11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 24 aprile 2012

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A
rinnegare, tuttavia e nuovamente, ogni connessione fra la straniera e l'Impero, sarebbe dovuto essere riconosciuto anche il contributo offerto la sua arma, la sua spada adagiata accanto alle sue gambe e forgiata in forme e proporzioni del tutto ignote entro i confini del continente di Hyn non di meno rispetto a quelle del suo procace corpo.
L'arte dei mastri fabbro di Hyn, in effetti, da millenni aveva fondato il proprio operato su una tecnica ben precisa, sconosciuta ai loro corrispettivi in Myrgan o Qahr, e tale da permettere loro di forgiare lame praticamente perfette e indiscutibilmente temibili, lunghe, sottili ed eleganti, con una caratteristica forma leggermente ricurva. Nel plasmarle, a uno strato di acciaio ad alto contenuto di carbonio, duro e tale da concedere alla lama un grande potere di impatto, era aggiunto un secondo strato di acciaio a basso contenuto di carbonio, più malleabile e utile a donarle una certa duttilità necessaria per assorbire gli urti, derivanti dai propri attacchi o dalla difesa innanzi a offensive nemiche, senza in ciò frantumarsi, destino, invero, di troppe lame, di troppe spade plasmate tale, particolare, combinazione. Questi due strati, una volta formati, erano poi uniti, saldati l'uno all'altro, in grazia a un impegnativo processo di ripiegatura, da un minimo di otto a un massimo di sedici volte, e tale da donare alla lama, al termine di ciò, la solidità derivante da diverse decine di migliaia di strati d'acciaio. A ben vedere, in rari casi, i due acciai erano stati ripiegati addirittura sino a venti volte, in maniera tale da creare una spada formata da oltre un milione di strati: un lavoro, uno sforzo incredibile da parte del mastro fabbro, comunque giudicato dal pensiero comune qual assolutamente vano, tale da non offrire un prodotto superiore rispetto al limite delle sedici ripiegature, e pur indubbiamente ammirevole e capace di dar vita a un'arma che difficilmente avrebbe trovato rivali.

« I Tre Re vissero e regnarono su Hyn e sui loro regni per oltre sessantamila anni, guidando i rispettivi popoli con saggezza e con forza, rispettati e amati da tutti i loro sudditi. »
« Ma come per gli Antichi, anche l'epoca dei Tre Re giunse alla fine. E la Regina Tigre, il Re Dragone e il Re Lupo rispettarono tale conclusione, e si ritirarono presso gli dei, ai quali ormai erano pari. »
« E gli dei accolsero i Tre Re, con la consapevolezza di come, dal momento della loro creazione sino a quel giorno, solo i Tre Re avessero realmente offerto un senso alla propria esistenza, così come, al contrario, essi non erano mai riusciti a compiere. »

Anche l'arte propria dell'arma della straniera, pur trasparentemente estranea alla tecnica propria di Hyn, aveva già avuto occasione di dimostrare in proprio valore, nell'aver generato una lama egualmente ammirevole seppur in grazia di un qualche procedimento mai diffuso nella terra di Qahr con la stessa generosità di quello che nell'Impero era alfine divenuto un canone. La lama definita bastarda o da una mano e mezza, nelle proprie dimensioni superiori a quelle di una comune spada a una mano, ma inferiori a quelle di uno spadone a due mani, era stata infatti forgiata in una particolare lega dai riflessi azzurri, il cui segreto era noto solo a pochi fabbri figli del mare, abitanti su isole o lungo le coste, e da essi gelosamente custodito e impiegato, abitualmente, al fine di plasmare solo poche, importarti armi, raramente commerciate e, più sovente, guadagnate da coloro che ne sarebbero divenuti proprietari. Tale lega, incredibilmente più resistente di qualunque acciaio, era considerata frutto dell'azione del mare, che con la forza e l'insistenza delle sue onde, l'aveva temprata come mai alcun altro metallo o lega avrebbe potuto sperare di essere. E, a differenza della propria corrispettiva di Hyn, il suo impegno non era mai stato limitato alle spade, ma si era visto dedicato a qualunque genere di arma, da asce a lance, da stiletti a tridenti.
Di una particolare e splendida manifattura, nel dettaglio, era la spada della straniera, frutto di un impegno sicuramente notevole e che forse nessuno avrebbe saputo eguagliare: dopotutto, qual fedele compagna della straniera era allora già da vent'anni, affrontando l'impossibile tanto nelle vie di terra, quanto in quelle di mare, quanto e persino nei cieli e oltre gli stessi, quand'ella aveva viaggiato oltre i confini dell'unico pianeta prima da lei conosciuto e, in generale, concepito qual esistente.

« E gli dei chiesero ai Tre Re di condividere con loro la conoscenza della vita e dell'uomo. »
« Ma la Regina Tigre osservò il Re Dragone. E il Re Dragone osservò il Re Lupo. E il Re Lupo osservò la Regina Tigre. E nessuno fra i Tre Re seppe cosa poter rispondere agli dei. »
« Perché solo chi conosce la vita e l'uomo, chi vive da uomo la propria vita, può comprendere la vita e l'uomo, così come gli Antichi, prima di loro, avevano constatato. »
« Così gli dei scacciarono i Tre Re, gelosi dei segreti che costoro non avrebbero mai potuto condividere. E i Tre Re ritornarono in Hyn. »

Straniera in terra straniera, la donna sedeva nella locanda dei "Tre corvi" senza tentare di celare la propria natura, e pur, al contempo, senza neppure farne vanto. Quasi ella fosse lì di casa, raccoglieva con decisa abilità delle dita della mancina, piccoli pezzi di pollo condito con mandorle in grazia di due bacchette di legno da una tazza di egual materiale, portandoli alle labbra senza particolare esitazione, anche ove il sapore di quella carne, condita con mandorle, le sarebbe dovuto essere estraneo non di meno di quanto ella fosse all'interno di quelle mura. E, malgrado la sua indifferenza al contesto a sé circostante, nella sola eccezione rappresentata dalle abili cantore dedite a suonare, e cantare, la storia del continente di Hyn, e con esso dell'Impero; il resto della locanda, e dei suoi avventori, non avrebbe potuto essere egualmente privo d'ogni considerazione nei suoi riguardi, cercando sì di risultare impassibile alla sua presenza, e pur miseramente fallendo in ciò.
Ogni uomo o donna lì presenti cercavano continuamente, e discretamente, contatto visivo con lei sin dal suo ingresso all'interno dei "Tre corvi", desiderosi se non di comprendere chi fosse, quanto meno di intuire cosa ella potesse ricercare all'interno di quelle mura, oltre, ovviamente, a un piatto di pollo alle mandorle e a un bicchiere di latte di capra.

« Ma l'epoca dei Tre Re era conclusa. E per i Tre Re non vi sarebbe stato più posto in Hyn. »
« Perché dopo la scomparsa dei Tre Re, i tre regni, le tre civiltà che nella loro profonda consapevolezza avevano creato, avevano cercato nuove strade sulle quali indirizzare il proprio futuro e con esso offrire un senso alla propria esistenza.. E nelle incompatibili differenze fra loro esistenti, la guerra fu inevitabile. »
« Così i Tre Re, saggi più degli dei, rispettarono il volere dell'uomo e scelsero di trovare rifugio nel cuore dei rispettivi regni, lì ricercando nel sonno la pace che gli dei non avevano loro voluto concedere, in attesa di un tempo futuro in cui l'uomo avrebbe potuto ancora necessitare di loro. »

La moglie del locandiere si avvicinò alla straniera, probabilmente spinta dalla curiosità, ma apparentemente desiderosa di accertarsi che ella non avesse necessità di altro cibo o altre bevande.
Sul volto sfregiato della straniera dai capelli color fuoco, all'arrivo del proprio anfitrione, comparve solo un ampio sorriso sereno, che vide dalle sue labbra carnose far capolino una fila di denti bianchi almeno quanto la sua pelle. Un sorriso, il suo, più che sufficiente a certificare la soddisfazione di quella donna anche senza bisogno di ricorrere a particolari giri di parole, ma che, per risultare ancor più chiaro, fu accompagnato da un lieve movimento del capo in avanti, a dimostrare in tal gesto di rispetto la propria sincera gratitudine per l'ospitalità offertale.

« La straniera è beneducata. » sussurrò la moglie del locandiere al proprio sposo, ritornando verso di lui con passo leggero e silenzioso, costretto dai propri piedi fasciati secondo la pratica del loto d'oro.

Ma il locandiere non si poté dire rasserenato da quell'annuncio della propria sposa, ove una donna straniera vestita in abiti maschili e accompagnata da una strana, ma lunga e sicuramente ben affilata, spada, non avrebbe mai potuto condurre seco un messaggio di pace.

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