Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
venerdì 23 dicembre 2011
1434
Avventura
030 - Il nemico del mio nemico
A seguito dell'ennesima, intima riunione con Desmair, il proprio più acerrimo nemico o, forse, il proprio più importate alleato, Be'Sihl ebbe sincera difficoltà a dissimulare le proprie emozioni, le proprie ansie, i propri timori, sforzandosi in tal senso di non precipitarsi in maniera confusa e disordinata alla ricerca di Noal e di Berah, per comunicare loro quanto appena scoperto.
Nel voler, infatti, proseguire con il sotterfugio già utilizzato, allo scopo di non rivelare apertamente la propria discutibile collaborazione con un semidio dalla pelle simile a cuoio rosso e dalle enormi corna bianche sul capo, il locandiere avrebbe dovuto necessariamente rielaborare le informazioni in suo possesso allo scopo di renderle più compatibili possibili con l'idea di una rivelazione onirica, di un sogno che non avrebbe dovuto essere confuso con un qualunque altro sogno derivante da semplice tensione nervosa, quali, pur, avrebbero potuto essere riconosciuti i suoi ormai consueti incubi, quanto, e piuttosto, quella sorta di oracolo che già, sino ad allora, lo aveva guidato all'incontro con tutti loro e alla consapevolezza della giusta rotta da seguire, per quanto, solo qualche tempo prima, mai avrebbe saputo immaginare l'esistenza di termini quali tribordo o babordo, prua o poppa, per indicare quanto egli era solito definire quali destra o manca, davanti o dietro in un comune dialogo. Non che, malgrado il tempo già trascorso a bordo, e malgrado il parziale superamento dei propri disagi fisici, potesse ormai considerarsi al pari di un qualunque figlio del mare, o marinaio.
Già in termini eccessivi, probabilmente, si era concesso di abusare della fiducia di quel gruppo, di quella straordinaria famiglia, e mai, sinceramente, avrebbe voluto imporre a loro discapito una qualunque ipotesi di tradimento, qual pur, oggettivamente, avrebbe potuto essere ritenuta quella propria della sua particolare collaborazione con il demoniaco sposo della sua amata. Solo quando, alfine, ebbe riconquistato sufficiente quiete interiore, utile ad affrontare tale dialogo, ed ebbe, in ciò, riordinato anche le proprie idee in merito a quanto era pocanzi accaduto alla sua amata ad ancor notevole distanza dalla propria, attuale posizione, Be'Sihl si concesse pertanto la possibilità di dirigersi alla ricerca di Noal o di Berah, o, meglio ancora, di entrambi, certo di poterne trovare almeno uno posto sul cassero, lì impegnato a mantenere sotto controllo il timone della goletta.
Nei giorni, ormai settimane, trascorsi a bordo della Jol'Ange, per quanto a essa, e al mondo da lei rappresentato, completamente estraneo, il figlio di Shar'Tiagh aveva avuto occasione di maturare una certa, ammirevole confidenza con l'ambiente a sé circostante. Persino le sue nausee, prima insopportabili e ingestibili, erano divenute ormai mera conseguenza di un'insistente focalizzazione dei propri pensieri in direzione del mare e delle sue onde, ragione per la quale aveva scoperto essere sufficiente mantenersi distratto su altri pensieri, su altre immagini, per riuscire a ovviare a tutto ciò. Meno elementare, tuttavia, era stato per lui apprendere come potersi reggere in piedi, e camminare in linea retta, su una superficie in continuo movimento, qual solo avrebbe dovuto, suo malgrado, essere riconosciuta quella di una nave: per sua fortuna, comunque, la propria stessa origine shar'tiagha gli era venuta in aiuto, in soccorso, avendolo abituato sin dalla più tenera infanzia a un contatto diretto con il suolo sotto i propri piedi e, in ciò, avendolo già formato a quell'abitudine altresì propria di ogni marinaio, nel non indossare calzari alcuni a bordo della propria nave, al duplice fine di riuscire a mantenere migliore presa sulla superficie della medesima e, ancora, di non ritrovarsi impicciato da stivali o semplici ciabatte nel momento in cui fosse stato loro richiesto di arrampicarsi lungo quelle funi di canapa che aveva scoperto chiamarsi sartie, attività che, nel mantenimento di un qualunque veliero, aveva anche compreso essere sempre all'ordine del giorno. In tutto ciò, quindi, per quanto ancor a volte incerto nel proprio avanzare, il locandiere era anche riuscito ad apprendere come muoversi a bordo della goletta, non solo sul ponte della medesima, ma anche nel suo ventre, con le cuccette lì riservate all'equipaggio in una ben definita turnazione, e l'ampia stiva di carico, all'interno della quale erano ordinatamente riposte non solo le riserve proprie della nave, indispensabili a garantire la sopravvivenza dell'equipaggio per mare, innanzitutto acqua dolce e poi, necessariamente, cibo, ma anche eventuali merci da loro trasportate per ovvie ragioni commerciali, altresì utili a permettere loro il proseguimento di quella stessa vita per mare, di quella loro continua avventura in territori temuti dalla maggior parte dell'umanità.
Superato, pertanto, il pessimo impatto iniziale con quella nave e con la vita a bordo della medesima, non senza rendere proprio, in conseguenza a tutto ciò, un forte debito con la premurosa Masva, la quale prima fra tutti si era preoccupata per la sua salute, per il suo benessere così apparentemente compromesso all'origine di quello stesso viaggio, Be'Sihl aveva potuto alfine ricavare qual proprio un ruolo all'interno dell'organizzazione gerarchica della nave, venendo, ovviamente, posto all'estremità inferiore della medesima, immeritatamente, in senso positivo, accanto a un giovane di nome Ifra, scoperto solo in un secondo momento qual nipote di Berah.
Ifra, nella propria giovane età, persino più modesta di quella caratterizzante Seem, scudiero di Midda e, prima ancora, garzone dello stesso Be'Sihl, si era da subito presentato quale un ragazzo pieno di energie e di positività verso la vita e verso il futuro, in un'intima vivacità caratteristica comune a molti alla sua età, e che pur pochi si dimostravano, poi, in grado di mantenere qual propria. Impiegato qual mozzo a bordo della Jol'Ange, al fine di concedergli occasione di maturare quell'esperienza che un giorno gli sarebbe risultata utile per divenire marinaio e, chissà, magari persino capitano di una nave, su una pelle caratterizzata dalla stessa bronzea tonalità già appartenente alla sua parente, egli faceva infantile sfoggio di già sin troppi tatuaggi tribali bianchi, quasi argentati nell'intensità della propria lucentezza, che ne coprivano interamente il braccio sinistro nonché parte del petto, del ventre e del braccio destro, sul quale, comunque, ancora molto spazio gli era offerto per ulteriori opere. In comune con sua zia, comunque, egli avrebbe potuto far vanto di un ancor adolescenziale, e pur già definito nelle proprie promesse future, fascino, una bellezza esotica che, di lì a qualche anno, il locandiere era certo avrebbe fatto breccia in molti cuori, e che, per ora, si ritrovava espressa semplicemente da un viso imberbe, da una folta chioma di corti capelli corvini e da grandi occhi verdi, che già in quel frangente erano spesso impiegati nel tentativo di impietosire la rappresentanza femminile dell'equipaggio allo scopo, sempre vanificato, di ovviare ai più noiosi compiti caratteristici della propria attuale professione.
E per quanto pur conscio di doversi considerare già onorato dall'idea di essere addirittura considerato pari a un mozzo, nell'essere stato posto al medesimo livello di Ifra, in effetti, Be'Sihl non aveva ancora ben compreso entro quali termini poter apprezzare o disapprovare la loro incompatibile differenza d'età, ove, senza particolari sofismi, Ifra avrebbe potuto tranquillamente essere suo figlio: su un fronte, infatti, egli non avrebbe potuto ovviare a essere soddisfatto per merito di un tale impiego, occasione, quella così concessagli, che gli stava imponendo una giovinezza forse non più propria; su un fronte del tutto opposto, altresì, egli non avrebbe potuto evitare di avvertire la propria età qual, probabilmente, eccessiva per un certo genere di avventure, soprattutto ove, a differenza della propria amata, egli non era di certo solito imbarcarsi, letteralmente in quel particolare caso, in simili imprese. Un'incertezza, un dubbio, un dilemma, il suo, del quale, tuttavia e comunque, sotto la particolare luce imposta alla sua vita in quell'ultimo periodo, non avrebbe potuto evitare di perdere completamente di significato, riducendo l'intera questione pressoché a una burla, a un'idiozia immeritevole di essere condivisa persino con se stesso. Questo senza considerare, poi, quanto al di là della propria giovanissima età, del proprio esser ancora ragazzo ancor prima che fanciullo o uomo, Ifra si era dimostrato, ovvio a considerarsi, indiscutibilmente più edotto rispetto al locandiere nel merito di quanto avrebbe dovuto essere compiuto a bordo della Jol'Ange, e di come compierlo nel migliore dei modi, ragione per la quale, comunque, quest'ultimo proprio a lui, suo ipotetico figlio, avrebbe dovuto offrire riferimento qual a un maestro.
Ritornato, pertanto, con rapidità e, ormai, privo di esitazioni, o, peggio, di nausee, sino al ponte, lo shar'tiagho aveva subito rivolto il proprio sguardo verso il cassero e, lì identificando, come previsto, la presenza di Berah, si era prontamente impegnato a risalire i pochi gradini che li separavano, allo scopo di poter conferire con lei, nella speranza di riuscire a comunicare il messaggio che desiderava comunicarle senza, in ciò, tradire il proprio unico, ed destramente gravoso, segreto…
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