« Ohi! Non sarò più una ragazzina, ma sono ancora in grado di reggermi in piedi da sola, gente. » replicò la donna guerriero, aggrottando la fronte e inarcando un sopracciglio in risposta alle parole della sorella « E, comunque, sono qui di mia spontanea iniziativa. » sottolineo, stiracchiandosi per un attimo sul giaciglio, come un pigro gatto appena ridestatosi, prima di balzare in piedi con un sol, agile gesto, a dimostrare quanto pocanzi asserito sulla sua indiscussa indipendenza fisica « Spero bene che non abbiate ucciso nessuno, venendomi a salvare... »
La reazione della Figlia di Marr’Mahew colse decisamente in contropiede tanto Howe quanto Lys’sh. E, dopotutto, non sarebbe potuto essere altrimenti, nel considerare tutto l’impegno che loro, e non soltanto loro, stavano allor ponendo nella volontà ritrovarla e di aiutarla a fuggire alle grinfie della Progenie della Fenice.
« Che cosa significa che tu sei qui di tua spontanea iniziativa...? » protestò lo shar’tiagho, strabuzzando gli occhi con impeto tale da vederli quasi uscire dalle proprie orbite « Ti stiamo cercando in lungo e in largo, rischiando la pelle in luoghi dimenticati dagli dei, e tu sei qui di tua spontanea iniziativa...?! »
« E’ un discorso un po’ complicato. » minimizzò la donna, piegando la testa a destra e a sinistra, a distendere i muscoli del collo, prima di iniziare a muoversi in direzione della soglia sulla quale erano i due amici, e al di là della quale, ormai, il rumoreggiare proprio dei membri della Progenie si faceva sempre più forte « Avete ucciso qualcuno venendo a salvarmi...?! » domandò di nuovo, insistendo sull’argomento, in un quesito che, allora, non doveva essere stato posto in maniera fine a se stessa.
« Abbiamo riversato un branco di zombie ai piani superiori... cosa poi possa essere accaduto non lo sappiamo. » rispose quindi la giovane ofidiana, neppur avendo a citare la morte di Loho, là dove, per l’appunto, tale evento non avrebbe avuto a doversi fraintendere nulla di permanente « Ma sono gli stessi che volevano radere al suolo Kriarya... sterminando chiunque al suo interno. Non esattamente qualcuno verso cui avere particolare riguardo. »
« La necessità procura strani compagni di letto, sorellina. » sospirò Midda, superando i due compagni per frapporsi fra loro e coloro i quali stavano allor giungendo lungo il medesimo percorso da loro appena affrontato « Ora lasciatemi parlare con loro... e poi vedrò di spiegarvi meglio la situazione. »
Fosse stato chiunque altro a chiedere loro ciò, probabilmente né Howe, né Lys’sh avrebbero accettato di starsene buoni, preferendo, anzi, ritenere compromesso il proprio interlocutore e, in tal senso, considerandolo a propria volta al pari di un nemico, e un nemico da combattere non diversamente da chiunque stesse sopraggiungendo alle loro spalle, per porli in trappola.
Ma a esprimersi in tal senso, allora, era stata Midda Bontor, la loro amica, la loro sorella, quella figura da entrambi amata e rispettata, e verso la quale entrambi non avrebbero potuto mancare di provare una fiducia smisurata, in termini tali da essere pronti a seguirla anche nell’oltretomba ove ciò fosse stato necessario. E non qual frase retorica, nel ben considerare quanto soltanto poco tempo prima, in effetti, la stessa donna guerriero si era ritrovata a compiere un rapido viaggio nell’oltretomba o, per la precisione, in una zona di confine a metà fra il mondo dei vivi e quello dei morti, a recuperare, ivi, i propri figli e i loro amici, nonché lord Brote. E laddove Midda Bontor stava loro domandando un atto di fede, essi non avrebbero potuto in alcun modo negarlo... benché ogni barlume di razionalità stesse gridando loro di prepararsi a combattere, e a combattere fino allo stremo delle forze, per guadagnarsi l’uscita da quel sotterraneo attraverso il sangue dei propri nemici.
Così, con buona pace di ogni spirito di autoconservazione, Howe e Lys’sh si limitarono a restare fermi dietro alla propria amica, per così come da lei richiesto...
... e, così facendo, in un attimo ebbero a ritrovarsi assediati da una mezza dozzina di uomini e donne della Progenie della Fenice, i quali, con le armi in pugno, ebbero a invadere rapidamente l’anticamera unica loro possibile occasione di fuga da quella stanza.
« Intrusi! » esclamò con vigore uno dei nuovi arrivati, non dimostrando alcun entusiasmo a confronto con ciò e, anzi, digrignando i denti con fare aggressivo innanzi a loro.
« Intrusi! » ripeterono più voci, quasi a far eco alla prima.
« Calma... calma... » scosse il capo la Figlia di Marr’Mahew, levando le mani con i palmi verso di loro, a dimostrare quanto non avesse a dover essere frainteso alcun desiderio di confronto da parte sua « Non sono intrusi. Sono soltanto una coppia di amici a cui mancavo e che hanno squisitamente deciso di venirmi a trovare. » argomentò ella, con un quieto sorriso « Dopotutto era da tempo che vi stavo chiedendo in tutti i modi di sbrigarvi, proprio per evitare simile incomodo... »
« Erede... fatti da parte. » replicò il primo ad aver parlato, ancora ben lontano dall’avere a riconoscersi acquietato da quella spiegazione « Quelli sono intrusi e saranno trattati in quanto tali... » dichiarò, avanzando con decisione verso di loro, pronto a superare Midda Bontor quasi neppure avesse a essere lì considerata presente.
Ma una figura come quella della Figlia di Marr’Mahew, dell’Ucciditrice di Dei, non avrebbe avuto a dover essere fraintesa qual abituata a essere posta da parte con tanta sufficienza, ragione per la quale, stringendo le labbra e piegandone le estremità verso il basso in una smorfia di disappunto, ella ebbe ad arrestare il tentativo di incedere dell’uomo, piantandogli il palmo della propria destra, e della propria destra in lucido metallo cromato, contro il muscoloso petto, solo per poi esercitare, in tal direzione, una minima pressione, e una pressione pur sufficiente a catapultarlo all’indietro, attraverso la stanza, fino alla parete alle sue spalle, per andare lì a schiantarsi in maniera decisamente rumorosa.
« Vi ho domandato la cortesia di stare tutti calmi. Così che anche io abbia a poter restare tranquilla... » scandì allora la donna guerriero, con tono decisamente più duro verso di loro, a il tono di chi non avrebbe allor tollerato alcuna risposta negativa alla propria richiesta « Questi due sono miei amici. Sono membri della mia famiglia. E se davvero desiderate fare loro del male, sarà bene per voi avere a richiamare i vostri titani, con la speranza che siano sufficienti a contenere la mia ira. »
Fosse stato chiunque altro ad ascoltare quelle parole, probabilmente l’imperativo allor scandito dalla Figlia di Marr’Mahew non avrebbe potuto che risultare eccessivamente sprezzante, impropriamente altisonante, animato più dalla boria, dall’arroganza, che da una qualche, effettiva, ragione di minaccia.
Ma la donna dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli color del fuoco, in quel momento, stava avendo a rivolgersi a uomini e donne della Progenie della Fenice, fanatici religiosi votati sin dal giorno della propria nascita a compiere tutto il possibile, e l’impossibile, per opporsi al potere della Portatrice di Luce e dell’Oscura Mietitrice, in termini tali da, quantomeno, ben comprendere l’effettiva portata di tale potere e quanto, di conseguenza, decisamente errato sarebbe stato avere a banalizzare quelle parole, e la minaccia presente in esse. Ragione per la quale, non senza rinunciare a molto del proprio orgoglio, quegli uomini e quelle donne dovettero imporsi di frenare il proprio spirito belligerante, per avere ad affrontare la questione in maniera più costruttiva...
... e costruttiva nella misura utile, quindi, a rinfoderare le proprie armi, come segno concreto di buona volontà da parte loro.
« Ecco. » commentò Midda, tornando a sorridere con una certa soddisfazione « Vedete? In fondo basta poco per rendermi felice... »
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