agirono con lentezza impietosa, con flemma disumana, nello scarnificare i miei ospiti innanzi ai miei stessi occhi, trattenendomi fra fontane di sangue caldo e segnando, nella forza di simile presa, la mia pelle e la mia carne in profondità, concedendomi la sola premura di non nuocermi tanto da rischiare di condurmi alla morte, di far venire il loro signore meno alla parola data. »
« Un orrore che proseguì per ore e che terminò solo alle prime luci del nuovo giorno quando restai sola, gettata priva di energie fra i resti osceni dei corpi di coloro che avevano osato offrirmi il loro aiuto, ai quali io avevo osato tentare di affezionarmi, di godere della loro compagnia, della loro presenza accanto a me. » sussurrò, sforzandosi a trattenere le lacrime in conseguenza di immagini tanto terribili quali quelle a stento descritte e, pur, fin troppo macabramente precise all’immaginazione del suo ascoltatore « Stremata ma viva, per quanto desiderosa solo di morire, mi trascinai fino all’esterno di quella casupola, lavando il mio corpo dall’orrore di quel sangue, delle viscere gettate su di me. E solo più tardi, ancora fradicia ed indifferente al freddo così come al resto del mondo attorno a me, mi abbandonai sul dorso dell’asino, muovendomi fino ad esso meccanicamente più che coscientemente, senza concedermi alcuna preoccupazione nel merito del trasporto di acqua, viveri, vestiti o, anche, della meta da raggiungere… »

Per oltre mezz’ora, dalla termine di quella rievocazione, il cerusico non ebbe forza, volontà di riprendere il discorso con la propria paziente, restando immobile ad osservarla, attonito, sbalordito e, forse, terrorizzato. Dove pur la sua scienza lo aveva spinto a dubitare della veridicità di tutte le spiegazioni offerte da lei, fin dall’inizio di quelle storie, il suo cuore ed il suo animo non avrebbero potuto evitare di tremare al pensiero dell’ignoto rappresentato dalla maggior parte degli elementi di quel resoconto, argomentazioni sovrannaturali che avrebbero potuto concretizzarsi inaspettatamente davanti a lui quale una sentenza di morte in conseguenza della sola colpa di aver prestato ospitalità e cure a quella giovane serva.
Possibile che una sì tremenda condanna fosse stata emessa nei riguardi di quella donna? Possibile che la felicità le sarebbe dovuta essere per sempre negata dal figlio di un dio sconosciuto?

« Devi lasciarmi fuggire. » lo richiamò, improvvisamente, ella, cercando nuovamente la sua attenzione, rompendo il silenzio calato fra loro « Prima che sia troppo tardi… »
« Sei ancora debole. » tentò di obiettare, esprimendo senza convinzione la prima frase che la sua mente riuscì a mettere insieme.
« Sono abbastanza forte da farcela. » negò l’altra, scuotendo il capo.
« Non essere precipitosa… parliamone con Ra'Ahon, prima: sono certo che lui capirà. » tentò di temporeggiare il cerusico, levando entrambe le mani come a volerla trattenere lì a riposo « Perché non hai voluto cercare la sua collaborazione? Perché non ci hai offerto subito la verità? »
« Non avrei neppure dovuto parlarne con te… non avrei dovuto parlarne con nessuno… » replicò Fath’Ma, alzandosi in piedi « Quale collaborazione potreste mai offrirmi? Quale aiuto potreste mai concedermi?! »
« Io… noi… » balbettò egli, non riuscendo a formulare alcuna frase di senso compiuto, utile in un contesto quale quello in cui era stato trascinato da quel discorso.
« Voi morirete. Morirete tutti… » lo interruppe, non riuscendo più a contenere il proprio patimento per simile consapevolezza « Ed a questo destino si condanneranno tutti coloro che mai cercheranno di aiutarmi, dove alcuno potrà mai opporsi alla maledizione scagliatami contro dal figlio di un dio. »
« Neppure colei che ha accettato di sposare quel mostro? Colei per le cui gesta hai tessuto lodi innanzi a noi in questi ultimi giorni. Colei che avresti dovuto odiare per la tua attuale rovina e che, invece, stai continuando ad ammirare, presentandola quale esempio da seguire. Neppure Midda Bontor potrà liberarti dalla tua condanna? »

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