Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
martedì 22 maggio 2018
2554
Avventura
050 - Il tempo del sogno
« Oh… porca l’oca… » esclamò Rín, cessando il fuoco nel ritrovarsi allibita a confronto con l’evidenza di quanto, ciò pur da lei ispirato, pur da lei suscitato nel proprio estemporaneo ruolo di maestra, stava allor venendo, senza ombra di dubbio alcuno, superato dalla Figlia di Marr’Mahew, con ciò che si stava dimostrando in grado di realizzare.
Impugnata da entrambe le mani della donna guerriero, infatti, l’ascia di Carsa ebbe improvvisamente, inaspettatamente, e improbabilmente, a mutare, in forma e, ancor più, in dimensioni, assumendo le proporzioni gigantesche proprie di una lama e di una lama che, malgrado una normale impugnatura da spada a due mani, già a partire dalla guardia si sarebbe allargata improvvisamente in una dimensione di quasi due piedi, per poi, da quel punto, allungarsi addirittura per oltre dodici piedi di lunghezza prima della propria punta, dando così corpo, offrendo in tal maniera sostanza, a qualcosa di totalmente assurdo, difficile da considerare effettivamente qual un’arma nel ritrovarsi a essere ipoteticamente priva di qualunque possibilità di essere maneggiata, o anche soltanto sollevata, ma che, ciò non di meno, dalla sua ideatrice, dalla sua creatrice, da colei che l’aveva lì immaginata e resa realtà, in grazia alle possibilità proprie di quel particolare e folle piano di realtà, non mancò di essere mantenuta senza apparente sforzo, senza alcuna reale difficoltà, nel mentre di quel volo in direzione del proprio, colossale antagonista.
« Ma… che… diamine… » sussurrò, balbettò quasi, Be’Wahr, con gli occhi fuori dalle orbite, semplicemente sconvolto non soltanto dall’improvviso volo della sua vecchia amica, quanto e ancor più da quella mostruosa arma, quella spada disumana, in aperta avversione a ogni raziocinio, e pur, lì, in quel momento, in quel frangente, esistente, ed esistente innanzi al suo stesso sguardo… allo sguardo di tutti coloro lì presenti.
« Ritorna polvere, dannato golem! » ruggì la donna dagli occhi color ghiaccio e dai capelli color del fuoco, preparandosi a dar sfogo, in tal maniera, a tutta la propria combattività, a tutta la propria furia in contrasto a quella creatura stregata, a quell’essere che, certamente, nulla di più avrebbe avuto a dover essere considerato rispetto a una gargolla e che, come tale, avrebbe potuto sconfiggere soltanto distruggendola, e distruggendola con impeto sufficiente a non permetterle di potersi più animare in loro contrasto.
E se, senza apparente sforzo, senza alcuna reale difficoltà, non soltanto ella mantenne quella grottesca e gigantesca spada fra le proprie mani, ma, ancor più, con paradossale eleganza, quasi con naturalezza, l’Ucciditrice di Dei non mancò persino di rotearla nel mentre dell’ultimo tratto di volo, sino a sollevarla al di sopra della propria di sé, per poter, in tal maniera, da quella posizione, menare uno straordinario e distruttivo fendente in contrasto alla testa del mostro di sabbia, lasciando precipitare su di lui quella spada e aggiungendo al peso sicuramente considerevole della stessa, una forza, un impeto sufficiente non soltanto ad aprirgli, letteralmente, in due il cranio, o qualunque cosa lì esso avrebbe potuto vantare di possedere, ma, addirittura, da tagliare il suo intero corpo lungo la propria verticale, lungo quell’asse longitudinale, dall’alto verso il basso, arrivando, addirittura, a precipitare la punta di quella lama contro alcune pietre della piramide nera precedentemente lì attorno smosse, frantumandole quasi fossero fatte di semplice burro, fossero prive di qualsiasi resistenza, di qualunque solida densità, e sollevando, lì attorno, una piccola nube di terra e sabbia nera, in conseguenza a quello stesso impatto e alla sua devastante energia.
« … ecco fatto… » sussurrò ella, leggermente ansimante a seguito di quanto compiuto, ritrovandosi ancora per aria, nel restare lì in sospensione, lì in volo in grazia alle proprie grandi ali, e, in tutto ciò, osservando le due metà del mostro da lei aggredito, e da lei in tal maniera sconfitto, con un solo, meraviglioso fendente, un unico colpo qual mai aveva avuto occasione di menare nella propria intera esistenza e qual mai, obiettivamente, avrebbe potuto sperare di avere possibilità di ripetere, nelle condizioni che, a margine di tutta la sua bravura, di tutta la sua foga, avevano comunque contraddistinto quel gesto, e quel gesto così estraneo a ogni possibile senso di realtà tale per cui persino in una canzone, in una leggenda, in un mito, sarebbe risultato probabilmente troppo assurdo per essere giudicato accettabile.
« Woah… » commentò Lys’sh, ancora frastornata per l’assordante rumore dei colpi di mitragliatrice da lei subiti in termini ancor più dolorosamente lesivi rispetto a chiunque altro e, ciò non di meno, testimone, come tutti coloro allor presenti, di quanto accaduto, e della straordinaria vittoria della propria amica, della propria sorellona, in omaggio alla quale, pertanto, non poté trattenersi dal battere le mani e dal gridare verso di lei, con entusiastica foga « Brava! Bravissima! »
Un’approvazione, quella dell’ofidiana, che non restò isolata e che, anzi, vide anche Maddie e Rín immediatamente aggregarsi e, su imitazione di quel gesto, e di quel gesto che pur non avrebbero potuto vantare di conoscere nel proprio significato, per quanto, in quel contesto, sufficientemente intuibile, uno alla volta anche Be’Wahr, Seem e Be’Sihl, insieme a nuove grida di congratulazioni per aver, ancora una volta, trasformato in realtà qualcosa di altresì ipoteticamente irrealizzabile, da tutti loro semplicemente inimmaginabile.
E se, con un sorriso, la donna guerriero non poté che accogliere necessariamente soddisfatta quel giubilo da parte dei propri compagni, dei propri amici, di quella propria eterogenea famiglia, quanto, voltandosi verso di loro, non poté mancare di insospettirla, e, in conseguenza a ciò, di preoccuparla, fu la serietà con la quale, altresì, Desmair si stava impegnando a seguire quel momento, e a osservare con attenzione, i detriti ricaduti a terra attorno a lei a seguito di quel colpo, di quell’unico attacco con il quale aveva posto fine all’avanzata di quella gigantesca creatura di sabbia. Purtroppo, anche laddove ella avrebbe sicuramente gradito poter banalizzare quella mancanza di entusiasmo, di partecipazione ai festeggiamenti, da parte del proprio sposo qual l’ennesima, irritante dimostrazione dell’avversione del medesimo a lei e a ogni suo operato, posizione dopotutto quietamente e ben volentieri reciprocamente condivisa da parte sua a di lui discapito; in quell’attenzione, in quella serietà, ella non avrebbe potuto ovviare a cogliere un segnale di pericolo e di pericolo imminente, per se stessa e per tutti loro.
« Che succede, Desmair?! » gridò verso il semidio, priva di ironia, priva di qualsivoglia possibile sarcasmo, e animata, in tal senso, soltanto dalla volontà di capire il senso di quel turbamento, qualunque esso avrebbe avuto a doversi lì intendere.
« A volte mi domando se tu sia veramente stupida… o se tu stia soltanto cercando di mantenere valido ogni pregiudizio volto a sostenere l’esistenza di un rapporto inversamente proporzionale fra l’abbondanza della circonferenza toracica di una donna e il suo stesso quoziente intellettivo. » replicò egli meno amichevolmente, non negandosi la possibilità di aggredirla verbalmente in maniera del tutto gratuita, e, ciò non di meno, subito dopo concedendole comunque la risposta da lei attesa, con la spiegazione del perché dei propri dubbi, della propria perplessità « Quello è un mostro di sabbia animato dalla magia… »
« … è quindi?! » replicò ella, lasciando l’impugnatura dell’enorme spada soltanto per potersi dirigere, in volo, in direzione del resto del gruppo e, lì, avere occasione di più comodo confronto con il proprio sposo e con le sue enigmatiche affermazioni « Le gargolle sono addirittura di pietra… eppure, una volta fatte a pezzi, non possono più nuocere ad alcuno. » argomentò, soprassedendo sugli insulti a lei così rivolti, nel preferire, piuttosto, concentrarsi sulla questione lì in discussione.
« La sabbia è già pietra fatta a pezzi! » insistette Desmair, non senza dimostrare una certa esasperazione nel confronto con la difficoltà, da parte della medesima, di comprendere quanto lì stava cercando di comunicarle, e di comunicarle al di là di ogni possibile avversione preesistente fra loro, in un avviso che, obiettivamente, non avrebbe potuto considerare così difficile da interpretare nel proprio significato e nel pericolo a esso, in tal maniera, correlato.
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