11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 29 giugno 2009

535


D
ove la semplice mole di quel bruto, slanciata in similar modo contro un obiettivo umano, avrebbe comportato per quest’ultimo probabilmente un grave danno se non, peggio, addirittura il decesso, quale conseguenza alla frattura della colonna vertebrale, Midda dimostrò, con la propria quiete, il proprio controllo, di non riuscire a trovare alcuna ragione per temerlo, per dubitare dell’esito di quel confronto. Restando immobile fino all’ultimo, mantenendo lo sguardo fermo sul proprio avversario, ella agì solo un istante prima dell’ormai apparentemente inevitabile scontro, accogliendo a sé l’uomo, lasciando contemporaneamente ricadere il proprio corpo all’indietro e andando ad appoggiare con la propria schiena contro il suolo: aiutandosi con entrambe le gambe, unite e compresse sopra il proprio petto nell’ammortizzare la violenza di quell’impatto, ella riuscì in tal modo a riversare tutta l’energia impiegata contro di sé sul medesimo antagonista, guidandone con una capriola il movimento oltre la propria posizione e facendolo letteralmente volare contro la soglia dalla quale era appena entrata. Il legno della porta, così colpito, si infranse in una miriade di schegge, nel contempo in cui la mercenaria, senza dimostrare il benché minimo affaticamento per quanto compiuto, completando la rotazione così iniziata, ritornava ad una posizione verticale, per essere pronta di fronte ad ulteriori offensive.
Per un momento sospeso nel tempo, tutto parve restare assolutamente immobile, pietrificato per lo spettacolo offerto, per la banale semplicità con la quale la donna era apparsa potersi liberare da un pericolo tanto grande. Ovviamente lo stolido bisonte, che tanto rapidamente ella aveva posto fuori combattimento, non avrebbe mai potuto essere paragonato ai pericoli contro i quali era solita confrontarsi, trovando sempre ragione di sopravvivenza, e per questo l’esito di tale vana azione si sarebbe dovuto considerare quale scritto ancor prima del suo ingresso nel locale. Ciò nonostante, per quanto la nomea della mercenaria fosse nota a tutti, l’assistere in prima persona a tale prova di agilità, di forza, di coordinazione, lasciò la platea innanzi a lei assolutamente sbalordita, incerta non solo sui modi attraverso i quali agire ma, addirittura, sulla ragione stessa di agire.
Ma purtroppo per loro, non di certo per lei, tanto stupore venne immediatamente sopraffatto da un sentimento di rivalsa, da un desiderio di sopraffazione a suo danno, tale da scatenare in una volontà d’offesa chiunque all’interno di quel locale.

« Uccidiamo la cagna di Brote! » gridò una voce, ad incitamento dei compagni.

La bolgia che seguì fu a dir poco indescrivibile.
Nel presupposto ovviamente noto tanto alla mercenaria quanto al suo scudiero, di come, nella città del peccato, non vi fossero abitanti considerabili innocui, nell’unica eccezione forse rappresentata da qualche ladruncolo di strada, quanto accadde apparve in verità assolutamente prevedibile, quale era del resto stato: tutti all’interno di quella taverna si proposero entusiasticamente pronti a cercare di impadronirsi della vita della donna guerriero, unendo in questo tentativo l’utile, rappresentato dalla difesa dell’onore del proprio signore Bugeor, al dilettevole, riconoscibile nella possibilità di associare il proprio nome alla sconfitta di una leggenda vivente quale ella era. Mercenari e sicari, ma anche semplici prostitute, estrassero lame di ogni dimensione e foggia nella volontà di bagnarne il metallo lucente nel sangue della loro avversaria, gettandosi senza alcuna esitazione, senza alcun timore, contro di lei: un fiume incontenibile ma, comunque, paradossalmente arginato dalla propria stessa foga là dove essi si presentavano numericamente sovrastanti su una sola, singola presenza, in maniera tanto eccessiva da rendere necessario limitare i propri attacchi, coordinare le proprie mosse al fine di non offrirsi altresì danno a vicenda.
Avendo guadagnato il nome di Figlia di Marr’Mahew nell’aver affrontato e sconfitto senza battere ciglio oltre cinque dozzine di pirati, avendo conquistato gli onori più grandi nell’Arena di Garl’Ohr dopo aver posto battaglia per ore ai belligeranti abitanti del regno di Gorthia, essendo sopravvissuta ad innumerevoli battaglie combattute addirittura nuda nel contrasto a interi reggimenti della Confraternita del Tramonto ed eserciti di ogni nazione, Midda non si negò di sorridere apertamente innanzi al tributo così riconosciutole, sentendosi onorata dalla loro volontà di confronto quasi come una dea di fronte ad un’ostia legata all’altare del proprio tempio. Sguainando la propria spada, la lama in lega metallica dagli azzurri riflessi, scintillante quasi simile ai suoi stessi occhi di ghiaccio, ella si predispose priva di animosità, di frenesia o preoccupazione, nell’attesa dei propri avversari, pronta a liberarsi di essi uno ad uno.
Al suo contrario, Seem, pur sopravvissuto pochi mesi prima al confronto con un mostro marino, davanti a quell’orda bramosa di morte, non poté ignorare un istante di timore, di preoccupazione, dubitando in maniera umana delle proprie possibilità, della propria abilità e, in ciò, delle proprie speranze di successo. Se anche la sua signora, forte della propria esperienza, della propria fama, non avrebbe forse potuto trovare ragione di ansia, per lui, umile scudiero, o forse neanche pienamente tale, quella sfida rappresentava probabilmente e comunque qualcosa al di fuori delle proprie possibilità, per quanto giunto a quel punto non avrebbe più potuto trarsi indietro, non avrebbe più potuto ripiegare e, in ciò, evitare il ricorso alle armi. Armandosi, pertanto, di una bottiglia raccolta da un tavolo a sé prossimo, si preparò al peggio, cercando di ricordare qualche preghiera nei confronti di divinità a lui pur sconosciute, dove non era solito ricercare nella fede un qualche conforto, un qualche aiuto.

« Non cogliere la mia osservazione quale lesiva nei confronti della tua persona o delle tue possibilità… » espresse la mercenaria, riservandosi di mantenere sotto controllo anche il proprio scudiero nonostante il confronto già iniziato con numerosi avversari armati innanzi a lei, attorno a lei, impegnati a tentare di violarne difese superiori a quelle che mai si sarebbero potuti attendere « … ma cosa pensi di poter fare con quel vetro? Vuoi forse invitarli ad una bevuta insieme per rilassare i nervi? »

Prima che, però, al giovane fosse concessa una qualche possibilità di risposta, la mano destra della donna guerriero, in freddo metallo, afferrò e storse violentemente il braccio di uno dei propri nemici, costringendolo a gettare a terra la corta spada prima impugnata contro di lei. Un gesto di premura quello di Midda che già in una situazione consueta sarebbe già apparso quale insolito, se non addirittura inappropriato, e che in quel crescendo d’isteria collettiva a suo discapito si propose quale un dono prezioso impossibile da rinnegare per lo scudiero, un riconoscimento per la concessione del quale ella si stava potenzialmente distraendo dalla folla bramosa di violenza. E dove pur la donna stava mantenendo tutti i propri avversari al proprio posto, non concedendo loro alcuna possibilità contro di sé, Seem non poté che esserle grato per avergli voluto concedere tale occasione, comprendendo come fosse giunto per lui il tempo di dimostrare il proprio valore, il proprio diritto a restare al suo fianco, a sostenerla e supportarla nelle battaglie più feroci.
Impugnando con decisione quella lama, egli sentenziò come in quel giorno, in quella mattina, avrebbe onorato la memoria del proprio maestro, di colui che tanto si era impegnato al fine di renderlo pronto per far fronte a scontri come quelli, alla furia della violenza che lì sarebbe stata loro offerta.

« Per Degan… e per te, mia sig… » tentò di esclamare, levando l’arma al cielo nel definirsi pronto a riservarsi con essa il proprio posto nel mondo.

Ma prima che quella frase potesse trovare conclusione, il pesante pomello di una spada piombò alla base della nuca del giovane, sottraendogli la possibilità non solo di esprimersi, ma anche di prendere parte a quello scontro, di adempiere a quanto desiderato, al proprio ruolo di supporto per i lsuo cavaliere, nel precipitare privo di sensi a terra.
Una fine rapida, indecorosa, della quale, però, la donna guerriero decise di non preoccuparsi in quel momento, non concedendosi alcuna angoscia nel valutare come, fortunatamente, lo scudiero da essa non avrebbe riportato danni permanenti.

« In fondo è meglio così… » sorrise, scuotendo il capo « Con tutta questa gente, avresti potuto farti seriamente del male, caro Seem. »

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