11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 26 aprile 2012

1559


L
a straniera sorrise alla conclusione del canto, nel contempo dimostrando la propria approvazione nei riguardi della bravura delle cantore battendo con le nocche della propria destra chiusa a pugno la superficie in legno del proprio tavolo, secondo l'uso locale. In verità, sebbene ella non volle esprimerlo in maniera esplicita, parte della ragione del suo sorriso non si sarebbe potuta rifare a un semplice sentimento di approvazione per il canto appena conclusosi, quanto e più precisamente, a quello che volle riconoscere qual un calcolo particolarmente originale del trascorrere del tempo. Sebbene in Hyn il concetto di anno non fosse diverso da quello di Qahr, suo continente natale, limitandosi, semplicemente, a un differente computo di mesi e stagioni all'interno del medesimo; le ultime strofe del canto avevano voluto indicare l'origine dell'Impero a mille anni prima, ove, tuttavia, l'attuale imperatore Lupo altro non fosse che il figlio del nipote del primo khagan, permettendo di collocare, pertanto, l'origine dell'Impero a un secolo, o poco più, prima.
Quel suo sorriso e, soprattutto, quel suo gesto di approvazione nei riguardi delle cantore, unico in tutta la locanda, suscitò, nell'immediato, due diverse reazioni. Da parte delle stesse cantore, destinatarie di quel complimento, non poté che essere imbarazzo, ove non abituate a essere approvate entro i confini di quell'intera regione, non, quantomeno, quando impegnate a decantare le lodi dell'Impero secondo i termini loro imposti da parte del governo. Da parte del resto del pubblico, spettatore di quel secco battere ripetuto, non poté che essere maliziosa curiosità, nel cercare di comprendere chi potesse avere così poco interesse per il proprio futuro, e per la propria salute in tale, succitato, futuro.
Inizialmente, comunque, alcuno fra tutti i viandanti lì riunitisi, trovò un qualche reale interesse a reagire in risposta alla straniera. Neppure l'uomo già alzatosi e mossosi verso il locandiere, colui che sino a qual momento aveva dimostrato maggiore interesse verso di lei, ebbe ragione di esprimere una singola sillaba, dal momento in cui seppur arrogante, altresì non stupido avrebbe dovuto essere giudicato nelle proprie scelte, quelle già compiute e quelle che ancora avrebbe potuto compiere, prima fra tutte non cercare un confronto diretto con quella straniera senza prima sapere chi ella potesse essere e per quale motivo fosse giunta nella loro tranquilla provincia.
Insofferente all'imperatore Lupo e a tutte le espressioni del suo potere, l'arrogante avrebbe infatti volentieri sfidato e ucciso quella guerriera straniera, se solo ella fosse stata effettivamente riconosciuta qual la khan giunta dai mari del sud, nella volontà, in tal modo, di poter recare offesa al khagan senza, tuttavia, levare offesa contro un qualunque prefetto o, più in generale, un qualunque rappresentante dell'esercito imperiale; azione che, ove compiuta, avrebbe potuto condurre solamente a pesanti ripercussioni in loro stesso contrasto, scelta di termini più moderata per indicare, a prescindere, quello che sarebbe stato, semplicemente, un massacro. Nel caso in cui, però, quella donna non fosse stata riconosciuta quale il khan d'occidente, alcuna ragione vi sarebbe potuta essere per qualunque discendente del regno del Dragone per levare una sola mano contro di lei, non, per lo meno, fino a quando non fosse stata ella stessa a fornirla.
Egualmente razionale e controllato, purtroppo, non si dimostrò un compagno dell'arrogante, uno dei suoi amici da lui abbandonati al proprio tavolo, il quale, complice l'effetto di una tazzina di sakè di troppo, e probabilmente dell'umiliazione intrinseca nel canto appena terminato e nell'approvazione espressa dalla straniera, dopo qualche interminabile istante di silenzio impostosi all'interno dell'intera locanda, decise di levarsi in piedi, risollevandosi con non poca fatica ma poi muovendosi con passo convinto verso il proprio obiettivo. E giunto da lei, egli scoprì che malgrado la propria mole, tutt'altro che indifferente, alcun interesse era riuscito ad attrarre in colei alla quale si era avvicinato, questa ancora impegnata, con trasparente serenità, ad assaporare il proprio pollo alle mandorle.

« Donna… perché vesti come un uomo? » esordì verso di lei, con un tono di voce decisamente più lucido di quanto chiunque avrebbe potuto attribuirgli « Dalla terra da cui vieni, sono forse gli uomini a vestirsi da donne? Oppure è una tua scelta?! »
« Mio poco onorevole interlocutore… » replicò ella, con tono di voce moderato non di meno di quanto non fossero già stati i suoi gesti « … è stato forse qualche mio etto sgradito? »
« Etto?! » ripeté spiazzato l'uomo, non riuscendo a comprendere che cosa avrebbe voluto significare in con quella parola, apparentemente estranea al contesto.
« Azione. » si spiegò ella, chinando appena il capo in un gesto invocante perdono per il proprio ancor non perfetto uso di una lingua per lei sino a qualche tempo prima del tutto sconosciuta.
« Credo che tu volessi dire "gesto"… » ipotizzò un altro uomo, seduto a un tavolo poco distante da lei, e, in ciò, necessariamente testimone per quel dialogo, così come, comunque, lo erano tutti all'interno di quelle mura di legno.
« Sì. Gesto. » annuì la donna guerriero, ringraziando il proprio suggeritore con un sorriso « E' stato forse qualche mi gesto sgradito? » riformulò e corresse la propria precedente frase.
« Sono le tue vesti a essere sgradite. Una donna dovrebbe vestire come una donna. Non come un uomo. » indicò il suo alticcio interlocutore, ritornando al discorso estemporaneamente interrotto « A meno che non sia tuo desiderio essere trattata come un uomo, nonostante la volgare sovrabbondanza delle tue forme. »
« Io credo che tuo desiderio sia quello di vedermi vestita come una prostituta, allorché come una donna. » sorrise sorniona la straniera, scuotendo il capo « Ti invito a ritornare al tuo posto e a lasciarmi proseguire il mio pasto con la stessa serenità con la quale è iniziato, a meno che non sia tuo desiderio attrarre guai. » proseguì, scimmiottando le parole dall'altro appena pronunciate, e sottolineandone l'intrinseca, e non velata, minaccia nel sollevare il proprio sguardo verso di lui, ponendolo, per la prima volta, a confronto diretto con i propri occhi color ghiaccio.
« Non provare a minacciarmi… strega! » esclamò l'uomo, ritraendosi appena qual reazione alla vista di quegli occhi per lui innaturali, quali solo sarebbero potuti essere propri di una strega, e non di una comune donna « E che sia chiaro che non giacerei al tuo fianco neppur se fossi tu stessa a pagarmi. » puntualizzò, in riferimento alla prima affermazione da lei suggerita nel merito dei suoi reali desideri.
« Credo proprio che potremo entrambi restare tranquilli, quindi… » commentò ella, stringendosi fra le spalle e lasciando al buon senso dei suoi ascoltatori di comprendere quanto, in tale espressione, fosse suo desiderio comunicare, ben attenta a non riservarsi una posizione di torno nell'insultare la propria controparte.

Per un istante l'uomo, il cui intelletto era rallentato e offuscato dal sakè, non riuscì a elaborare una qualunque risposta da offrirle, per replicare a tono alle sue provocazioni. E quando alfine riprese voce, ancora tale replica non era stata individuata, motivo per il quale egli si industriò a mutare oggetto di conversazione e a ritornare a quella che, probabilmente, avrebbe dovuto essere riconosciuta, sin dall'inizio, la sua reale volontà di interlocuzione con lei…

« Se è tuo desiderio di vestirti come un uomo, di sederti come un uomo, di atteggiarti da uomo e di essere trattata da uomo, che sia tua premura quella di non sottrarti a una prova di forza, così come mai alcun uomo compirebbe, per non vedere il proprio onore, e l'onore della propria famiglia, essere macchiato da una tale dimostrazione di viltà… » dichiarò, lasciando risuonare le proprie parole con un tono tale che mai, alcuno fra i presenti, avrebbe potuto ignorare l'implicita sfida da lui in tal senso lanciata a discapito della donna.

Sfida con la quale, evidentemente, egli sperava di umiliarla. Ma risultato sul quale, in verità, ben pochi fra i tutti presenti sarebbero stati disposti a scommettere a cuor leggero, ove altresì certi che, dietro quegli occhi color ghiaccio si nascondesse qualcosa di più di una comune donna. Per tal ragione, il silenzio già li incombente parve intensificarsi, ritrovando tutti, all'interno della locanda, qual addirittura immobilizzati nell'attesa della replica che la straniera non avrebbe dovuto mancare di offrire, e di ciò che, in conseguenza, sarebbe avvenuto.

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