Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
giovedì 5 giugno 2008
147
Avventura
005 - Un ricatto letale
Il di lui nome era Ma’Vret Ilom’An. Nel fisico possente, con un’altezza di quasi due metri ed una massa muscolare di oltre duecentotrenta libbre, dimostrava in maniera ancora assolutamente degna quella che era stata la sua principale attività di vita fino a due lustri passati: guerriero e mercenario, disceso dai desertici regni centrali per offrire il proprio braccio e la propria mente al servizio di coloro che avrebbero offerto un sufficiente compenso, si era guadagnato una vasta fama con il soprannome di Ebano, in ovvio riferimento al colore della sua pelle. Temuto dai nemici, bramato dai mecenati e, spesso, anche dalle loro mogli, seppur per ragioni assolutamente diverse, egli aveva goduto di un’esistenza decisamente movimentata e ricca di emozioni, non rifiutandosi di fronte ad alcun pericolo e ad alcun eccesso almeno fino al giorno in cui, nell’adempimento di una missione, non aveva incrociato il proprio cammino con colei che in quella notte, e da una settimana, divideva il letto con lui, avvolgendosi stretta al suo corpo all’interno della stessa pesante pelle di orso.
Il di lei nome era Midda Bontor. Un fisico degno di una dea, in forme generose e femminili, mal celava il suo indomito spirito combattente nelle numerose cicatrici disegnate sulla di lei candida e leggermente lentigginosa carnagione, nel braccio destro in nero e lucente metallo dai rossi riflessi ed in un profondo sfregio che attraversava il di lei volto, segnandone l’occhio sinistro. Più che in tutti quei segni comunque evidenti, proprio nel di lei sguardo, in un azzurro tanto chiaro da tendere al bianco nell’assomigliare al ghiaccio, si leggeva il di lei animo, il destino di donna guerriero, che ogni giorno la spingeva ad imbracciare la propria lama, talvolta per diletto personale, più spesso offrendola come mercenaria a coloro che si erano guadagnati i di lei servigi, unicamente professionali. La sua fama, creata nel di lei sudore e nel sangue dei suoi avversari mortali ed immortali, non la poneva come seconda ormai a nessuno nel continente ed in tempi recenti un nuovo nome, offertole dal destino, portava ulteriore risalto alla di lei forza, richiamando in esso la dea della guerra delle isole dell’arcipelago di Lodes’Mia: Figlia di Marr’Mahew.
All’epoca in cui Ma’Vret si era scontrato per la prima volta con Midda, ella non aveva ancora conquistato la medesima aura di leggenda che, al contrario, la circondava in quei nuovi tempi, rendendola forse qualcosa di troppo anche per lui: in quel passato ormai lontano, ella era ancora giovane, ma evidentemente già votata all’assolvimento di compiti oltre ogni umano destino, che sicuramente l’avrebbero condotta lontano se solo fosse riuscita a sopravvivere alle infinite insidie che, in essi, l’avrebbero attesa. In effetti, pur conoscendola da una vita, egli poco o nulla sapeva in merito alla compagna, relegato alle sole esperienze dirette che aveva vissuto in di lei compagnia: prima avversari, poi compagni di ventura, i due erano divenuti in maniera quasi naturale amanti e, forse, innamorati. Così era stato fino al giorno in cui egli si era dichiarato stanco della vita che stavano conducendo, dei continui rischi a cui votavano le proprie esistenze e che, prima o poi, avrebbero posto termine alle medesime: solo una tale decisione aveva condotto alla fine del loro rapporto, alla divisione dei loro cammini. Nello stesso modo in cui era entrata nella sua vita, più silenziosa di un alito nella notte, ella ne era uscita, lasciandolo fra quelle stesse montagne dove ora si erano ritrovati dopo tanti anni.
Ovviamente, in un arco di tempo tanto lungo, la vita era proseguita per entrambi ed egli, all’interno della comunità nomade di cui presto era divenuto il principale referente, quasi il responsabile pur non esistendo una simile ed ufficiale figura in quell’organizzazione, aveva dato vita ad un nuovo capitolo della propria esistenza, riscoprendo l’amore fra le braccia della donna che presto era divenuta sua moglie e che, dopo pochi anni era purtroppo deceduta nel mettere alla luce il loro secondogenito. L’uomo, un tempo temuto nel nome di Ebano, si era ritrovato così a piangere nel ricordo di una compagna tanto amata e tanto tristemente strappatagli di mano, e ad essere padre di una bambina e di un bambino, i quali non avrebbero avuto altro futuro se non in lui. Come nel passato si era tanto impegnato ad offrire la morte, egli si dedicò con tutto il cuore, la mente, l’animo ed il corpo a concedere la vita all’unica famiglia rimastagli, ai suoi figli, H’Anel e M’Eu come erano stati chiamati nei desideri della madre da loro quasi non conosciuta. E, in effetti, nessuno gli avrebbe mai potuto rimproverare mancanza di passione nel ruolo di padre da lui intrapreso, guidando con premura ed amore incontrastato i propri eredi, il frutto dell’amore della moglie perduta, attraverso i lunghi anni e le molte insidie presenti in quelle montagne, forse l’ultimo dei luoghi in cui si sarebbe potuto pensare di farli crescere. Egli era riuscito in tale compito, con costanza, con serietà aveva cresciuto una bambina, ormai al suo settimo anno di vita, ed un bambino, di due inverni inferiore alla sorella: ancora molto giovani, ma già temprati dalla durezza della vita che li aveva accolti, i figli di Ma’Vret concedevano allo sguardo gli stessi occhi scuri come la notte del padre ed i suoi capelli altrettanto neri e ricci, tipici della sua etnia, ereditando altresì una pelle più chiara, vellutata nei propri toni marroncini, dalla memoria madre.
Entrambi i pargoli, H’Anel già da qualche anno ed il piccolo M’Eu solo da pochi mesi, avevano lasciato la tenda del padre per trovare rifugio e riposo in un’altra, divisa con bambini loro coetanei secondo le usanze della comunità: questa situazione, normalmente pesante per Ma’Vret, che pur mai l’avrebbe ammesso per non apparire debole nella mancanza che provava a separarsi dai figli, era tornata in effetti solo a suo vantaggio una settimana prima quando, quasi dal nulla, la chioma corvina di Midda era rientrata nella sua vita. Sebbene tanti anni fossero passati dal loro ultimo incontro, sebbene il tempo li avesse molto cambiati dentro e fuori, il legame che era stato fra loro non aveva avuto problemi a riemergere, esplodendo in una nuova ed irrefrenabile passione. Non vi erano state domande da parte sua verso la compagna, sebbene la curiosità dei figli aveva cercato, durante il giorno e nei momenti di pasto comune, di estorcere alla nuova giunta informazioni sul di lei passato, sulla di lei vita, nell’innocenza priva di malizia tipica dei bambini: la mercenaria, dal canto proprio, si era offerta con dolcezza meravigliosa ai due fratelli, conquistandone immediatamente la simpatia e la fiducia non diversamente da come aveva conquistato quella del loro genitore in anni ormai dimenticati. L’uomo, ovviamente, non era uno sciocco e non si era concesso alcuna illusione verso di ella: quella visita, casuale o volontaria che essa fosse, sarebbe stata sicuramente destinata a terminare molto prima di quanto egli avrebbe mai desiderato ed un nuovo addio sarebbe dovuto essere rivolto a colei che probabilmente, unica oltre alla moglie, non avrebbe mai lasciato il suo cuore ed i suoi pensieri. Ma egli conosceva bene le regole di quel gioco, conosceva bene la donna che gli si offriva di fronte: ella era come il mare, infinito ed indomabile, capace di concedere vita e morte con la medesima semplicità, di meravigliarti e di terrorizzarti nello stesso istante. Non avrebbe mai potuto trattenerla allo stesso modo in cui sarebbe risultato impossibile fermare le onde degli oceani: poteva solo accettare il dono che ella gli stava concedendo, con la di lei compagnia, con la di lei presenza, con il di lei amore in quel momento della sua vita, non pensando al giorno, alla settimana, al mese dopo, non preoccupandosi di nulla di così lontano ma vivendo con lei un minuto alla volta, come se ognuno di essi sarebbe potuto essere l’ultimo.
Purtroppo per lui, Ma’Vret non aveva idea di quanto quel suo pensiero, quella sua filosofia fosse terribilmente vicino alla realtà.
« Amami. » lo incitò ella, sdraiata sotto di lui, sotto il di lui possente corpo, osservandolo con desidero, quasi graffiandogli il petto con le proprie mani, con le dita di metallo della mano destra e con le unghie della mancina.
« Sì. » sussurrò egli, eretto sopra di lei, ricco di passione e di ardore incontenibile, fremente nella morsa offertagli dalle di lei gambe attorno ai propri fianchi nel seguire i ritmi del loro piacere comune.
Un istante, il tempo di un battito di ciglia, trasformò quello che sarebbe potuto essere il culmine di quel diletto, di quel meraviglioso appagamento reciproco, nell’apice di un orrore ingestibile, che vide il cuore infuocato dell’uomo spegnersi come la fioca luce di una candela nel soffio rappresentato da una violenta freccia, lanciata con forza tale da uscire in parte dal suo petto dopo avergli colpito a tradimento il centro della schiena.
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6 commenti:
Una settimana... poveri amici di Midda, dispersi chissà dove :(
E povero il suo amante... sai però che dalla descrizione mi ricordava il Frankenstein Jr? :lol:
"Ma... se ha un corpo così enorme... braccia enormi... mani enormi... gambe enormi... allora.."
"Si, avrà anche uno svarmstrung di dimensioni considerevoli" :P
Tanto più che infatti c'aveva Midda nella tenda ;)
AHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH
AHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH
AHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH
AHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH
AHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH
AHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH
AHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH
:)) LOL!!!
Comunque per la precisione Midda è lì da una settimana... ma dal naufragio è passato molto più tempo (in fondo gli spostamenti non sono istantanei)! :D
Non a caso l'altra avventura è iniziata a metà autunno ed è finita ad inizio inverno... e questa sta ripartendo da metà inverno! :D
Quindi...
P.S. un giorno studierò delle schede di approfondimento per poter avere modo di spiegare con cura tutte le informazioni che sfuggono nei racconti, prime fra tutte il calendario! :D
Ma che impreparato che sei se non le hai già! Come osi non avercele ancora proposte? Come osi pensare che io sia serio nel rinfarciartelo? :PPPPPPPPPP
Comunqe, mi sa che dovresti andarci anche di mappe e divinità allora se vuoi proprio andarti a cacciare in un simile guai( intendo le schede a tutto tondo...)... Credi ad uno che ha due intere agende riempite di dati sul continente di Palakin... :P
Le mappe, in effetti, esistono già... anche se l'unica effettivamente pubblicata (per pigrizia) è stata quella della palude di Grykoo! :D
In un futuro lontano, quando tutte le nostre blog novel avranno già raggiunto la decina di volumi pubblicati, sarà un impegno concreto quello di scrivere delle Encyclopedia dei Compendium di approfondimento! :))))
Solitamente io prima di scrivere una sola riga perdo mesi di tempo a creare il mondo nel dettaglio.
Una volta lo feci anche a D&D, ma stetti così tanto tempop a creare mappe, città e persone che poi non avevo più voglia di scrivere la storia :P
Ora invece, scrivendo alla "carpe diem", non ho nulla. Tanto è vero che il rischio di contraddirmi è elevatissimo....
Onde evitare di offrire impressioni sbagliate, sottolineo che, come te Coubert, anche io scrivo alla "carpe diem"... fondandomi solo su una serie di canovacci e di punti fermi precedentemente stabiliti.
Ciò nonostante, nel momento in cui do vita a qualcosa, cerco di affrontarla in maniera più completa possibile, per evitare di ritrovarmi con delle incoerenze a posteriori! ^_^
Quando cito una città o un regno, posizionandolo su una mappa (se prima già non c'era), immediatamente aggiorno la mappa in tal senso e creo tutte le informazioni a tal riguardo che mi potranno essere utili. Così come quando mi è servito di citare un calendario in maniera esplicita, ho steso nero su bianco la scansione dei mesi così come già l'avevo immaginata ma mai ancora ufficializzata! ^_^
Un "carpe diem... ma non troppo", insomma! :D
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