11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 5 settembre 2008

240


S
econdo il piano stabilito, mantenendo un comportamento assolutamente consono alla norma, agendo come ogni giorno in quelle due settimane, al proprio risveglio Cila avrebbe salutato il compagno prima di dedicarsi alla propria classica passeggiata nelle vie della città, attraverso i mercati, per potersi concedere qualche piccolo sfizio, qualche gioiello minore o altre simili amenità: normalmente quegli acquisti, ovviamente a carico del proprio amante, erano ovviamente rivolti all’unico scopo di avere sempre nuovi ornamenti da offrire alla sera successiva per il piacere del medesimo, oltre ovviamente che per il proprio. A differenza di ogni altro giorno in quelle ultime due settimane, però, in tale occasione la personalità di Cila avrebbe lasciato finalmente il posto a Carsa, svanendo come sempre aveva fatto nelle vicende passate, ed ella, tranquillamente, si sarebbe potuta allontanare senza sospetti da parte di lord Visga. Prima ancora che ad egli potesse essere offerto qualsiasi indizio sui fatti occorsi nella notte appena trascorsa, pertanto, i quattro cavalieri avrebbero potuto così essere già lontani dalla città diretti al loro prossimo obiettivo, svanendo come fossero stati solo parte di un sogno o, forse, di un incubo, privando chiunque della possibilità di inseguirli oppure di rintracciarli.
Come ormai sua abitudine, la donna riaprì così gli occhi, tradendo il proprio personale appuntamento quotidiano con l’alba laddove quel giorno al sorgere del sole ancora non aveva avuto modo di trovare riposo in conseguenza degli eventi della sera precedente: guardandosi pigramente attorno, ella propose una lenta e prolungata distensione di tutti i propri muscoli, delle proprie membra, muovendosi in modo sornione e sensuale, sorridendo come un felice felino e tendendosi in eguale maniera sul morbido materasso del letto del compagno, nel far risaltare laddove possibile in maniera ancor più ricca le proprie forme già piene e sublimi. Silenziosa fu ella in tal rituale, mentre ancora il suo lord si propose immerso in un profondo riposo al di lei fianco, spossato per le evoluzioni di quel mattino, per il pegno d’amore, o più banalmente di lussuria, a lei offerto e da lei preteso dopo la conclusione dei giochi nell’Arena, quasi fosse stata una sorta di festeggiamento in conseguenza dell’entusiasmo per l’imposta vittoria di Midda Bontor su tutti coloro che avevano osato ambire a sfidarla.

« Guarda un po’ come dormi proprio bene… » sorrise ella, quasi divertita nell’osservarlo così simile ad un bambino nell’espressione innocente sul di lui viso, nella serenità espressa da quel momento di quiete.

Chinandosi su egli, la donna gli accarezzò la base del collo con le proprie labbra prima di lasciare il letto: camminando nuda sul freddo pavimento marmoreo, ella si diresse leggera e silenziosa verso la non lontana sala da bagno, un ambiente ampio e suntuoso come ogni altro spazio all’interno di quella residenza, all’interno del quale già le ancelle attendevano il suo arrivo sedute sul bordo di una vasta vasca in pietra, ricolma di acqua appena tiepida e resa schiumosa dall’eccesso di sapone in essa. Sei erano quelle giovani ragazze gorthesi che, quotidianamente, aspettavano ogni mattina il proprio signore o la sua attuale concubina per lo svolgimento dei quotidiani compiti di igiene e pulizia personale, nell’ostentazione di un lusso che lord Visga poteva e voleva permettersi e che, probabilmente, altri suoi concittadini non avrebbero compreso o apprezzato. Senza dimostrare nell’offerta priva di veli del proprio corpo alcun pudore, non che gliene fosse mai stato richiesto in quell’ambiente, ella rivolse appena un saluto alle ancelle prima di offrirsi completamente alle loro cure, entrando con movimenti eleganti e delicati all’interno della vasca e lasciando ad esse l’impegno di donare ristoro alla propria pelle, alle proprie forme con delicati movimenti di mani e morbide spugne. E dove Cila sopportava con malcelata accondiscendenza quel trattamento, non rivolgendo ad esso maggiore importanza di quanto una dea non ne avrebbe rivolta alle liturgie a lei offerte da comuni mortali, minimizzandone ogni valore nel considerarla quale situazione ovvia e naturale, atto a lei dovuto; Carsa dentro di sé sorrise compiacente come ogni giorno a simili premure, trovando in esse forse l’unico reale piacere offertole all’interno di quell’abitazione.
Ma proprio nel corso di tale abitudine, un primo indizio di ciò che sarebbe inevitabilmente avvenuto non fu rilevato né da Cila, distratta dai propri pensieri, né da Carsa, concentrata in quel momento di godimento personale: alcuna delle due personalità in quel momento esistenti all’interno di un unico corpo, rivolse infatti uno sguardo ai movimenti di servitori che, con evidente agitazione, si diressero verso le stanze del loro padrone. Forse, se Cila non si fosse così affidata al proprio compagno e se Carsa non si fosse così concessa alle premure delle serve, almeno una delle due avrebbe potuto evitare di lasciarsi lì raggiungere da lord Visga, il cui truce sguardo non sembrò concedere alcun minimo interesse verso il corpo che poche ore prima tanto aveva stretto, tanto aveva cercato, tanto aveva amato.

« Dove è il mio medaglione? » chiese diretto come una freccia.

In piedi di fronte a lei, appena coperto dal lenzuolo stretto attorno ai fianchi, egli si propose con uno stiletto stretto nella mano destra, dimostrando intenzioni tutt’altro che gradevoli nei confronti della concubina. A tale vista, rapide e spaventate, le ancelle si ritirarono non solo dalla vasca ma addirittura dalla stessa stanza da bagno, fuggendo nel desiderio di non assistere alla violenza che davano per scontata sarebbe presto stata consumata in quelle acque.

« Mio signore… » commentò Cila, sbarrando gli occhi con evidente paura e chiaro disagio di fronte ad una reazione così violenta per qualcosa che non conosceva, che non capiva « A cosa ti riferisci? Perché rivolgi verso di me la tua ira? Io non ho mai veduto alcun medaglione ornare il tuo collo, il tuo petto… »
« Stupida cagna! » scattò l’uomo, muovendosi rapido verso di lei per colpirla con il retro della mano sinistra, in uno schiaffo che la fece ricadere violentemente all’indietro, smarrendosi per un istante sotto la superficie dell’acqua contenuta nella vasca « Mi hai preso per uno sciocco? Pensi davvero che a me possa interessare qualcosa di tutte le tue moine da prostituta? »
« Prostituta? Io?! » gridò indignata, riemergendo dalle acque e tirandosi all’indietro, per quanto impossibile, nel dimostrare evidente paura di fronte a quella violenza « Mio amato hai forse perso il senno? Solo poche ore fa cercavi le mie labbra ed ora rifuggi le parole che da esse escono con tanta asprezza? »

Lord Visga colpì nuovamente, con la violenza di un gesto del tutto simile al precedente, il volto della donna, facendola ancora precipitare nell’acqua e causandole, sicuramente, un pesante livido nero all’altezza dello zigomo sinistro, che non avrebbe mancato di mostrarsi ben presto se ella fosse sopravvissuta a simile tragica situazione. Tutto ciò che stava avvenendo, invero, era semplice conseguenza dell’immensa ira, di una cieca furia scatenatasi in egli con la notizia del ritrovamento dei corpi dei suoi quattro cani freddamente trucidati, nonché della scomparsa dell’antica reliquia già recentemente oggetto di troppe attenzioni esterne alla propria. Considerare casuale sia l’arrivo di Cila nella propria vita a così breve distanza dalle richieste ambiziose di lady Lavero su tale medaglione, sia la scomparsa del medesimo in quella notte richiedeva da lui eccessiva sospensione di credulità che non sentiva di poterle concedere. Al contempo, però, anche considerare collegata la presenza di Cila a simili fatti non riusciva a convincerlo completamente, non poteva trovarlo assolutamente d’accordo: quale ragione avrebbe, infatti, spinto la donna a permanere ancora al suo fianco dopo quanto accaduto? Se davvero ella celava una natura diversa dietro a ciò che a lui dimostrava, per quale ragione sembrava rifiutarsi di offrire ogni reazione alla sua violenza? Una donna come Midda Bontor già gli avrebbe probabilmente strappato lo stiletto di mano solo per conficcarglielo nel petto: quale genere, pertanto, di donna poteva essere realmente Cila nel non porre in essere alcun tentativo di rivolta?

« Chi sei tu? » ringhiò egli, strappando la compagna dall’abbraccio delle acque nell’immergere la mancina nella vasca e nel tirarla in superficie stringendola per i capelli, con totale assenza di delicatezza.
« Sono la donna più stupida dell’intero creato… » rispose lei, in lacrime, nell’osservarlo tremante ed isterica « … mi ero illusa di poter trovare un po’ di umano calore in te, un po’ di affetto nel tuo abbraccio… ma tu non sei diverso da tutti gli altri… non sei diverso da ogni altro uomo di questo sporco mondo! »

2 commenti:

Tanabrus ha detto...

Toh, è rimasta predominante la personalità Cila!

In effetti vista la situazione per ora è meglio continuare con la recita, la spaventata Cila potrebbe convincerlo della sua innocenza.

Sean MacMalcom ha detto...

In effetti! :D