11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 20 ottobre 2021

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Howe era perfettamente confidente delle proprie capacità. Ed era sufficiente confidente anche delle capacità della propria compagna d’armi e di letto. La prima e più importante prerogativa di ogni guerriero, dopotutto, sarebbe stata proprio quella: conoscere se stessi e conoscere i propri sodali, nei propri punti di forza e in quelli di debolezza, non tanto al fine di negarsi la possibilità di agire oltre i propri limiti, quanto e piuttosto per avere percezione dei propri limiti e poter razionalmente decidere quando tentare di spingersi oltre, quando superarli, a dispetto di ogni prospettiva in senso contrario.
Tale importante insegnamento non era qualcosa che egli aveva appreso in maniera autonoma, quanto e piuttosto per mezzo dell’esempio e del riscontro concreto di ciò offerto proprio da Midda Bontor, la quale, per prima, non avrebbe avuto a doversi fraintendere né inconsapevole dei propri limiti, né tantomeno timorosa di aversi a spingere oltre gli stessi, pur sempre e comunque mantenendo il controllo della situazione, anche nelle condizioni più avverse. E proprio al cospetto degli straordinari risultati da lei in tal maniera ottenuti, egli sarebbe stato semplicemente uno stupido a non cogliere l’occasione per fare tesoro di ciò. E, fino a prova contraria, egli non era solito avere a considerarsi uno stupido, nel preferire, piuttosto, avere a destinare tale ruolo al proprio fratello d’arme e di vita Be’Wahr.
Nell’essere, quindi, perfettamente confidente delle proprie capacità, e sufficientemente confidente anche delle capacità della propria compagna d’armi e di letto, Howe non avrebbe potuto riservarsi troppi dubbi sulle loro possibilità di vittoria in contrasto a quel gruppetto, ove ci si fosse spinti a un confronto diretto contro di loro. Certo, essi avrebbero sicuramente potuto avere a dimostrare qualche capacità stregonesca non immediatamente evidente, ma nel confronto con l’evidenza del loro abbigliamento e delle armi loro condotte seco, avrebbe avuto a essere considerato più probabile avere a identificare quel gruppo per quanto apparivano essere: bassa manovalanza, carne da macello, all’interno della più amplia e variegata organizzazione della Progenie della Fenice.
Benché, pertanto, quella sfida non avesse a rappresentare per lui un ostacolo insormontabile e, anzi, potesse essere considerata parte della propria più consueta normalità, proponendo quello qual un comunissimo pomeriggio come qualunque altro della propria vita; egli avrebbe quietamente preferito ovviare a ingaggiare quel combattimento nella quieta consapevolezza di quanto, comunque, non potesse avere certezza assoluta di riuscire a contenere l’allarme che sarebbe potuto derivare da tutto ciò, e un allarme che, allora, avrebbe avuto decisamente a nuocere al loro scopo oltre che, all’occorrenza, alla stessa Midda Bontor, nell’idea di avere a salvare la quale si erano sospinti sino a lì.
Abbandonando, in ciò, l’idea di un attacco frontale, necessario sarebbe stato avere a riservarsi una soluzione alternativa, e una soluzione che potesse ad aggirare quell’ostacolo ancor prima che arrischiarsi a un superamento diretto dello stesso. Purtroppo, e proprio malgrado, egli in tal senso non avrebbe potuto essere di alcuna concreta utilità, come già ampliamente dimostrato sino a quel momento, laddove del tutto privo di qualunque coscienza concreta dell’architettura sotterranea di quel luogo e, con essa, di eventuali possibilità alternative a quella pur palese via diretta.

“Possiamo trovare un’altra strada…?!”

Tale fu la domanda che egli tentò di trasmettere verso Lys’sh, e di trasmetterla aprendo la mancina con il palmo rivolto verso l’alto e puntando inizialmente l’indice del destro al centro della stessa, picchiettando lì un paio di volte e poi descrivendo un percorso circolare, fino a sospingersi a puntare al dorso della medesima mano sinistra, questa volta, però, passando lateralmente a essa.
Lys’sh comprese quanto l’amato desiderava domandarle e, in tal senso, ebbe allora a impegnare nuovamente i propri sensi, alla ricerca di un’altra soluzione, di un’altra strada, per così come i suoi sensi potevano essere in grado di trasmetterle. E se un’altra strada alla fine ella ebbe a individuare, non era certa che essa sarebbe piaciuta al proprio sodale.

“C’è un’altra via… ma dovremo lottare contro gli zombie.”

Così si sarebbe voluta comporre, quindi, la risposta che ella desiderava offrire al proprio compagno. Una risposta allor trasmessa da un quieto annuire con espressione poco convinta, prima, e, successivamente, da una supposta imitazione di un non morto, in contrasto alla quale opporre la propria violenza, rappresentata dalla simulazione di un colpo di spada.
A confronto con tutto ciò Howe ebbe ad annuire con chiara convinzione, invitandola quindi a fargli strada verso tale ipotesi alternativa. E Lys’sh, dal canto suo, si limitò a soddisfare quella sua decisione, stringendosi appena fra le spalle nel comprendere quanto, evidentemente, egli avesse a preferire affrontare il pericolo rappresentato dagli zombie ancor prima che correre il rischio di scatenare un qualche grido d’allarme fra le schiere della Progenie della Fenice, e nel giustificare, in fondo, tale preferenza.
Allontanandosi, quindi, di qualche dozzina di piedi dal punto ove quel gruppetto era radunato a presidiare quell’ingresso, la giovane ofidiana ebbe a individuare quello che appariva essere un vero e proprio buco nel terreno, e un buco nel terreno dal quale si era tenuta volontariamente alla larga pocanzi, a ovviare al rischio di avere a caderci dentro.

“Da questa parte…” definì quindi, indicando la voragine buia nel terreno e, in tal maniera, avendo a indicare all’amato la via da seguire.

Howe osservò con aria incerta quel buco nel terreno, e quel buco di cui non sapeva obiettivamente nulla. Ma non potendo certamente avere a frenare il proprio incedere per un simile dettaglio, si osservò rapidamente attorno, cercando un appiglio sufficientemente solido al quale avere a legare una fune, utile a calarsi là sotto.
Un appiglio trovato il quale egli ebbe così a organizzarsi in maniera decisamente repentina, in termini tali da non poter che ispirare sincera ammirazione nella propria compagna, nel vederlo tanto deciso e controllato nei propri gesti, nel proprio incedere, anche a confronto con quella che sarebbe allor stata la sfida loro riservata là sotto. E laddove Howe non si stava concedendo la benché minima esitazione a confronto con tale minaccia, certamente non da meno rispetto a lui si sarebbe mai voluta offrire la stessa Har-Lys’sha, pronta ad affrontare non un solo branco di zombie, ma un’intera legione, ove necessario, pur di avere a salvare la propria amata sorella da qualunque assurdo guaio nel quale si poteva essere andata allor a cacciare.
Il dubbio di non essere stata pienamente compresa dal proprio compagno nella sua definizione della situazione, e in quella definizione allor mimata, ebbe tuttavia a sorgerle nel momento in cui, prima che egli avesse a calarsi là sotto, ella non ebbe ad avvertire la benché minima variazione nel suo battito cardiaco, né, tantomeno, nella produzione di adrenalina all’interno del suo corpo. Una quiete ammirevole, certamente, quella da lui così dimostrata, e pur, ciò non di meno, decisamente sospetta, a confronto con quella sfida che, comunque, non avrebbe avuto a dover essere intesa tanto banale da non suscitare alcuna reazione di sorta.

“… aspetta!” tentò di frenarlo, allungandosi muta verso di lui, colta da tale incertezza, e da tale pericolosa incertezza.

Ma un avviso muto, come il suo, non avrebbe potuto di certo impedirgli di proiettarsi in quel pozzo. E sebbene la di lei mano si fosse sospinta in avanti, a tentare nuovamente di bloccarlo, in questa occasione ella non ebbe a fare in temo, limitandosi ad afferrare vanamente l’aria.

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