A seguito dell'ennesima, intima riunione con Desmair, il proprio più acerrimo nemico o, forse, il proprio più importate alleato, Be'Sihl ebbe sincera difficoltà a dissimulare le proprie emozioni, le proprie ansie, i propri timori, sforzandosi in tal senso di non precipitarsi in maniera confusa e disordinata alla ricerca di Noal e di Berah, per comunicare loro quanto appena scoperto.
Nel voler, infatti, proseguire con il sotterfugio già utilizzato, allo scopo di non rivelare apertamente la propria discutibile collaborazione con un semidio dalla pelle simile a cuoio rosso e dalle enormi corna bianche sul capo, il locandiere avrebbe dovuto necessariamente rielaborare le informazioni in suo possesso allo scopo di renderle più compatibili possibili con l'idea di una rivelazione onirica, di un sogno che non avrebbe dovuto essere confuso con un qualunque altro sogno derivante da semplice tensione nervosa, quali, pur, avrebbero potuto essere riconosciuti i suoi ormai consueti incubi, quanto, e piuttosto, quella sorta di oracolo che già, sino ad allora, lo aveva guidato all'incontro con tutti loro e alla consapevolezza della giusta rotta da seguire, per quanto, solo qualche tempo prima, mai avrebbe saputo immaginare l'esistenza di termini quali tribordo o babordo, prua o poppa, per indicare quanto egli era solito definire quali destra o manca, davanti o dietro in un comune dialogo. Non che, malgrado il tempo già trascorso a bordo, e malgrado il parziale superamento dei propri disagi fisici, potesse ormai considerarsi al pari di un qualunque figlio del mare, o marinaio.
Già in termini eccessivi, probabilmente, si era concesso di abusare della fiducia di quel gruppo, di quella straordinaria famiglia, e mai, sinceramente, avrebbe voluto imporre a loro discapito una qualunque ipotesi di tradimento, qual pur, oggettivamente, avrebbe potuto essere ritenuta quella propria della sua particolare collaborazione con il demoniaco sposo della sua amata. Solo quando, alfine, ebbe riconquistato sufficiente quiete interiore, utile ad affrontare tale dialogo, ed ebbe, in ciò, riordinato anche le proprie idee in merito a quanto era pocanzi accaduto alla sua amata ad ancor notevole distanza dalla propria, attuale posizione, Be'Sihl si concesse pertanto la possibilità di dirigersi alla ricerca di Noal o di Berah, o, meglio ancora, di entrambi, certo di poterne trovare almeno uno posto sul cassero, lì impegnato a mantenere sotto controllo il timone della goletta.
Nei giorni, ormai settimane, trascorsi a bordo della Jol'Ange, per quanto a essa, e al mondo da lei rappresentato, completamente estraneo, il figlio di Shar'Tiagh aveva avuto occasione di maturare una certa, ammirevole confidenza con l'ambiente a sé circostante. Persino le sue nausee, prima insopportabili e ingestibili, erano divenute ormai mera conseguenza di un'insistente focalizzazione dei propri pensieri in direzione del mare e delle sue onde, ragione per la quale aveva scoperto essere sufficiente mantenersi distratto su altri pensieri, su altre immagini, per riuscire a ovviare a tutto ciò. Meno elementare, tuttavia, era stato per lui apprendere come potersi reggere in piedi, e camminare in linea retta, su una superficie in continuo movimento, qual solo avrebbe dovuto, suo malgrado, essere riconosciuta quella di una nave: per sua fortuna, comunque, la propria stessa origine shar'tiagha gli era venuta in aiuto, in soccorso, avendolo abituato sin dalla più tenera infanzia a un contatto diretto con il suolo sotto i propri piedi e, in ciò, avendolo già formato a quell'abitudine altresì propria di ogni marinaio, nel non indossare calzari alcuni a bordo della propria nave, al duplice fine di riuscire a mantenere migliore presa sulla superficie della medesima e, ancora, di non ritrovarsi impicciato da stivali o semplici ciabatte nel momento in cui fosse stato loro richiesto di arrampicarsi lungo quelle funi di canapa che aveva scoperto chiamarsi sartie, attività che, nel mantenimento di un qualunque veliero, aveva anche compreso essere sempre all'ordine del giorno. In tutto ciò, quindi, per quanto ancor a volte incerto nel proprio avanzare, il locandiere era anche riuscito ad apprendere come muoversi a bordo della goletta, non solo sul ponte della medesima, ma anche nel suo ventre, con le cuccette lì riservate all'equipaggio in una ben definita turnazione, e l'ampia stiva di carico, all'interno della quale erano ordinatamente riposte non solo le riserve proprie della nave, indispensabili a garantire la sopravvivenza dell'equipaggio per mare, innanzitutto acqua dolce e poi, necessariamente, cibo, ma anche eventuali merci da loro trasportate per ovvie ragioni commerciali, altresì utili a permettere loro il proseguimento di quella stessa vita per mare, di quella loro continua avventura in territori temuti dalla maggior parte dell'umanità.
Superato, pertanto, il pessimo impatto iniziale con quella nave e con la vita a bordo della medesima, non senza rendere proprio, in conseguenza a tutto ciò, un forte debito con la premurosa Masva, la quale prima fra tutti si era preoccupata per la sua salute, per il suo benessere così apparentemente compromesso all'origine di quello stesso viaggio, Be'Sihl aveva potuto alfine ricavare qual proprio un ruolo all'interno dell'organizzazione gerarchica della nave, venendo, ovviamente, posto all'estremità inferiore della medesima, immeritatamente, in senso positivo, accanto a un giovane di nome Ifra, scoperto solo in un secondo momento qual nipote di Berah.

E per quanto pur conscio di doversi considerare già onorato dall'idea di essere addirittura considerato pari a un mozzo, nell'essere stato posto al medesimo livello di Ifra, in effetti, Be'Sihl non aveva ancora ben compreso entro quali termini poter apprezzare o disapprovare la loro incompatibile differenza d'età, ove, senza particolari sofismi, Ifra avrebbe potuto tranquillamente essere suo figlio: su un fronte, infatti, egli non avrebbe potuto ovviare a essere soddisfatto per merito di un tale impiego, occasione, quella così concessagli, che gli stava imponendo una giovinezza forse non più propria; su un fronte del tutto opposto, altresì, egli non avrebbe potuto evitare di avvertire la propria età qual, probabilmente, eccessiva per un certo genere di avventure, soprattutto ove, a differenza della propria amata, egli non era di certo solito imbarcarsi, letteralmente in quel particolare caso, in simili imprese. Un'incertezza, un dubbio, un dilemma, il suo, del quale, tuttavia e comunque, sotto la particolare luce imposta alla sua vita in quell'ultimo periodo, non avrebbe potuto evitare di perdere completamente di significato, riducendo l'intera questione pressoché a una burla, a un'idiozia immeritevole di essere condivisa persino con se stesso. Questo senza considerare, poi, quanto al di là della propria giovanissima età, del proprio esser ancora ragazzo ancor prima che fanciullo o uomo, Ifra si era dimostrato, ovvio a considerarsi, indiscutibilmente più edotto rispetto al locandiere nel merito di quanto avrebbe dovuto essere compiuto a bordo della Jol'Ange, e di come compierlo nel migliore dei modi, ragione per la quale, comunque, quest'ultimo proprio a lui, suo ipotetico figlio, avrebbe dovuto offrire riferimento qual a un maestro.
Ritornato, pertanto, con rapidità e, ormai, privo di esitazioni, o, peggio, di nausee, sino al ponte, lo shar'tiagho aveva subito rivolto il proprio sguardo verso il cassero e, lì identificando, come previsto, la presenza di Berah, si era prontamente impegnato a risalire i pochi gradini che li separavano, allo scopo di poter conferire con lei, nella speranza di riuscire a comunicare il messaggio che desiderava comunicarle senza, in ciò, tradire il proprio unico, ed destramente gravoso, segreto…
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