Una relazione, la loro, che aveva avuto inizio in maniera assolutamente inattesa, del tutto non ricercata, e che, per tal ragione, aveva cercato di non attirare particolare attenzione fra i loro amici, nella loro famiglia, onde evitare, in particolare, ogni possibile maliziosa interferenza da parte delle due migliori amiche di Lys’sh, entrambe per lei al pari di sorelle e di sorelle maggiori: la già citata Midda Bontor e Duva Nebiria, terzo e ultimo elemento del loro abitualmente inseparabile trio. Un’insicurezza, quella che aveva animato simile decisione, soprattutto presente in Howe, e che la giovane ofidiana, dal canto proprio, non aveva potuto ovviare a riconoscere qual caratterizzata da una tenera dolcezza, e quella tenera dolcezza di chi, in fondo, del tutto incapace a riconoscersi degno di tutto quello: perché al di là dei suoi modi abitualmente graffianti e pungenti, dei suoi toni sarcastici e cinici, per lo più riservati a discapito del suo fratello di vita Be’Wahr, Howe avrebbe avuto a dover essere inteso tutt’altro che confidente di sé e delle proprie possibilità e tutto ciò, in effetti, altro non avrebbe avuto a dover essere inteso se non un modo per mistificare abilmente tanta insicurezza e, persino, una certa timidezza di fondo. Caratteristiche caratteriali, le sue, che pur ben celate dietro a modi spavaldi, non avrebbero potuto sfuggire agli acuti e sovrumani sensi della stessa Lys’sh, la quale, in effetti, sin dal loro primo incontro aveva colto una profonda incoerenza fra colui che egli si sforzava di apparire e colui che invece egli era, in una verità espressa dai suoi ormoni e dal battito del suo cuore, in odori e suoni che ella non avrebbe potuto assolutamente fraintendere.
Non essendo, quello, un segreto suo, tuttavia, ella aveva quietamente accettato di concedergli tutto il necessario rispetto, tenendo per se determinate questioni e ovviando, in particolare, a condividere persino con le proprie amiche sororali quanto inaspettatamente accaduto una sera di qualche tempo prima, poco dopo al ritorno di Midda a casa e all’arrivo, accanto a lei, suo e di Duva, in quello stesso mondo: una romantica offerta di attenzioni a lei rivolta da parte proprio di Howe... e di un Howe che, pur pubblicamente scettico nei suoi confronti, non aveva mancato di mostrarsi privatamente infatuato da lei, e dalla sua esotica natura che, allorché intimorirlo, aveva finito per attrarlo. E se pur l’attrazione fisica era stata alla base di tutto, presto a conquistare completamente l’animo, la mente e il cuore dell’uomo di sangue shar’tiagho, era stato il cuore, la mente e l’animo di lei, da lui riconosciuti qual quanto di più bello, di più puro e di più sincero gli fosse mai stato concesso di incontrare in tutta la propria rozza esistenza.
« L’idea che ci siamo fatti all’epoca è che entrambe le città siano derivate da un modello comune, da una città più antica della quale, forse, questa avrebbe avuto a dover essere intesa la necropoli. » condivise Howe, tutt’altro che con l’entusiasmo che pur ci si sarebbe dovuti attendere in un frangente come quello.
Benché, infatti, l’idea di quell’avventura in solitaria con Lys’sh non avrebbe potuto che apparire decisamente appagante per lui, concedendo loro la possibilità di vivere per qualche giorno, per qualche settimana, il loro rapporto in maniera aperta, senza necessità di sotterfugi o cautele di sorta, in termini che, per inciso, non avrebbero potuto mancare di essere indubbiamente apprezzati anche dalla stessa giovane ofidiana; egli conservava ancora ricordi troppo spiacevoli associati a quel luogo per potersi considerare felice di aversi a sospingere lì, e di avere a sospingersi nuovamente lì neppur solo, ma addirittura accompagnato e, peggio, accompagnato dalla donna che aveva scoperto di amare.
L’idea che qualcosa di male avrebbe potuto avere a occorrerle, e a occorrerle nel corso di quella missione, infatti, non avrebbe potuto ovviare a offrirgli il tormento. E, dopotutto, non avrebbe neppure potuto essere fraintesa qual frutto di semplice paranoia, nel doversi riconoscere conseguenza negativa delle proprie esperienze passate in quello stesso luogo e in quel luogo dal quale non soltanto aveva avuto inizio la negativa vicenda con Anmel Mal Toise, ma, anche e ancor peggio, aveva apparentemente avuto fine la vita di Midda Bontor, nel confronto con l’insormontabile condizione della necessità del proprio stesso sacrificio personale allo scopo di dimostrarsi degna del potere della Portatrice di Luce e dell’Oscura Mietitrice o, per così come lo avevano inteso tutti loro all’epoca, per poter conquistare la sua corona perduta, e quella corona lì custodita per secoli, per millenni, a opera della stessa Progenie della Fenice, e quella corona che, tuttavia, non avrebbe purtroppo dovuto essere intesa qual un semplice gioiello, seppur di incommensurabile valore storico, quanto e piuttosto l’elegante recipiente all’interno del quale per tutto quel tempo aveva riposato il potere della stessa, in attesa dell’arrivo di un’erede.
Ove, quindi, in quel medesimo luogo Howe si era ritrovato ad assistere impotente al sacrificio di Midda Bontor per il successo della loro missione, mai avrebbe avuto piacere di fare ritorno e, soprattutto, di fare ritorno con la donna della quale si era così innamorato.
« Che succede, Howe...?! » domandò ella, percependo chiaramente la sua tensione, per così come sarebbe stata in grado di fare, probabilmente, anche fosse stata umana.
« Non mi piace essere tornato qui. Ed esserci tornato insieme a te. » ammise egli, sincero con lei come si era ripromesso di essere sempre, tanto per rispetto del loro amore, quanto nel confronto con l’evidenza del semplice fatto che sarebbe stato del tutto inutile mentirle « L’ultima volta che sono stato qui, sono ripartito con la convinzione di aver assistito al sacrificio di Midda... e non è stato per nulla bello, te lo assicuro. »
« E pensa che assurdo paradosso: l’ultima volta che sei stato qui, sei ripartito con la convinzione di aver assistito al sacrificio di Midda... e ora che sei tornato qui, sei tornato con la speranza di poterla salvare da un nuovo sacrificio al quale ella si è così votata. » osservò Lys’sh, aggrottando appena la fronte, non desiderando dimostrarsi troppo divertita dall’ironia della sorte e, ciò non di meno, volendo concedere all’amato di non drammatizzare eccessivamente quella situazione « E, comunque, non c’è bisogno che ti preoccupi per me... lo sai, vero?! »
« Lo so. Lo so. » annuì egli, prontamente « Tu sei la terribile Sterminatrice di Mostri, dopotutto... una delle tre grandi salvatrici di Lysiath! » ricordò, non negandosi un tono quasi ironico nello scandire quelle parole, e quell’appellativo.
Un appellativo, quello, con il quale ella aveva effettivamente iniziato a essere conosciuta nel loro mondo dopo gli eventi dell’assedio di Lysiath, una grande battaglia occorsa fra gli uomini e le donne della stessa capitale kofreyota, guidati da Midda Bontor, e i ritornati al servizio di Nissa Bontor, che da lì, da quella città, avevano ipotizzato di iniziare la propria missione di annichilimento di ogni civiltà, al fine di dare inizio a un nuovo mondo, e a un mondo interamente dominato da loro.
« Da queste parti vi piacciono proprio i nomi altisonanti, eh...?! » sorrise ella, divertita da tutto ciò « Strano che tu e tuo fratello Be’Wahr non ne abbiate uno. » osservò poi, con incedere dubbioso, domandandosi se forse anch’essi avessero qualche epica nomea a lei ancor sconosciuta.
« Evidentemente noi due non siamo mai stati ritenuti degni di entrare nel mito... » minimizzò l’altro, senza particolare rammarico a tal riguardo, in fondo, anzi, ben felice di ciò « ... meglio così, comunque: generalmente si diventa parte della leggenda una volta che si è morti, e che si è morti in maniera tragica e terrificante. Cosa della quale, obiettivamente, farei anche a meno... e che gradirei, invero, non avere neppure a riguardare te. »
« Se ti può essere di qualche rassicurazione, neppure io desidero morire tanto presto. » puntualizzò ella, a scanso di qualunque equivoco a tal riguardo « Quindi... rilassati pure, mio caro: dovrai sopportarmi ancora a lungo. » sorrise verso di lui, con quell’incedere per lei caratteristico, in un sorriso riconoscibilissimo qual tale anche in assenza di labbra.
E proprio su quel sorriso privo di labbra, egli non mancò allora di voler sospingere le proprie, per un rubarle un dolce bacio, un’ultima fugace tenerezza prima di avere a doversi immergere nell’orrore di quel luogo dimenticato dagli dei.
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