Due furono, allora, i dettagli su cui M’Eu e Be’Wahr poterono avere occasione di concentrarsi, cogliendoli in maniera inedita benché, sino a quel momento, e per tanto tempo, fossero stati palesemente innanzi al loro sguardo: il fatto che Siggia fosse sostanzialmente nuda, coperta all’altezza dei seni e dei fianchi soltanto da due striminzite fasce di stoffa; e il fatto che la pelle di Siggia, effettivamente, fosse di un rosso straordinariamente acceso, in nulla e per nulla dissimile da quello di tutte le sue sorellastre. Un particolare, quest’ultimo, che, per così come da lei giustamente appena sottolineato, avrebbe dovuto riconoscersi evidenza concreta di quanto, nel corso di quell’ultimo lustro, ella avesse patito fame e sete in maniera per loro, e per chiunque altro, inimmaginabile, costretta a rifiutarsi di bere o di mangiare qualunque cosa potesse esserle offerta al fine di mantenere intatta la sua natura, di non avere a corrompersi, e corrompersi a livello fisico, al pari dei bianchi.
Quale straordinaria forza di volontà poteva aver permesso a quella figura di morire, e di morire probabilmente in maniera ciclica e straziante, per la sete e per la fame, per così tanto tempo?! Dopotutto, e come già ampliamente appurato, ella non era in grado di ignorare il dolore e la sofferenza al pari del proprio genitore e, anzi, benché poi destinata a ritrovare la propria integrità fisica, ogni patimento, ogni pena sarebbe da lei stata avvertita così come da parte di qualunque essere mortale. Un patimento, una pena, quella propria del costretto rifiuto di cibo e acqua, che pur ella aveva affrontato con straordinario controllo di sé, e aveva affrontato non per qualche giorno, non per qualche settimana o mese, ma per, addirittura, cinque anni.
Ammirazione, così, entrambi non poterono ovviare a provare per quella figura, e per quella figura che era stata capace di sopportare stoicamente quanto loro due avevano patito sol per pochissimi giorni, per qualche dozzina di ore, e che pur, già, era stato decisamente lesivo, tanto per il corpo, quanto e ancor più per la mente. E imbarazzo, oltre che ammirazione, entrambi non poterono negarsi nel rendersi conto di quanto, nella follia di quella situazione, e di quella situazione ben oltre a ogni loro iniziale possibilità di aspettativa, la nudità di lei non fosse stata minimamente colta: una nudità, oltretutto, atta a offrire alla loro attenzione un corpo indubbiamente degno di nota che, al di là del rosso intenso della sua pelle, e di quella pelle che, in ciò, non avrebbe potuto ovviare di apparire simile a cuoio, non avrebbe avuto in alcuna misura a doversi fraintendere sgradevole... al contrario.
« Ti prego... se mai dovremo raccontare questa storia a Maddie... » sussurrò allora Be’Wahr verso M’Eu, distogliendo immediatamente lo sguardo dalla loro compagna di viaggio.
« ... stai tranquillo: eviteremo di soffermarci su questo particolare. A meno che tu non abbia esigenza di farla ingelosire... » lo anticipò il figlio di Ebano, sorridendo divertito e, comunque, non avendo dal canto proprio neppure in quel frangente ragione di distogliere lo sguardo, non avendo a dover temere l’ira di alcuna compagna al momento del loro ritorno a casa e, anzi, desiderando approfittare dell’occasione per godere di quanto stolidamente sino a quel momento sostanzialmente ignorato.
« No. A meno che non abbia esigenza di farmi uccidere da lei... » sospirò il biondo mercenario, storcendo le labbra verso il basso all’idea di quanto la sua amata avrebbe potuto essere capace di dimostrarsi violenta all’occorrenza.
Pochi sussurri, quelli così intercorsi fra loro, che non ebbero allora a interrompere l’arringa di Siggia, la quale, nel contempo di ciò, ebbe a continuare per la propria strada, e la strada così già tracciata...
« Fatto numero due: loro sono qui presenti al vostro cospetto oggi. Due umani! Be’Wahr e M’Eu. » ebbe quindi a indicarli direttamente, invitando l’attenzione di tutti a rivolgersi verso di loro « Quanti umani abbiamo avuto occasione di vedere nel corso di questi secoli, di questi millenni, che non avessero a essere nostre madri, o madri dei bianchi...?! Nessuno. Eppure essi sono qui, ora, innanzi a voi. In carne e ossa. » sottolineò, insistendo sull’evidenza propria della loro presenza « Ma se non vi sono mai stati umani da queste parti che non fossero le nostre madri o le madri dei bianchi, e là dove, comunque, nessuno fra gli umani che sono mai stati in questo mondo ha mai avuto origine in questo mondo... quale origine voler attribuire a Be’Wahr e M’Eu se non il luogo d’origine di qualunque umano: l’altro mondo?! »
« Eppure il quadro è andato distrutto... lo abbiamo visto tutti. » suggerì Raska, provando a riprendere voce in quel discorso, per sottolineare l’ovvio, e quell’ovvio a confronto con il quale, pur, ogni argomentazione della propria sorellastra avrebbe avuto a infrangersi « Non possono provenire dall’altro mondo per il semplice fatto che l’altro mondo è ormai per noi irraggiungibile. »
« Sorella... » sorrise Siggia, verso la figlia della trecentoventiquattresima, con aria ora serena, forte nella quieta consapevolezza dell’inattaccabilità delle proprie posizioni « Quello che dici sarebbe logico se soltanto non fosse palese l’assenza di umani da questo mondo. E l’assenza di qualunque umano sin dai tempi dell’Ultima Moglie. » argomentò, scuotendo appena il capo « Partendo quindi dal presupposto che essi abbiamo effettivamente a giungere dall’altro mondo, quale logica conclusione può essere raggiunta...?! »
« ... che esistono altri passaggi?! » propose l’altra, incredula a tal riguardo e, ciò non di meno, or convinta a voler offrire il beneficio del dubbio al ragionamento che ella stava così conducendo.
« ... che esistono altri passaggi. » annuì la prima, con un aperto sorriso di soddisfazione innanzi a quel risultato « Be’Wahr e M’Eu, già compagni d’arme di Midda Bontor, sono giunti sino a noi attraverso un altro quadro... e una quadro che potrà permettere a tutti noi di lasciare per sempre questa terra desolata! »
Neppure la presenza di Ghora, figlia della nona moglie, poté allora arginare l’esplosione di commenti ipoteticamente sommessi, ma, per lo più, ben udibili, che succedettero a quell’affermazione, e a quell’affermazione che non avrebbe potuto passare inosservata neppure impegnandosi in tal senso, per così come pur, allora, non si era minimamente dedicata a fare.
L’altro mondo. Il mondo originale. La realtà al di fuori di quella prigione, e di quella prigione creata per contenere il loro genitore e tradottasi, mestamente, nella loro.
Possibile che avesse a esistere una via di fuga che era rimasta loro sconosciuta per tanti anni? Per tanti secoli? Per tanti millenni? Possibile che Siggia stesse dicendo il vero e che per tutti loro quello potesse essere il momento di un nuovo inizio...?!
Anche Ghora, evidentemente, si ritrovò costretta a riflettere su quelle parole prima di prendere nuovamente voce nella questione, prima di invitare le presenti al silenzio, fosse anche e soltanto per poter essere udita.
« Le tue argomentazioni sono razionali e convincenti, Siggia. » riconobbe alfine Ghora, annuendo verso di lei « Ciò non di meno, anche i sospetti delle tue sorelle non hanno a doversi fraintendere del tutto privi di una loro ragionevolezza, benché meno strutturati rispetto alla tua versione. » continuò, nel non escludere immediatamente l’eventualità che, comunque, nulla di tutto quello avesse a doversi intendere qual vero « A questo punto, credo che la migliore possibilità che ti può essere concessa per dimostrare la solidità della tua posizione sia quella di condurci a questo altro quadro, a questo altro collegamento verso l’altro mondo. E dal momento che i tuoi... accompagnatori... giungono da lì, non avrà a essere difficile, per loro, riuscire a ritrovare la via utile per tornare a casa. »
“E ti pareva se sarebbe potuta risolversi semplicemente...” sospirò in cuor suo M’Eu, levando gli occhi al cielo a cercare, ancora una volta, un minimo di collaborazione dall’alto, l’aiuto di una qualche divinità a permettere loro di trovare le parole più corrette per avere a illustrare a quelle desmairiane la questione... e una questione, purtroppo, tutt’altro che banale nella propria formulazione.
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