11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 27 aprile 2012

1560


« C
ome desideri. » accettò la donna guerriero, in una decisione forse prevedibile, forse ineluttabile, ove rifiutare, per lei, avrebbe rappresentato un disonore non inferiore a quello proprio di un uomo, dal momento in cui pari a un uomo aveva voluto farsi considerare così come giustamente evidenziato dal suo sfidante, da colui che, in tal modo, non sarebbe divenuto un nemico ma, semplicemente, un avversario, un contendente da vincere, sì ma non da umiliare « Però ti diffido dal domandarmi di impiegare il mio braccio destro… per ovvie ragioni. » puntualizzò ella, proprio nel desiderio di evitare ragioni di umiliazioni, per l'avversario, e di facile vittoria, per se stessa.
« Credi forse che quella tua protesi stregata mi possa far paura?! » domandò l'ebbro, aggrottando la fronte con disappunto per le parole da lei appena offertegli qual suggerimento, qual supporto, aiuto persino « Ho già sentito parlare di questa vostra usanza barbara. E so come funziona… so che non vi offre alcuna forza che già prima non fosse vostra. » spiegò « Il tuo è solo uno sciocco tentativo per spingermi a usare la mancina, e in questo avvantaggiarti! » commentò, facendo riferimento alle bacchette da lei ancora impugnate nella mano sinistra.
« Nel mio caso non è propriamente così… » tentò di rispondere l'altra, lasciando appoggiare la tazza con il pollo, e le bacchette, sul tavolo innanzi a sé « E dal momento che non conosco più della metà delle parole che mi servirebbero per spiegartelo, ti prego di credermi sulla parola e di non chiedermi di impiegar… »
« Non credo a nulla di quanto stai blaterando, donna! » negò il primo, arricciando le labbra e il naso, con aria dispregiativa verso di lei « E questo tuo sciocco arrancare è più disonorevole di quanto non potrebbe esserlo rifiutare la sfida. »
« Oh, Thyres… » sospirò la straniera, levando gli occhi verso il cielo e, in ciò, invocando il nome della propria dea prediletta, in un'esclamazione che pur alcuno fra coloro a lei circostanti ebbe modo di comprendere « E vada per il braccio destro. Ma poi non ti lamentare se dovessi romperti il naso! » lo avvisò, nella volontà, forse, di offrirgli un'ultima possibilità per cambiare idea.

Tale possibilità, tuttavia, non venne accolta dall'uomo, il quale, senza attendere un solo instante, si pose a sedere innanzi a lei, anch'egli a gambe incrociate, inclinò leggermente la schiena in avanti e appoggiò il proprio gomito destro sul tavolo, offrendo poi la mano chiusa a pugno innanzi al proprio viso, con le dita verso di sé e il dorso verso la sua avversaria.
Spostando il pollo, l'acqua e bacchette di lato, a evitare un loro spiacevole coinvolgimento nella questione, anche la straniera piegò la propria schiena lievemente in avanti, appoggiando in parte i propri seni, e il proprio gomito destro, in lucente metallo argentato, sul tavolo innanzi a sé, e sollevando poi la splendida mano, elegante non di meno rispetto a quella di carne e ossa, in fronte al proprio volto, richiudendola a pugno. Il freddo dorso della sua mano destra, in tal modo, si pose a contatto con dorso della mano destra del proprio antagonista, in ottemperanza a quanto richiesto da quel genere di giuoco, che aveva scoperto essere molto in vigore entro i limiti di Hyn e che, ben volentieri, avrebbe importato anche in Qahr nel giorno in cui avesse scelto di farvi ritorno.
Lo scopo della sfida era semplice: il primo che fosse riuscito a costringere l'avversario a tirarsi un pugno in faccia, spingendo la mano del medesimo con la propria senza mai staccare il gomito dalla superficie del tavolo, avrebbe vinto, dimostrando maggiore forza, tenacia e abilità rispetto alla controparte. Il tutto, così, si sarebbe risolto senza risse o abbondanti spargimenti di sangue, quanto, e semplicemente, con un pugno sul naso che avrebbe fatto giustamente pentire di essersi coinvolto nella sfida chi lo avesse ricevuto.

« E' un peccato che un semplice pugno in faccia non potrà fare nulla per migliorare il tuo volto. » commentò l'uomo, ancor criticando apertamente le fattezze della propria antagonista.
« Sai che a furia di ripeterlo, finirai con l'innamorarti di me?! » ridacchiò la donna, per nulla intimorita dalla controparte e, anzi, apparentemente divertita da tutto quello.

Ella, donna e probabilmente con mezzo secolo di vita sulle spalle, o quasi, avrebbe dovuto riservarsi evidenti ragioni per accogliere quella sfida, quello scontro, con maggiore serietà e, comunque, maggiore timore, nel constatare come il suo avversario, uomo e non più che trentenne, palesava un braccio grosso almeno tre volte il proprio. Ciò nonostante, alcuna incertezza sembrò caratterizzarla nel prendere posizione, né, tantomeno, nel sorridergli sprizzante, al contrario, una sicurezza straordinaria, quasi fosse a confronto con un infante, o peggio.
E tanta sicurezza, persino troppa, non poté che colpire l'uomo, il quale, al di là del sakè in circolo nel proprio corpo, si ritrovò a domandarsi se, forse, non avesse agito con eccessiva imprudenza nello sfidare una donna guerriero straniera, e nell'insistere, in particolare, per porsi a confronto con il suo braccio di metallo, non protesi inelegante e ingombrante quali le aveva pur sentito descrivere in passato, quanto, e semplicemente, replica fedele e speculare del braccio mancino, quasi opera d'artista. Ormai, tuttavia, la sfida era stata lanciata e solo combattendola avrebbe potuto conservare il proprio onore, vincendola oppure no. Se si fosse ritirato, al contrario, sua sarebbe stata solo infamia e vergogna, ragione per la quale ogni ritrosia sarebbe dovuta essere posta da parte, ogni dubbio sarebbe dovuto essere rapidamente obliato, relegandolo a sciocca paranoia priva di fondamento.

« Prometto di impegnarmi a farti meno male possibile… » sussurrò la straniera, nel mentre in cui, uno fra i tanti membri del loro pubblicò di premurò di offrire loro il segnale d'inizio.

L'arrogante già interlocutore del locandiere, compagno dell'uomo impegnato nella sfida, aveva veduto il proprio compare vincere uomini apparentemente invincibili in quella sfida, esperti ufficiali dell'esercito dell'imperatore Lupo i quali, al di là di tutti i propri sforzi, avevano alfine dovuto piegarsi al proprio compare e alla sua abilità in quel giuoco. Proprio per tale ragione, egli non avrebbe mai potuto dirsi preoccupato per l'esito della sfida in corso, sebbene, personalmente, non avrebbe mai tentato la sorte in contrasto a un braccio di armatura stregato: non a uno normale, non a quello sì originale della straniera, tale da suggerire l'impiego di arti, metallurgiche e mistiche, superiori a quelle che chiunque altro avrebbe potuto vantar qual proprie… non che in Hyn, a differenza di Qahr, qualcuno avrebbe potuto serbarsi ragione di vanto nell'accettare di rimpiazzare un arto perduto con onore con un artefatto incantato, seppur apparentemente elegante e aggraziato qual quello proprio della straniera.
Malgrado la propria iniziale sicurezza, tuttavia, tanto l'uno quanto l'altro, l'arrogante come l'ebbro, dovettero presto maturare la consapevolezza di aver commesso lo stesso errore che, in passato, portò i propri antenati a perdere in contrasto al regno del Lupo, permettendo l'ascesa al potere di questi ultimi su tutto il continente. Perché, diversamente da ciò a cui entrambi erano abituati, e a ciò che si sarebbero attesi da una semplice donna, per quanto vestita in abiti maschili, ella non cedette subito dopo il segnale di inizio né, tantomeno, dopo i primi istanti dal medesimo… o quelli seguenti ancora. E sebbene il bicipite dello sfidante fosse teso oltremisura nel tentativo di contrastare quell'arto metallico, la straniera non offrì la benché minima dimostrazione di affaticamento o, quantomeno, sforzo, osservando quasi con divertimento tutto l'impegno posto dall'uomo a sé antagonista per sopraffarla.

« Devi stare attento… non vorrei che ti scoppiasse il tuorlo sforzandoti così! » suggerì ella, con voce assolutamente serena, quasi annoiata.
« Forse volevi dire "cuore"… » suggerì la medesima voce maschile che già prima si era fatta carico di intervenire a correggere il suo uso errato della lingua.

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